Componere Meridiano: Il segno musicale di Enrico Renna - Le Cronache Spettacolo e Cultura

Martedì 19 novembre alle ore 19, nella libreria Notebook del Parco della musica in Roma, il compositore insieme a Daniela Tortora, Silvia Lanzalone, Antonio Mastrogiacomo e Filippo D’Eliso, presenterà il volume in libreria per Il Sileno Edizioni

Di Olga Chieffi
Un oratorio a più voci evoca il volume Componere Meridiano, in libreria per Il Sileno edizioni, un confronto sull’esperienza a tutto tondo di Enrico Renna, compositore, direttore d’orchestra, didatta e interprete con saggi di Stefano Valanzuolo, Paolo Sullo, Lorenzo Pone, Silvia Lanzalone, Daniela Tortora, Filippo D’Eliso, Francesco D’Errico, Antonio Mastrogiacomo, Luca Iacono, Stefano Busiello e Alessandro Laraspata, che martedì 19 novembre, alle ore 19, verrà presentato nella libreria Notebook del Parco della musica in Roma. Saranno Daniela Tortora, Antonio Mastrogiacomo, Silvia Lanzalone e Filippo D’Eliso ad animare il dialogo che vedrà le conclusioni del compositore Enrico Renna.
Componere meridiano si apre alla complessità di un’azione musicale – ancora in fieri, da oltre mezzo secolo − a contatto diretto con un compositore, direttore d’orchestra, didatta e interprete, testimone di pratiche musicali, ma non solo, in anni quasi dimenticati, eppure recenti. La successione dei contenuti si presenta particolarmente significativa nel misurare lo spettro dell’investigazione proposta, facendo leva su sovrapposizioni disordinatamente ricorsive in senso temporale; sullo sfondo, restano Napoli e il Sud tutto per trovarvi spazio in quanto orizzonte lirico e, al contempo, operativo. Un’introduzione a questo volume che schizza i diversi volti del compositore potrebbe iniziare con un “Ora vi parlerò di musica, vale a dire di qualcosa che tutti sanno che cosa sia” e questa è un’evocazione del celebre incipit del breviario di estetica di Benedetto Croce, poiché scrivere di musica significa addentrarsi in un terreno estremamente ambiguo, il cui sterminato spazio è equamente suddiviso tra “familiare” e “ignoto”, tra “quotidiano” e “sconosciuto”. Una citazione non a caso quella di Don Benedetto, poiché Enrico Renna si è formato al San Pietro a Majella di Napoli con i massimi maestri del tempo, Aladino Di Martino, Pina Buonomo, Ferdinando Stajano e Franco Caracciolo, la scuola napoletana di grandissima tradizione che poi ha guardato oltre, con l’avanguardia milanese di Umberto Rotondi, Donatoni, guardando sempre alle sue luminose radici. Questa divaricazione fondamentale, che rende la musica paradossalmente ciò che maggiormente è parte della nostra vita e, allo stesso tempo, ciò che meno è conosciuto, è resa ancor più complessa e radicale dalla storia artistico-musicale del XX secolo, cui Enrico Renna fa parte a pieno titolo. Meridiano, sta per mezzogiorno, ed Enrico è nato a Salento, un paesino arroccato nel nostro Cilento, ma meridiano è anche la curva d’intersezione di una superficie di rotazione con un semipiano uscente dall’asse di rotazione, quindi punto di riferimento per quanti vogliano addentrarsi nella musica del cambiamento. Vi è una cosa che nella storia non muta mai, ed è il cambiamento stesso. Ciò che si modifica da un’età alla successiva costituisce il ritmo, la velocità relativa del cambiamento. Alcuni periodi sono relativamente stabili, la forza della tradizione è abbastanza forte per far fronte ai nuovi modi di pensare che stan combattendo per nascere. In altri, la società è in moto, nel lasso di tempo di una singola vita, hanno luogo modificazioni che in un’età precedente, avrebbero occupato molte generazioni. Come risultato si aprono nuovi orizzonti con una rapidità da mozzare il fiato. La nostra è un’era di questo tipo. La velocità del mutamento è stata accelerata in maniera enorme, la vita ci chiede di continuo segnali di sincronizzazione, se non si vuole esserne lasciati indietro. La musica costantemente muta attraverso le età come deve fare ciascun linguaggio vivo. Ogni generazione di musicisti ha ereditato una tradizione, un complesso già stabilito di costumi e di tecniche che viene arricchito dai suoi sforzi medesimi e quindi trasmesso alla generazione successiva. Le figure più importanti del movimento moderno di generazione in generazione in effetti hanno solo voluto che la loro musica esprimesse i fermenti del loro tempo, per qualcuno sommovesse la società, come Cage che abbiamo incontrato nella scorsa edizione. Cambia la definizione di musica: Rousseau nell’Enciclopedia scriveva che è l’arte di combinare i suoni in maniera gradevole per l’orecchio, e le dissonanze di Gesualdo o il Tristan Accorde? E la serie? E Oggi? Come definiamo la musica?  