Successo per Marco Baliani splendido interprete del racconto di Von Kleist, ospite del cartellone di teatro civile del massimo cittadino
Di Gemma Criscuoli
Se pensate a un’immagine che evochi l’idea di giustizia, sarà molto probabilmente un cerchio a venirvi in mente. Ma cosa accade quando il cerchio è spezzato, calpestato, vilipeso? Amara e vitale riflessione sui meccanismi ambigui e rovinosi innescati dal sopruso, Kohlhaas di Marco Baliani, proposto alla Sala Pasolini per la regia di Maria Maglietta, non dimostra i suoi trent’anni e l’interprete, narratore appassionato e appassionante, dedica oggi come ieri la pièce “ai compagni che negli anni Settanta si fecero giustizieri per un ideale di giustizia”. La Germania del XVI secolo (che rivive nel racconto di Von Kleist da cui la rappresentazione è tratta) non è poi così distante dall’Italia degli anni di piombo: in entrambi i contesti il sistema esiste per umiliare e stritolare il Kohlhaas di turno, che sogna un pacifico equilibrio aperto anche agli animali, preziosi perché oggetto di cura e d’amore, un cerchio in cui basti essere se stessi. Il protagonista è, infatti, un allevatore di cavalli, orgoglioso di due morelli, che un barone riduce pelle e ossa, facendo anche picchiare un servo, solo per il piacere di imporre il suo potere. Quando l’uomo vedrà morire sua moglie per una fatalità legata agli avvenimenti e, pur di vendicarsi, devasterà intere città alla testa di sbandati, si comprenderà come la giustizia sia una moneta falsa, un inganno che muta forma a seconda degli interessi in gioco. Coincide con la violenza e il doppiogiochismo dell’imperatore, l’ambizione del principe di Sassonia, l’egocentrismo dello stesso allevatore, che, sacrificando tutto alla propria ossessione, finisce col parlare lo stesso linguaggio del suo acerrimo nemico. Perfino il sant’uomo che aiuta Kohlhaas sulla via del ravvedimento è funzionale allo status quo, in cui nulla deve turbare la distanza tra chi comanda e chi subisce. Un’ironia crudele percorre il racconto, che Baliani vivifica con una gestualità e un linguaggio talmente concreti e intensi da far vivere la storia in tutta la sua immediatezza. Colui che ha osato ribellarsi è utile alla repressione, perché la legittima e gli improvvisi tentativi del principe di liberarlo, per chiarire l’esito di una profezia, dimostrano come l’egoismo sia la sola legge che gli esseri umani sono disposti a difendere. Eppure esiste un modo per sottrarsi a questo copione stantio. Kohlhaas farà la scelta giusta anche se gli costerà la vita, lasciando di sé un ricordo che oscurerà i potenti. In questo mondo arido, la giustizia è un miraggio. Inseguirla è l’unica occasione per non essere vittime o carnefici o, peggio ancora, indistinguibili tra le une e gli altri.