di Olga Chieffi
Nella giornata di ieri è mancato ai vivi, Attilio Bonadies, attore, regista, professore di Storia e Filosofia, esponente di quella splendida provinciale che era la Salerno degli anni ’70 dove si cercava di tentare l’impossibile, secondo i principi estetici dell’epoca, da cui forse, ogni qualvolta vediamo o sentiamo qualcosa che ci convince, scopriamo non essercene mai allontanati. TeatroGruppo, Teatro Popolare Salernitano, l’etnomusicologia, il ritornare alle proprie radici, l’arte nel senso più pieno e totale. Ogni generazione di artisti ha ereditato una tradizione, un complesso già stabilito di costumi e di tecniche che viene arricchito dai suoi sforzi medesimi e quindi trasmesso alla generazione successiva. Le figure più importanti del gruppo del movimento di cui ha fatto parte Attilio Bonadies, ha solo voluto che il loro ritrovarsi sul palcoscenico, esprimesse i fermenti del loro tempo, per qualcuno sommovesse la società. Indegnamente con Attilio Bonadies mi sono ritrovata in palcoscenico dentro un film infinito, quel carnevale magico di Michele Schiavino, in cui “Carnevale non deve morire!”. Il film è, infatti, anche un percorso nella musica, nei misteriosi intrecci fra la musica e le storie raccontate, o suggerite, dai vari personaggi. Una delle storie è quella del Teatrogruppo, che a Salerno segnò negli anni Settanta del Novecento un importante momento di ricerca nelle tradizioni musicali popolari: nel film rivediamo in azione tre suoi rappresentanti, Attilio Bonadies, Giancarlo Capacchione e Claudio Rubino, e riascoltiamo le voci di Andrea Bastolla e Gelsomino D’Ambrosio. L’altra storia, più intima, è la ricerca di una misteriosa Euridice che balugina, di tanto in tanto, nelle pieghe del racconto, che fa di Michele Schiavino un novello, contaminato Orfeo. Il viaggio del nostro Michele-Orfeo, e la sua eterna sfida con la morte, è dunque, allegoria della scoperta, attraverso l’arte, dei più oscuri meandri della psiche umana, in cui risiedono i peggiori e indicibili orrori e timori. L’arte tutta, è in grado di ammansirli e vincerli. Il potere della musica e della poesia è superiore alle paure umane e alla forza bruta. La condizione posta a Euridice è simbolicamente chiara: l’anima grazie all’arte può tornare rinnovata ma solo se non vi sono ripensamenti. Non bisogna guardarsi indietro, come ha fatto Orfeo. Il passato è passato, la bellezza può cambiare il mondo ma solo a condizione di non provare più nostalgia per la vecchia vita, ri-nascendo, tutti insieme, ogni qualvolta andremo a vedere sempre con sguardo nuovo le immagini del film. A quel film non è stata apposta la parola fine, è un sogno. Ed allora “….Questo tipo di vita, costituisce la via che porta verso il cielo e verso questa confraternita di uomini che sono già vissuti e che ora, liberatisi del corpo, vivono in questo luogo che tu stai vedendo (e, infatti, era un cerchio luminoso, di uno splendore abbagliante in mezzo ai fuochi astrali) e che voi chiamate, come avete appreso dai Greci, Via Lattea”. Da quel luogo potevo osservare tutto il resto, che mi appariva di mirabile lucentezza. C’erano, infatti, stelle che non abbiamo mai visto da qui, ed esse erano tutte così grandi che noi non lo sospettiamo neppure; fra gli astri, il più piccolo era quello che sta più lontano dal cielo e più vicino alla Terra, e che brilla di luce altrui. Le stelle, poi, erano corpi celesti assai più grandi della Terra, e questa mi apparve anzi così piccola, che mi venne una stretta al cuore nel vedere che il nostro impero non occupa che un piccolo punto di essa”. E’ la promessa d’immortalità del Cicerone del De Republica, e che dedichiamo ad Attilio. Ancora attoniti, per la scomparsa dell’amico rimasto semplice, schietto e sincero, per aver perso inaspettatamente una persona che ci voleva bene, con il quale si è condivisi momenti che sono patrimonio di un’umanità che cresce e migliora attraverso un’azione etica, che è quella del dialogo, della cultura, dell’ “otium”, non riuscendo a scorgere sino in fondo cosa si nascondesse nella filigrana di un evento, che proiettava dinanzi ai nostri occhi il profilo temibile della morte, oggi, continuiamo a ricordarlo nella Chiesa di Santa Maria a Mare in Mercatello, alle ore 16, ove verrà officiato il rito funebre. Sull’affiorare insistente, sottile e nostalgico di emozioni, colori, profumi, vivificati dall’ascolto di una specie di racconto, un filo di storia breve e pur intenso “pieno”, oggi reso disperato, e insostenibile, per la famiglia, la moglie Anna Di Maio, le sorelle Susanna e Annamaria, i fratelli Ennio, Mariano, Mimmo e Maurizio e tutti gli amici, dall’agire quieto, incessante e inesorabile, delle grandi leggi di natura, capaci di svelare il segreto di quell’anima senza tradirla, gettandovi soltanto un raggio di luce obliqua, scopriamo dentro di noi una nuova, particolare qualità d’animo, un patrimonio di sentimenti e valori ricchissimo, quell’educazione all’amore che Attilio, col suo esempio, nel suo passaggio terreno è riuscito a trasmetterci.