di Nino Petrone
Con l’addio di Gigi Riva s’è volatizzato un pezzo di cuore di una città, di una Regione, di un Paese e del mondo intero. Fu Gianni Brera a battezzarlo “Rombo di tuono”. E qualcosa di celeste doveva esserci in quest’Uomo, anche se a Messa non ci andava mai: come tanti, aveva un suo Credo da qualche parte. Perché “Giggirriva”? Più semplice di quanto si possa credere: perché i sardi raddoppiano sempre quasi tutte le consonanti, e a loro poco importava dove fosse nato, Gigi per tutto il popolo isolano era piú sardo del Gennargendu, dei Mauthones, della Barbagia, dei pastori eremiti e degli squisiti gnocchetti mallureddu. E niente moine, baci, abbracci proprio no. E, altro grande apprezzamento, parlava pochissimo sillabando le parole anche durante le rare interviste dando però a tutti un elegante “tu” che sapeva di affetto e di rispetto. L’unico colloquio fu televisivo quando ricopriva la carica di team manager della Nazionale, sempre tra gli sbuffi di una sigaretta. Arma curiosa la sua: dormiva e fumava molto, si allenava poco, scatto e tiro in diagonale da sinistra, tutto qui. “Ah,se si allenasse…” diceva Manlio Scopigno. Ma evidentemente aveva ragione lui che fece esclamare al suo sarcastico mister:”Tutto mi sarei aspettato dalla vita ma non di vedere in televisione Niccolai, il Signor Autogol” Dai sardi, senza offesa, si distingueva per la bellezza con quei capelli corti e ricci e il profilo del nobile Marcantonio di Marlos Brando. Quando cominciò a frequentare Gianna Tofanari, donna sposata, scoppiò un mezzo scandalo, al quale lui non replicò mai. Ma quella mezza tempesta durò poco, I sardi capirono che era amore vero, frutto di due figli, Nicola e Mauro, poi nonno di ben cinque nipotine. Natura ingrata, tutte femmine: così non ci sarà mai più un Gigi Riva, che peccato! Per il calciatore parlano i numeri: 208 gol col Cagliari e 35 in Nazionale, Sono i molti a ritenerlo il piú forte italiano di sempre, ma personalmente lo piazzo alla pari di Gianni Rivera. Chissà quanti gol avrebbe segnato Gigi col milanista a fianco… Inviato prima dal Corriere dello Sport di Ghirelli poi dal Corriere della Sera, ogni lunedì ero anch’io con parecchi colleghi a Leggiuno ad attendere che il Campione si svegliasse. Di tanto in tanto si affacciava al balcone la sorella per dirci che stava ancora dormendo. La sorella Faustino era il suo rifugio non solo fisico dopo un’infanzia a dir poco difficile con quel cognome della madre perché il padre s’era rifiutato di riconoscerlo. Un’amarezza rimasta fino alla morte, a 79 anni, rifiutando categoricamente un intervento al cuore di routine. La sorella ci raccomandava di di non fare rumore, e alla sveglia, intorno alle 13, Gigi veniva giù a dire due parole per pura cortesia. Ma a noi andava bene così. Era anche uno di quei rari uomini che sanno dire di no. E il “NO” passato alla storia se lo beccarono Gianni Agnelli e Giampiero Boniperti che subito dopo lo scudetto cagliaritano ‘70 offrirono un miliardo netto all’anno al giocatore e 30 alla società. Cagliari era sacra come il modesto appartamento in cui abitava e la spiaggia del Poetto dove passeggiava, In realtà, sotto sotto, c’era l’Inter a “manovrare” visto che il taciturno presidente avvocato Marras lavorava anche con le raffinerie petrolifere di Angelo Moratti. Per tutti e a tutti parlava, rideva e scherzava Andrea Arrica, il vice presidente. “Ah, vi piace la mia giovane bionda, ma,vi raccomando, non ditelo a mia moglie”. Ma per carità, tutti muti come pesci. Augh.