«Occorre incentivare e riqualificare le scuole professionali e di specializzazione per i lavoratori del settore turismo. Bisogna creare figure manageriali, ma anche quelle più operative e tecniche, in grado di fornire prestazioni di lavoro con professionalità e conoscenze appropriate nel mondo dell’accoglienza e dell’ospitalità turistica». E’ quanto sostiene con forza il presidente nazionale della Fenailp, Sabato Pecoraro nel corso di una lunga intervista. Per Pecoraro il settore del turismo è fondamentalee considerato che è la grande vocazione del nostro Paese- In alcune note dei sindacati si legge che c’è una crisi dei lavoratori stagionali, a causa degli stipendi bassi e delle condizioni lavorative. C’è verità in queste parole, oppure, in veste di rappresentanza degli imprenditori, discolpa la categoria imprenditoriale? «In tema di crisi del lavoro stagionale ritengo che non si tratti di bassa retribuzione, bensì della precarietà del lavoro stesso, spesso soggetto al periodo limitato di occupazione ed ai cambi gestionali delle imprese che, nel settore turistico, sono più frequenti rispetto ad altre categorie d’esercizio. Gli imprenditori turistici vorrebbero garantite prestazioni di lavoro eccellenti e continuative negli anni, ma da parte dei lavoratori assunti, il più delle volte, sono gli stessi occupati che preferiscono cambiare azienda e tipologia di lavoro, cercando soluzioni più redditizie e meno precarie». Il settore turistico, e quello della ristorazione e alberghiero in particolare, sono quelli più in crisi dopo la pandemia. Pensate che contratti di lavoro precari o assenza di contratti e stipendi bassi siano la soluzione per un risanamento della situazione economica di molte imprese del settore? «Il costo del lavoro in Italia è tra i più alti a livello europeo. È indubbio che una riduzione degli oneri sulle retribuzioni porterebbe ad evidenti benefici per entrambe le parti. Per i lavoratori significherebbe una maggiore soddisfazione salariale, mentre dall’altra, oggi, le aziende sono costrette a versare percentuali altissime in tema di oneri previdenziali, assicurativi e fiscali». Quali sono le fasce d’età che prevalgono in questi tipi di lavori stagionali? «Nel settore turistico si registra una percentuale particolarmente significativa di occupati in età giovanile, (sotto i trent’anni), soprattutto nelle stagionalità del settore balneare e ristorativo. Meno in quello della ricettività e dell’intermediazione turistica. Sono giovani, spesso alla prima occupazione, che cercano di integrare il proprio reddito durante il corso degli studi o in attesa di un lavoro a tempo indeterminato. Così facendo, però, non si creano quelle condizioni per una fidelizzazione nel lavoro e la mancanza di professionalità costituisce elemento indispensabile per offrire un servizio ed un impegno di qualità e di livello». Con la pandemia si è scatenato un fenomeno di cui non si parla molto, specie nel nostro Paese, ovvero il lavoro minorile, in particolare nel settore turistico e, nel particolare, nella ristorazione. È possibile che molte aziende ricorrano all’assunzione di minori in quanto privi di esperienza, ingenui e ai quali fanno gola proposte lavorative, pur senza tutele in termini contrattuali? «Il lavoro minorile in Italia è tutelato da apposite leggi e disposizioni che devono essere rispettate ed osservate. Non c’è alcun tipo di prevaricazione o di sfruttamento da parte delle imprese della ristorazione e del settore turistico. Spesso, al contrario, si registra una assoluta mancanza di figure professionali e di lavoratori idonei a certe mansioni. E, per tale motivo, si cercano giovani che hanno voglia di cimentarsi su queste attività stagionali. Il problema è che manca una vera e propria cultura del lavoro in questi settori, quasi che operare presso aziende turistiche sia una ‘diminutio’ della propria dignità di lavoratore e di occupato». Come pensate possa risolversi questa crisi di forza lavoro e cosa pensa possano offrire gli imprenditori, le imprese, per colmare questa situazione? E cosa essi si aspettano e si aspetterebbero dai lavoratori? «Occorre incentivare e riqualificare le scuole professionali e di specializzazione per i lavoratori del settore turismo. Bisogna creare figure manageriali, ma anche quelle più operative e tecniche, in grado di fornire prestazioni di lavoro con professionalità e conoscenze appropriate nel mondo dell’accoglienza e dell’ospitalità turistica. Sarebbe opportuno, inoltre, prevedere significativi sgravi fiscali e contributivi alle aziende che si impegnano a predisporre la formazione professionale al proprio interno, qualificando figure e mansioni di perfezionamento di lavoro. L’Italia è famosa nel mondo per il proprio comparto turistico che spazia tra mare, monti, arte, enogastronomia, prodotti tipici e tanto altro ancora, e che oggi rappresenta circa il 13% del PIL. Saranno proprio i giovani (formati a dovere dalle scuole professionali) che potranno dare un contributo decisivo per far ripartire le imprese di questo settore dopo la crisi pandemica.
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