La Preside Funaro (Focaccia): Studenti al centro del nostro lavoro - Le Cronache
Salerno

La Preside Funaro (Focaccia): Studenti al centro del nostro lavoro

La Preside Funaro (Focaccia): Studenti al centro del nostro lavoro

di Matteo Gallo

Una laurea in fisica e due dottorati di ricerca. Poi il superamento del concorso a cattedra con la prima supplenza nel comune di Amalfi, incantevole borgo della Costiera Amalfitana. «Un’esperienza non solo formativa ma chiarificatrice» racconta Maria Funaro, dirigente scolastica dal duemiladiciotto alla guida dell’istituto di istruzione superiore ‘Basilio Focaccia’ di Salerno. «Chiamata a sostituire l’insegnante di matematica» aggiunge chiudendo il cerchio dell’aneddoto biografico «mi ritrovai a registrare, non senza un certo stupore, l’approccio entusiasta dei ragazzi verso una disciplina solitamente percepita come ostica e vissuta con un po’ di ostilità ma che guarda caso anche io, da studentessa, alla loro stessa età, avevo tanto amato. A quel punto non ho più avuto dubbi sul mio futuro professionale». E così, dopo l’immissione in ruolo e l’iniziale peregrinare da una scuola all’altra, l’arrivo da titolare di cattedra al liceo di Roccapiemonte dove l’allora preside Basilio Fimiani, cogliendone alcune peculiarità caratteriali, le tratteggia un orizzonte lavorativo come dirigente scolastico.
Ci aveva visto lungo, dirigente Funaro?
«Eh, già. Anche se in quel momento non diedi troppo peso alle sue parole, che naturalmente ho vissuto come un grande attestato di stima da parte sua  e verso il quale, ancora oggi, provo sentimenti di gratitudine». 

Cosa aveva visto in lei il preside Fimiani?
«Non saprei dirle. Posso solo dire che il mio lavoro di dirigente scolastico si fonda sui rapporti umani costruiti attraverso la strada maestra del dialogo. E che sono una preside presente. Mi piace essere un punto di riferimento e mi impegno tutti i giorni per esserlo».  

Come ha vissuto il passaggio da docente a dirigente?  
«Con entusiasmo, voglia di lavorare e spirito di servizio. Ho cominciato dirigendo l’istituto comprensivo di Casal Velino dove sono stata travolta dall’affetto dei bambini e che come tutti i primi amori considero indimenticabile. Successivamente sono passata alla direzione didattica statale di Scafati, un’esperienza preziosa che ha rafforzato in me la convinzione di quanto sia importante saper fare squadra e rete».    

Il suo percorso di studi è stato lungo e articolato. C’è stato un docente che più di tutti considera decisivo per la sua formazione e per la scelta di lavorare nel mondo della scuola?
«Il mio professore di matematica e fisica al liceo scientifico Giovanni da Procida, Savino Di Filippo. Una persona eccezionale e un docente pieno di entusiasmo, passione, empatia. Se all’università ho proseguito con lo studio di queste materie, lo devo a lui. Me ne fece innamorare». 

La scuola pubblica italiana gode di buona salute?
«Con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza si sono aperte importanti opportunità di investimento per migliorare e implementare gli ambienti di apprendimento, per formare gli studenti alle professioni digitali del futuro, per contrastare la dispersione scolastica. Ma c’è sicuramente  tanto ancora da fare». 

Quali sono le priorità su cui intervenire?
«Il problema principale è l’edilizia scolastica. C’è bisogno di manutenzione ordinaria oltre a quella straordinaria, di cura e attenzione costanti da parte delle istituzioni politiche. La scuola italiana deve alzare l’asticella della qualità delle proprie strutture adeguandosi a migliori standard europei. Personalmente, ho avuto modo di conoscere e apprezzare il sistema finlandese e posso affermare che è un modello virtuoso e di eccellenza cui ispirarsi».

Nuove generazioni e nuove tecnologie: grandi opportunità 

ma anche tante insidie da non sottovalutare.
«I ragazzi hanno sintonia e familiarità con la tecnologia, che sicuramente vivono come opportunità lavorativa ma soprattutto quale strumento di comunicazione e relazioni. Da quest’ultimo punto di vista bisogna stare molto attenti perché l’utilizzo smodato delle piattaforme social, l’essere bombardati da un flusso indistinto di sollecitazioni e informazioni di ogni tipo quando si naviga su internet, può essere molto pericoloso.  Le giovani generazioni vanno educate all’uso corretto, responsabile e consapevole degli strumenti  tecnologici. Devono essere capaci di filtrare, decodificare, leggere responsabilmente e consapevolmente la realtà della Rete, tra l’altro di libero accesso e fruizione».

La fragilità emotiva è un ‘minus’ di questa generazione?
«Esiste una evidente difficoltà nell’affrontare i problemi della vita di tutti i giorni, dai più grandi ai più piccoli. Troppo spesso i ragazzi sono facili allo scoraggiamento dimostrandosi effettivamente fragili sul piano emotivo e caratteriale. E l’eccesso di protezione da parte delle famiglie non aiuta».

Educazione ai sentimenti: la scuola fa abbastanza?
«L’affettività ha un ruolo fondamentale nella vita dei ragazzi e saper gestire le emozioni è importantissimo. Ognuno è tenuto a fare la propria parte: la scuola come le altre agenzie educative. La scuola – va detto – lo fa da sempre».

La corresponsabilità tra scuola e genitori per l’educazione delle nuove generazioni è tra i principi fondamentali espressi nella Costituzione. Qual è la strada maestra?
«Ci dobbiamo dare tutti da fare perché oggi tutti noi adulti siamo costretti a rincorrere mille impegni e il tempo talvolta scivola via senza che nemmeno ce ne rendiamo conto. Lo dico da madre prima che da dirigente scolastica. Tutto questo rappresenta una forte penalizzazione e occorre trovare le giuste contromisure. La scuola, dal canto suo, può e deve promuovere maggiori incontri con le famiglie per dare sempre più senso e magari nuovi contenuti al patto educativo di corresponsabilità». 

Autonomia scolastica: di nome e anche di fatto?
«E’ solo una bella parola». 

Tra gli effetti ‘collaterali’ dell’autonomia scolastica – formale o sostanziale – si registra un marcata competizione tra scuole dello stesso territorio. Un bene o un male?
«Questa competizione non solo è sbagliata ma produce disorientamento nei ragazzi anziché orientamento rispetto al percorso di studio da scegliere». 

Quali sono, ancora oggi, ruolo e compito della scuola?
«Chiariamo subito una cosa: la didattica va senza dubbio declinata con un approccio maggiormente laboratoriale ma questo non può e non deve in alcun modo snaturare l’istruzione che non è né mai potrà essere mero addestramento professionale. La scuola ha un ruolo decisivo nella formazione dei ragazzi, ai quali deve fornire gli strumenti necessari per una crescita complessiva, non solo quindi culturale, affinché diventino cittadini responsabili e consapevoli. Naturalmente gli insegnanti sono figure chiave di questo percorso di accompagnamento alla crescita. Lo sono da sempre e ancora di più oggi in un un’epoca di trasformazioni profonde e criticità diffuse che coinvolgono la stessa famiglia».