La Fiaccola Olimpica che portò il Sacro Fuoco a Roma 1960 - Le Cronache Attualità
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La Fiaccola Olimpica che portò il Sacro Fuoco a Roma 1960

La Fiaccola Olimpica che portò  il Sacro Fuoco a Roma 1960

Mentre il Sacro Fuoco partito da Olimpia, passando da una torcia all’altra, sta percorrendo l’intero stivale per giungere a Milano-Cortina un velo nostalgico mi ha ricordato il mio amico Vincenzo Lo Cascio, il tedoforo N° 802 della XVII olimpiade del 1960. Un amico con cui ho condiviso anni di lavoro e che, tempo fa già limitato nel suo percorso di sofferenza e malattia, ebbi modo di far visita. Quella sera nella sua casa a Bellizzi fui attratto da una torcia posta come arredo del suo salone. Lo stato dell’oggetto, da me confuso per oggettistica teatrale fu occasione utilissima per distoglierlo dai suoi patemi e apprendere una storia affascinante sul Sacro Fuoco di Olimpia. Appresi che il vetusto oggetto in foto era la “Fiaccola Maiuri”, l’iconica Torcia Olimpica dei Giochi di Roma 1960, ideata dall’archeologo Amedeo Maiuri, che ispirandosi ai monumenti antichi di Ercolano e Pompei ne aveva progettati sia il design sia l’alimentazione, ottenuta tramite una capsula di resina vegetale posta all’interno, tanto da farlo poi assurgere a oggetto simbolo di quei giochi. La torcia era tenuta dal mio amico come una reliquia, tanto che Vincenzo non aveva rimosso le gocciolature della resina colate durante la frazione del suo percorso. L’oggetto quella sera ebbe il merito di trasportarci indietro nel tempo fino alle Olimpiadi di Roma 1960. Fu il 12 agosto quando, a Olimpia, si compì il tradizionale rituale dell’accensione del Sacro Fuoco, un rito che dal 1928 sancisce l’inizio dei Giochi Olimpici sia estivi sia invernali. Ben sappiamo che il fuoco dei nostri tempi è arrivato su aereo, mentre allora la fiamma olimpica viaggio dalla Grecia verso l’Italia sulla nave militare, Amerigo Vespucci fino all’approdo di Siracusa, da dove si avviò una grandiosa staffetta via terra con destinazione Roma capitale. Oggi la fiamma sta percorrendo tutte le venti regioni dello stivale in un tempo dilatato in diverse settimane, mentre allora pur percorrendo un lungo itinerario, ebbe una tempistica inferiore alle due settimane. Allora il fuoco mosse con una staffetta lungo un percorso di 1.532 chilometri, coperta con 1199 frazioni di circa un chilometro e mezzo con cui si vollero collegare tutti i luoghi simbolici delle culture Greco e Romane presenti nel territorio meridionale. Ogni tedoforo doveva percorrere la sua frazione pianeggiante in un tempo massimo cinque minuti e trenta secondi, mentre per le frazioni in salita si accorciava la distanza al chilometro mantenendo così invariato il tempo massimo di percorrenza. Con tali vincoli, il reclutamento dei tedofori fu un’operazione abbastanza complessa, che vide la collaborazione tra Società Sportive e Forze Armate fino a selezionare giovani atleti prestanti con età tra i 18 e i 23 anni, capaci di percorrere la distanza nei tempi preventivati, reggendo con disinvoltura la fiaccola del peso di oltre 600 grammi. Gli atleti prescelti facevano tutti parte delle società sportive e studentesche delle quindici Province interessate al passaggio della Staffetta. Le Forze armate oltre a garantire il controllo e la sicurezza lungo l’intero percorso, avevano anche predisposto al seguito, atleti supplenti pronti a sopperire ogni eventuale indisposizione dell’ultimo minuto. Lungo il percorso che portò il Fuoco d’Olimpia a Roma, furono inserite soste notturne nei siti più iconici delle culture mediterranee. Nella nostra provincia il Sacro Fuoco sostò, custodito e vegliato a turnazioni negli scenografici templi di Paestum. Al mio amico Vincenzo fu assegnata una frazione proprio in avvicinamento ai templi mentre l’arrivo e la ripartenza da Paestum furono assegnati agli atleti in possesso di tempi cronometrici migliori dei suoi. Quella sera un velo di rimpianto s’intuì nelle sue parole. Egli aveva ambito e lottato per avere tale onore ma il cronometro non ammetteva raccomandazioni di sorta. In foto l’agropolese Gaetano di Nardo che fu uno dei Tedofori di Paestum. Mentre il Fuoco di Olimpia sostò nelle ore notturne davanti al tempio di Nettuno e fu custodito dagli atleti non selezionati per la staffetta. Anche dopo quasi sessant’anni il suo racconto era ancora vivido ricordando l’imponente macchina organizzativa messa in campo, tant’è che tutte le frazioni furono percorse tutte dentro i tempi previsti. Il fuoco viaggiando di fiaccola in fiaccola arrivò al Campidoglio alle ore 21 del 24 agosto, lì sostò per poi procedere il giorno seguente alle 17 all’accensione del braciere nello stadio Olimpico dando avvio alla XVII Olimpiade: le Olimpiadi di Roma. Quell’Olimpiade fu organizzata nell’Italia del boom economico. Oggi la ricordiamo per le vittorie atletiche di Livio Berruti nei 200 m e di Abele Bikila che, a piedi nudi, tagliò per primo il traguardo della maratona sui fori imperiali, peccato che abbiamo del tutto dimenticato quei 1199 giovani atleti che riuscirono a tenere acceso il fuoco olimpico, passandolo da una fiaccola all’altra attraversando lo stivale portando con il loro entusiasmo il vero spirito che dovrebbe aleggiare in ogni olimpiade. Qui ne ho voluto ricordare uno che non è più, anche lui solo una goccia di resina colata nel tempo. Nappo Mdl Giuseppe