Ci viene incontro Molino “…. Il musicale è il sonoro costruito e riconosciuto da una cultura….” E’ musica, perciò ogni fenomeno che un individuo, un gruppo o una cultura accettano di considerare come tale. E’ il linguaggio musicale un linguaggio a momenti indecidibile, a volte perentorio, per cui non c’è nulla da contrapporgli, in altri modi disperato o umile o glorioso, universale e sognante. La musica non può stabilire tra significante e significato una relazione biunivoca nel senso che ogni significato possegga il suo significante e, inversamente, ogni significante possegga un solo significato. Il segno musicale è portatore di numerosi significati, tra i quali solo il più ampio contesto permette di scegliere o addirittura tra i quali il soggetto può scegliere liberamente oppure non escluderne alcuno. E’ celebre la frase  “niente più musica dopo Wagner” e, invece, ecco Schoenberg che dichiarò “personalmente aborro essere definito un rivoluzionario. Quello che ho fatto, non era né rivoluzione, né anarchia. Lo stesso Igor Stravinskij reputo un errore che mi si consideri  un rivoluzionario”. L’introduzione di questo volume, indica in prefazione Antonio Mastrogiacomo,  offre uno sguardo profondo e sfaccettato sul percorso musicale e didattico di Enrico Renna, un direttore d’orchestra e compositore che ha influenzato generazioni di musicisti. Le varie interviste e conversazioni con diversi allievi e collaboratori mostrano l’impatto duraturo del suo lavoro, che spazia dall’analisi storica e musicologica alla pratica didattica e compositiva. Stefano Valanzuolo, nel suo racconto “La musica coloratissima degli anni di piombo”, ci invita a riflettere su un’epoca complessa, mettendo in luce come la musica possa riflettere e rispondere alle tensioni sociali e politiche del tempo. La scelta di posizionare questo contributo all’inizio della raccolta sottolinea l’importanza di contestualizzare il lavoro di Renna all’interno di una storia musicale più ampia. Il dialogo tra Paolo Sullo ed Enrico Renna evidenzia la relazione tra composizione e didattica, suggerendo che l’esperienza educativa non è solo un trasferimento di conoscenze, ma una vera e propria co-creazione culturale. La presentazione delle “27 Romanze senza parole” da parte di Lorenzo Pone, in particolare, riesamina l’eredità di Renna, integrando la musica con una geografia europea che coinvolge centri culturali come Parigi. La conversazione tra Silvia Lanzalone e Enrico Renna, ci riporta in un momento ferace del Conservatorio Statale di Musica di Salerno, ponendo in risalto la sinergia tra insegnamento e pratica strumentale, rivelando la forza espressiva della musica e il modo in cui essa possa trascendere i limiti delle convenzioni. L’analisi di Filippo D’Eliso sui codici notazionali di Renna offre, diseguito, un’ulteriore dimensione, mostrando come la scrittura musicale non rappresenti solo un mezzo di comunicazione, ma anche un portato di idee estetiche e concettuali.
Francesco D’Errico, invece, amplia il campo di analisi, confrontando la musica di Renna con le cosiddette altre tradizioni, aprendo un dialogo con il jazz e le musiche extra-colte. Questo approccio comparato arricchisce la comprensione del lavoro compositivo, suggerendo che la musica è un linguaggio in continua evoluzione, influenzato da molteplici fonti e contesti.
Infine, le testimonianze di Stefano Busiello e Alessandro Laraspata, ora docenti, attestano la continuità dell’influenza di Renna nelle nuove generazioni, dimostrando come il suo insegnamento trascenda il mero atto di insegnare, diventando una parte integrante della formazione di musicisti consapevoli e sensibili. Un testo, questo, che si presenta come un tributo ad Enrico Renna, una figura centrale nella musica contemporanea, capace di intrecciare diverse dimensioni artistiche e culturali e di lasciare un’eredità fondamentale nel panorama musicale italiano e oltre.