Il virtuosismo “spinto” delle Accademie musicali - Le Cronache Spettacolo e Cultura
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Il virtuosismo “spinto” delle Accademie musicali

Il virtuosismo “spinto” delle Accademie musicali

Nella serata del ministro Annamaria Bernini, che ha inaugurato il cartellone dei Concerti del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, applauditissime in sala Scarlatti le performances del fagottista Andrea Corsi e del contrabbassista Ermanno Calzolari

 Olga Chieffi

 Partecipata inaugurazione, venerdì sera, nella storica sala Scarlatti del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, per l’eterogeneo cartellone di Concerti 2025, con l’orchestra dell’istituto guidata da un Leonardo Quadrini champagne, frac, occhiali verde fluo, gestualità sopra le righe, un po’ sborona, caratteristico gesto della sinistra che si abbassa e tenta di suggere l’ultima vibrazione della formazione. In prima fila, con un ritardo di oltre venti minuti sull’orario d’inizio della serata, e pubblico rumoreggiante in sala, accompagnata da un corteggio da un corteggio istituzionale, si è presentata Annamaria Bernini, ministro dell’Università, della Ricerca e dell’Alta Formazione Artistica, la quale, dopo la presentazione della stagione e, in particolare, dell’esclusivo programma del concerto dedicato alle accademie musicali, con la riscoperta di compositori quali Caccavajo, Caro e Savoia, da parte del direttore del Conservatorio Gaetano Panariello, i saluti istituzionali del Presidente del CdA d’istituto Carla Ciccarelli, il ministro ha affermato come il San Pietro a Majella si configura quale punto di riferimento non solo per l’istruzione musicale, ma anche come laboratorio dinamico, in cui si intrecciano diverse forme di espressione artistica e innovazione tecnologica. La ministra Bernini ha messo in evidenza come questo approccio multidisciplinare possa stimolare la creatività e favorire il dialogo tra diverse discipline, contribuendo a formare professionisti capaci di affrontare le sfide del futuro. La sinergia tra arte e tecnologia non solo arricchisce l’offerta formativa, ma rappresenta anche un’opportunità per rilanciare la cultura e l’educazione nel contesto contemporaneo, promuovendo un modello di sviluppo che valorizza il patrimonio culturale e le nuove frontiere del sapere. La ministra Bernini ha sottolineato, quindi, l’importanza dell’alta formazione artistica al centro del suo mandato, evidenziando i progressi significativi che sono stati raggiunti. Tra questi, spicca il superamento di regolamenti obsoleti che, dopo 25 anni, finalmente riconoscono i ruoli dei docenti e definiscono gli ordinamenti all’interno delle istituzioni artistiche. Queste riforme mirano a rendere i conservatori più simili alle università, conferendo maggiore dignità e una struttura organizzativa adeguata alle esigenze specifiche di questi enti. Inoltre, le strategie di investimento non si limitano alla semplificazione delle normative, ma includono anche un aumento delle risorse finanziarie. La ministra ha, quindi, annunciato l’erogazione di ulteriori fondi, a dimostrazione dell’impegno del governo nel promuovere la crescita e lo sviluppo di queste istituzioni. L’obiettivo finale è fornire ai conservatori gli strumenti necessari per affrontare le sfide contemporanee, rendendo la formazione artistica più competitiva e in linea con le esigenze del mercato e della società attuale. Una lunga introduzione, quella che ha preceduto l’esecuzione, durante la quale sono state annunciate anche le edizioni del Conservatorio San Pietro a Majella, che hanno supportato il progetto del bibliotecario Cesare Corsi, che ha individuato fonti e lasciato trascrivere i manoscritti agli allievi Walter Aveta e Giuseppe Franza, unitamente alla docente Giulia Veneziano, un’operazione che ci fa pensare nell’immediato alle ricerche di dottorato, che porranno in luce gli innumerevoli tesori conservati nella biblioteca napoletana. Il concerto, dopo l’esecuzione del Canto degli Italiani, che ha esaltato ancor di più il direttore nel suo intendimento di coinvolgere l’uditorio, è stato inaugurato dal primo movimento della Sinfonia n°2 in re maggiore op.36 di Ludwig van Beethoven, nel quale è risultato evidente il poco uso delle variazioni agogiche in funzione della sottolineatura dei passaggi, una dinamica povera d’affetto ed effetto e dubbio movimento, oltre alla minima differenziazione dei volumi delle sezioni, a scapito della tavolozza dei colori beethoveniani. Quindi, sono scesi in campo i solisti ad aprire la sezione delle gemme ritrovate, che ha salutato in bello spolvero il fagotto di Andrea Corsi, “erede” di suono e cattedra di Luigi Caccavajo, autore della Fantasia sulla Lucia di Lammermoor. Ha imperato quel suono italiano, ma vorrei dire “napoletano”, inconfondibile di pura e cangiante seta al servizio di un virtuosismo “spinto”, ma mai fine a se stesso, discendente proprio dall’oro di Napoli, il canto e il melodramma, caratteristica della scuola di fiati, tutta, che purtroppo non abbiamo ritrovato nel corno di Angelo Agostini, il quale è andato a cimentarsi con una intensa melodia per corno e orchestra di Paolo Savoia. Star della serata, oltre il fagottista, il contrabbassista Ermanno Calzolari: per lui standing ovation per l’esecuzione della funambolica Fantasia sul Rigoletto  di Salvatore Caro, datata 1863, nelle cui variazioni sul tema del celeberrimo quartetto “Bella figlia dell’amore”, ha sciorinato tutto il ventaglio tecnico del suo strumento, che ha “cantato” da soprano, rinverdendo la grande scuola istituita proprio dall’autore di questo brano. Pagine, queste solistiche, segnate da una forte carica di sentimentalismo, unito a uno spirito brillante, che spesso trova espressione in forme di levigata eleganza, forse, in qualche momento, un po’ troppo alla ricerca dell’effetto esteriore, ma ricche di invenzioni sonore. Finale con “Lo Zampognaro napoletano” di Saverio Mercadante, ad eterno ricordo di quella nascita di un teatro, di un fatto scenico e visivo, raro nella sua evidenza perché composto soltanto di suoni, caratterizzato qui da un dialogo dai potenti ottoni guidati dal maestro Nicola Ferro e l’ottavino, con l’oboe ciaramellante dei D’angelo e menzione al flauto del Maestro Aldo Ferrantini e agli eccellenti timpani di Irene Coppola. Tanti maestri tra gli archi, con il ritrovato konzertmeister Mario Dell’Angelo e docenti a leggìo con gli allievi, nella più bella e ferace “accademia”, in un luogo speciale, “il primo”, dove sulle tracce di Cartesio siamo riusciti ad intuire lo spazio quale pienezza e continuità della materia e, quindi, quale medium del movimento, del tendere avanti a sé, quale sinonimo dell’amplificazione, capace di determinare una cosa come cosa-per-l’uomo, che diventa condizione dell’esistenza, punto di riferimento dell’esperienza, che consente la progettualità e l’attuazione, l’esistenza razionale, assumendo la caratteristica comunicativa o sociale di “luogo familiare”, essenziale punto di dipartimento di ogni pensiero che, per essere se stesso deve discernere, giudicare, orientarsi, criticare e che, in questi appuntamenti, restituirà qualcosa di una drammaturgia segreta, nella quale cominceranno ad annodarsi rapporti empatici, nascite, emozioni, che porteranno tutti a “fare parte della scena”, al fianco dei protagonisti.

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