di Lucia D’Agostino
Un viaggio all’interno di un altro viaggio, che poi è “il viaggio”, esistenziale, per antonomasia, quello dantesco della Divina Commedia, dal buio delle passioni umane e terrene alla luminosità della ragione teologica. Villa Rufolo, sabato scorso, è diventato il palco dell’unica performance teatrale in programma al Ravello Festival 2021 con uno spettacolo, “Lumina in tenebris” – Luci dalla Divina Commedia prima e dopo Dante”, che ha visto in scena Elena Bucci e Chiara Muti, anche autrici del lavoro, complice il suggestivo panorama serale a strapiombo sul mare della Città della Musica della Divina Costiera illuminato solo dalle luci di Vincent Longuemare. A partire dalla Commedia che altro non è che il percorso che accompagna l’uscita dalla “selva oscura”, quella dell’ignoranza e dei peccati dell’essere umano che si lascia guidare dall’istinto ferino, per ascendere alla luminosità del cielo attraverso la consapevolezza della propria coscienza e una ragione più alta, Bucci e Muti accolgono e si fanno accompagnare da altri maestri che hanno attraversato la Storia, come Pier Paolo Pasolini e Honoré de Balzac. A settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, avvenuta nel 1321, le due attrici, non nuove ad un sodalizio drammaturgico, compiono ancora una volta il viaggio ideale che ciascuno di noi, ciascuna epoca, ciascun Paese, ciascun popolo, la stessa umanità ha compiuto e dovrebbe compiere per dirsi pienamente tale grazie al superamento dell’egoismo, all’impegno collettivo, politico e sociale, e all’apertura dell’animo attraverso la cultura e la sua espressione più alta, la Poesia. E se Virgilio e Beatrice sono le guide eccellenti per ripercorrere a tentoni, tra ricadute e rialzate, il percorso accidentato dell’esistenza umana, anche altri protagonisti con il loro vissuto e la loro opera, tra tutti Primo Levi e Boezio, ci spronano a non farci trascinare nel baratro del male, quel male nato a partire dalla Genesi e dal libero arbitrio. E sono proprio i protagonisti dell’Inferno dantesco a ricordare come l’amore può diventare lussuria, attraverso le figure di Paolo e Francesca e Didone, per citare solo le più simboliche, e il coraggio e la curiosità possono diventare “hybris” come nella sfida tracotante di Ulisse. E se dall’esaltazione della normalità può avere origine la malvagità assoluta dell’Olocausto e di Auschwitz, è la Poesia che potrà salvarci e l’Amore, l’Agape, nella sua accezione più alta e assoluta.