L’ art. 21 della Costituzione italiana afferma “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.” La posizione dell’articolo nel testo della Costituzione non è casuale. E’ inserita tra i Principi fondamentali della Repubblica – Parte I – Diritti e doveri dei cittadini titolo I- Rapporti civili. Il linguaggio giuridico traduce nel lessico normativo un elemento fondante della comunità: la libertà di esprimersi attraverso la stampa, termine che dev’essere interpretato in maniera non rigida, la “stampa” oggi comprende un universo di modalità di espressione del pensiero. Da qualche mese, questa libertà è messa in dubbio. Nei confronti dei giornalisti che poi, sono coloro che rendono concreta questa libertà, si sta montando una lenta, ma insistente opera di delegittimazione. Da qualche giorno la pressione dell’autorità sui giornalisti è aumentata. I casi del giornalista Giannini di Repubblica, al quale è stata notificata una querela alle 4 del mattino, e dei cronisti fermati a Trento al Festival dell’economia e portati in Commissariato, hanno riacceso il dibattito, già vivace dopo le polemiche per la gestione dell’informazione RAI. Cento anni fa, di questi tempi, l’Italia viveva la triste vicenda dell’assassino di Giacomo Matteotti. Non è questa la sede per rievocare quegli accadimenti del giugno 1924, altri con maggiore autorevolezza di chi scrive lo farà. Quello che si vuole evidenziare è che in seguito all’assassinio di Matteotti, la stampa si risvegliò. Si assistette da una sorta di giornalismo d’inchiesta che contribuì a far luce sui fatti, scovando testimoni, raccontando le modalità del rapimento e dell’assassinio, soprattutto mettendo in luce la partecipazione pratica e ideologica del regime fascista. Troppo. Così l’8 luglio 1924, il Governo Mussolini emanò un provvedimento restrittivo della libertà di stampa, dando il via ad una serie di sequestri di quotidiani. Il provvedimento consentiva ai prefetti di sospendere o di chiudere le pubblicazioni. Il 21 ottobre 1924 il ministro Federzoni, inviò ai prefetti un telegramma nel quale lamentava “Malgrado ripetuti richiami si rinnova troppo frequentemente inconveniente che notizie di fatti interessanti seriamente situazione politica ed ordine pubblico vengano comunicate a questo Ministero con notevole ritardo dopo che i giornali vi hanno già data larga diffusione” Il Ministro conclude invitando i Prefetti a fare in modo che questi “inconvenienti” non abbiano a ripetersi. Come reagirono i giornalisti salernitani? L’ Associazione della Stampa Salernitana si spaccò. I giornalisti che si schierarono con la Federazione Nazionale della Stampa, e aderirono alle direttive di “libertà e indipendenza”, diedero vita ad un comitato composto da Raffaele Petti, Carlo Petrone, Giacomo Mattia che indisse un’assemblea il 23 novembre alle 11.00 nella sede sociale di via Verdi. Come detto l’assostampa salernitana si divise. I giornalisti vicini al governo diedero vita alla Unione Giornalisti Salernitani che, nella stessa settimana aveva convocato un’assemblea al Cinema Elisa. Una vicenda, questa della divisione, che ricorda la costituzione del nuovo sindacato dei giornalisti RAI delle scorse settimane. 1924-2024, dopo cento anni i giornalisti sono ancora una volta, chiamati a difendere la libertà di stampa, ossia il diritto a raccontare, osservare, denunciare, rifiutando di ridurre la professione ad un banale e pericoloso “copia e incolla” delle veline.
Michele Capone