La Dc si ritrova a Maiori. Fabris: «Non siamo i ragazzi di De Mita» - Le Cronache Ultimora

di Erika Noschese

«Non rivivrà la Democrazia Cristiana e no, non siamo i “ragazzi di De Mita”». Parla così Mauro Fabris, già deputato nelle liste del Ccd-Cdu nel 1996 in alleanza con il Polo delle Libertà per poi aderire, l’anno successivo, al Ccd di Pier Ferdinando Casini. L’esperienza politica con Cristiani Democratici per la Repubblica inizia nel 1998 con Clemente Mastella. Una lunga storia politica, una lunga storia d’amore verso la Democrazia Cristiana che sembra quasi prossima a chiudere il cerchio. Venerdì prossimo, a Maiori un nuovo incontro, dopo 40 anni da quell’ultimo appuntamento che ha forse cambiato il corso della storia. In quello stesso albergo si troveranno Dario Franceschini, Renzo Lusetti,  Franco Gabrielli, Roberto Sergio, Lapo Pistelli, Simone Guerrini e, per l’appunto, Mauro Fabris. La Dc si rtrova a Maiori dopo 40 anni di storia… «Non sono i ragazzi di De Mita. 40 anni fa ci fu, in quel di Maiori, il congresso nazionale dei giovani della DC, il passo per l’ingresso di centinaia di ragazzi che poi sono diventati classe dirigente a livello nazionale. Venerdì prossimo penso saremo circa un 150 ma se andiamo a scorrere l’elenco non troviamo solo Dario Franceschini, Lorenzo Lusetti, Mauro Fabris o qualche altro ministro bensì troviamo classe dirigente, avvocati, l’attuale dirigente della Rai, il già capo della Polizia, gente che è stata ai vertici di Confindustria, ex assessori regionali, consiglieri comunali e così via. Siamo i ragazzi che appartenevano a tutte le componenti, le diverse aree, le correnti come la Democrazia Cristiana. Quello fu un congresso molto importante perché venne qualche settimana prima del congresso nazionale del partito, fu una sorta di prova della Dcv non solo di maggioranza ma di governo e chi entrava nel movimento giovanile avevano buone possibilità di diventare parlamentari. Al congresso parteciparano 800 persone, 300mila iscritti in tutta Italia, un’organizzazione autonoma rispetto al partito con finanziamenti autonomi, una struttura anche di funzionari autonomi. Un’organizzazione potente che al suo interno aveva la giovanile e la femminile, entrambi autonomi. Fu il primo banco di prova per  la riduzione di De Mita alla segreteria, fu una bella battaglia: io ero un delegato nazionale, avevo smesso tutte le cariche e avevo cominciato a lavorare. Organizzai un pullman con tanti giovani veneti, partimmo di notte per arrivare all’alba: andavamo a Maiori per contestare il partito perché nei sette anni precedenti fu impedito lo svolgimento del congresso. Faccio un intervento in assemblea e a quel punto vengono catapultato alla candidatura ma vi erano già due persone candidate e ci fu un ballottaggio di notte. Questo congresso io potevo anche vincerlo ad un certo punto incredibilmente ma intervenne un signore che io conobbi anni dopo, Clemente Mastella che bloccò il congressi in attesa di trovare l’accordo tra le parti; impose sostanzialmente la Pax, diventai vice del segretario. Con questa pax si concluse il congresso che cambiò la vita a tanti di noi». La Democrazia Cristiana è finita con De Mita, lei è d’accordo con questa affermazione o l’incontro di venerdì sarà il tentativo di riprendere un percorso interrotto? «Nulla di tutto questo. Non è la morte di un leader a segnare la fine della Dc, sono stati tanti i leader; il destino del partito non era legato a De Mita bensì ad eventi storici che ne hanno determinato la fine: la Caduta del Muro di Berlino con la suddivisione del mondo che oggi si ripropone ed è forse per questo che se ne riparla. I cattolici impegnati in politica certamente chiedono un ruolo, conosco le storie dei singoli e dei movimenti e questo mi fa riflettere circa le ultime adesioni, rimango basito perché parliamo di un’area fortemente ancorata all’Europa, all’occidente e manca questo perché in questi decenni si continua ad insistere su un pluralismo morto e sepolto perché c’è il centrodestra, i 5 Stelle, il centrosinistra. Noto che si è fatto di tutto dagli anni ‘90 per costringere gli italiani ad essere bipolari ma ciò non è avvenuto, colpa di chi ha voluto forzare la mano in un sistema che non prevede la possibilità di scelta da parte dell’elettore; si possono dare le preferenze per tutto tranne che per il parlamento nazionale e poi ci si chiede perché cresce l’astensionismo in occasione del voto». Oggi secondo lei i cattolici hanno una casa, un partito di riferimento? Secondo lei si ha la possibilità di mettere in piede un partito che sia veramente di centro? «Manca un riferimento per l’area dei Moderati, non solo di ispirazione cristiana ma anche liberali e così via che non accettano posizionamenti in politica ballerini e vi è di nuovo la gara ad occupare il centro. Lo spazio c’è ma è ovvio che con questo sistema elettorale è impossibile da rappresentare in maniera compiuta, certo. E quindi io penso sia necessario – e prima o poi accadrà – che i partiti modifichino il sistema elettorale, si torna un sistema proporzionale con la possibilità di scegliere i candidati con le proporzioni. Se lei mi domanda se la vedo una cosa concretizzabile a breve la risposta è no perché le liste in parlamento la fanno 10 persone e quindi rimane un dato: è un sistema bloccato ed è un sistema che solo a livello di parlamento Nazionale insistono, costruito per mantenere il potere nelle mani dei leader dei partiti che scelgono le candidature; il Parlamento ne risente il governo detta la linea». Il centrodestra ha un suo spazio così come il centro sinistra, il centro questo spazio ce l’ha? «Il tema rimane quello di occupare più spazio possibile al centro ma questo sistema bloccato, imposto dall’alto allontana sempre più la gente del voto. Uno degli elementi sia decisamente il fatto che i cittadini non si sentono rappresentati, tant’è che abbiamo detto più volte che vince normalmente le elezioni chi riesce a recuperare più voti nella fascia degli indecisi, chi riesce a motivare di più i propri elettori. Non parliamo di elettore radicalizzato per recuperare quelle aree vincenti che cercano di capire quale schieramento si avvicina di più alla loro idea; manca una risposta complessiva per rappresentare quella fascia di elettorale decisivo per conquistare la leadership. Non c’è la possibilità per la Dc di ritornare in vita e per quanto riguarda l’appuntamento di venerdì a Maiori sta assumendo una dimensione più di colore giornalistico ma in verità nasce unicamente per riunire degli amici che hanno fatto insieme, 40 anni fa, una cosa importante che ha segnato la loro vita, ma che è stato anche una delle ultime esperienze di creazione di una classe dirigente di assoluto prestigio e livello. Sarà bello ritrovarsi, abbiamo una chat aperta da mesi ma sarà una riunioni di persone che hanno fatto un percorso di vita che per loro è stato condizionato da questa bellissima esperienza con il congresso nazionale dei giovani che si tenne a febbraio. Una riunione che non ha alcuno scopo se non dire che avevamo ragione. Ho letto che siamo i “Ragazzi di De Mita”, ma noi siamo solo i ragazzi della Democrazia Cristiana».