di Monica De Santis
Sarà nel cast di “Felicità”, il nuovo film di Micaela Ramazzotti che segna per la musa di Paolo Virzì, già ospite del festival, il suo debutto alla regia, ed è già pronto il soggetto per il sequel de I fratelli De Filippo, che attende solo il via libera del produttore. Sono questi alcuni dei nuovi progetti di Sergio Rubini, attore, regista e sceneggiatore, protagonista ieri di #Giffoni2022. In sala Truffaut ha incontrato i juror ai quali si è raccontato senza veli. “Torno qui dopo anni – ha detto – Forse i giffoner di allora adesso avranno vent’anni e magari faranno cinema, chissà. E’ un festival unico nel suo genere, perché è l’unico che ha come protagonisti i ragazzi. E se a Giffoni restiamo folgorati noi adulti, figuriamoci loro”. Purtroppo, però, ammette, non è un paese per loro “e i risultati si vedono. Viviamo in un costante presente che ci vede in affanno, spetta invece ai ragazzi avere una visione del futuro”. Questo però non significa fare fuori chi ha superato gli “anta”, “perché ad essere rottamate devono essere le vecchie idee, non i vecchi”. L’attore italiano che nel 1987 viene lanciato da Federico Fellini in Intervista (nel ruolo del suo alter ego da giovane), confessa: “Vengo qui con gioia per imparare dal loro sguardo, Non ho nulla da insegnare, semmai ho solo da imparare da loro. Il problema è proprio questo: gli adulti pensano di aver compreso tutto della vita, ma non è così”. E chi meglio di un attore lo sa, considerato “che il nostro lavoro è per certi versi andare incontro alla giovinezza”. Oggi più che mai c’è bisogno di sollevare lo sguardo, e i ragazzi “devono riaffermare il senso dell’orizzonte e rivendicare il lieto fine. Un film tronco, un film che finisce male è un atto di vigliaccheria da parte dell’autore. Sempre più spesso penso che invece bisogna indicare una strada con un lieto fine. Il lieto fine ha a che fare con il sogno e noi ne abbiamo bisogno più che mai in questo momento per costruire un futuro possibile, altrimenti saremo condannati a vivere in un presente che costantemente ci fiacca e ci rende insoddisfatti”. Quanto al tema di questa edizione del festival, gli invisibili, Rubini ha confessato: “Mi sono sentito invisibile sempre, ma l’arte ti offre l’opportunità di raccontare la tua idea del mondo. Abbiamo bisogno di arte, abbiamo bisogno dei poeti e ne hanno bisogno i giovani che devono essere visionari”. Ma proprio come insegna la lezione di Giffoni, guardare a un futuro che è già presente non prescinde dal recidere le proprie radici. “Occorre – continua Rubini – tornare a saper raccontare la nostra storia, la nostra cultura. Dispiace che grandi film, grandi documentari sul nostro passato siano spesso raccontati da stranieri. Con la cultura si deve ritornare a produrre ricchezza. La mia Regione, la Puglia, si è risollevata grazie al suo notevole patrimonio culturale. Mi rivolgo al Ministero della Cultura: torniamo a creare ricchezza grazie alla nostra storia”. Rubini conclude con una riflessione antropologica: “Questa che stiamo vivendo non è un’epoca di trasformazione. Noi siamo già mutati e siamo già uomini del futuro. Però non siamo ancora consapevoli delle nostre capacità di trasformarlo”. Intanto, ad essere trasformata, sarà la storia dei fratelli De Filippo, pensata non come un trio museale, ma in chiave molto pop, dopo un lungo lavoro di scavo nelle loro vite. Ora, la seconda parte, racconterà le difficoltà del vivere insieme, “perché ogni qual volta qualcosa si rompe nasce sempre qualcosa di nuovo”.