Era scritto nelle stelle -diciamo così- che la storia degenerasse riducendosi a materia per tribunali. La procura di Salerno ha individuato i primi indagati per la maxi truffa dell’Ises: si tratta del primo cittadino di Eboli Massimo Cariello, due dirigenti dell’Asl di Salerno, due vecchi amministratori dell’ex centro per disabili e l’attuale gestione commissariale della coop in liquidazione coatta amministrativa (che, ricordiamolo sempre, trattiene 21 disabili fuori dalla legge all’interno della Casa del Pellegrino nel centro storico della città). Un altro filone, prossimo alla conclusione delle indagini, riguarda invece diversi profili della stessa vicenda però inseriti nel più ampio contesto della “vera malasanità”, vale a dire la gestione del danaro pubblico in mano ai soliti burocrati, con relative erogazioni milionarie a strutture e centri medici al di fuori di leggi e regolamenti. “Le Cronache” ne ha già anticipato alcuni di questi temi nel corso di numerosi articoli. Del primo caso se ne occupa il pubblico ministero Valleverdina Cassaniello, di quello più corposo il sostituto procuratore Silvio Marco Guarriello. Abuso d’ufficio, falso ideologico, falso materiale e truffa in concorso (artt. 110, 81 cpv, 640, 476 e ss del codice penale): sono queste le ipotesi di reato previste, almeno per ora, mentre analoghe fonti negli uffici giudiziari indicano un numero maggiore di soggetti coinvolti da questa incredibile vicenda. Verosimilmente si tratta del personale politico e burocratico annidato sia nella casa comunale ebolitana sia in via Nizza a Salerno, sede centrale dell’Asl, tirato dentro a vario titolo ora per coprire la gigantesca corruzione sottostante l’intera faccenda, ora per rinnovarla sotto mentite spoglie. Ma questo lo vedremo meglio nei prossimi giorni. Intanto la notizia del coinvolgimento del sindaco di Eboli, come detto, era nell’aria da tempo e del resto neppure stupisce più di tanto se si considera che a Massimo Cariello (e non solo) è andata sinora fin troppo bene tenuto conto di un certo clima che si respira nelle procure italiane, dove per molto, molto meno ti ammanettano senza tanti complimenti (essere complici di chi somministra farmaci o pratica terapie mediche e/o paramediche, peraltro su soggetti incapaci, senza copertura legale, è una cosa seria che andrebbe oltre la ordinaria comunicazione giudiziaria). Non sappiamo se al primo cittadino sia stato notificato il provvedimento, può anche darsi di no: e questo neppure meraviglia, così gira questo mondo. Sta di fatto che concatenare una serie di atti (dal dicembre 2016 in avanti) e innestarli su una metastasi in stadio avanzato qual era da anni la vicenda Ises, il minimo che potesse produrre era il finire nell’occhio di qualche procuratore. Poi le dettagliate denunce del sacerdote don Enzo Caponigro hanno fatto il resto, obbligando la procura a cambiare registro, cioè passare dal “modello 44” (ossia il registro delle notizie di reato a carico di persone ignote o, comunque, le notizie per le quali il pm, nel momento in cui ordina l’iscrizione, non è in grado di individuare la persona alla quale debba essere addebitato il reato oppure di formulare un addebito nei confronti di un soggetto preciso) al “modello 21” (il registro delle notizie di reato a carico di persone note). Una rogna seria e dagli esiti imprevedibili ma, in fondo, necessaria se si considera che ancora domenica scorsa, l’ex “dominus” di tutta la storia Ises (l’ex sindaco Martino Melchionda, a sua volta già imputato in altro processo, sempre per l’Ises, insieme all’ex presidente Francesco Mandia, la cui difesa sta strenuamente tentando di far passare per incapace di intendere e di volere in attesa del deposito della perizia del Ctu, lo psichiatra Tito De Marinis) ha visitato la Casa del Pellegrino, in preparazione, forse, di quanto stasera alle 19 dovrebbe avvenire: è all’ordine del giorno, infatti, la modifica statutaria dell’altra coop sorta sulle ceneri della vecchia, la “Nuova Ises”, sodalizio che, tra l’altro, non si capisce a che titolo sia presente nel centro polifunzionale di S. Cosma e Damiano. Quale punto andrà cambiato non lo sappiamo, almeno non ancora: è lecito immaginare che, dopo aver in qualche misura concertato l’operazione con alcuni tra gli attuali indagati, si tenda a predisporre le carte in maniera tale che l’oggetto sociale contempli la possibilità di “allargare” il campo d’azione, giocando con le paroline “sociale” o “cura della persona” e furbizie simili. Magari con anziani o extracomunitari, per la cui “cura” è facile immaginare chi un giorno sarà messo all’opera. Dando, contemporaneamente, la possibilità al commissario liquidatore in carica, l’avvocato Angela Innocente, di ripetere l’improbabile cessione del ramo d’azienda (ma cedere che?), già abortita un paio di volte, prendendo altro tempo per far calare il valore dell’offerta finché il soggetto giusto (sempre che vi sia ancora un pazzo che ami camminare su un terreno tanto minato) non si faccia avanti. Soggetto già noto ai protagonisti, s’intende. Peppe Rinaldi
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