di Olga Chieffi
Dante Alighieri rappresenta l’esempio più tipico e illuminante della forza di penetrazione a tutti i livelli culturali dei giudizi e pregiudizi formulati nel Medioevo sulla musica, rivissuti in un’organica sintesi poetica. Queste le ragioni estetiche del concerto-racconto, che ha inaugurato il dicembre “sacro” della prima edizione di Salerno Classica, con la “Sonata Dantis”, “eseguita” dal tenore Daniele Zanfardino, dal baritono Francesco Auriemma, dall’attore Alfonso Liguori unitamente all’Ensemble lirico Italiano, composto da Sergio Martinoli e Laura Quarantiello al violino, Piero Massa alla viola, Francesco D’Arcangelo al violoncello e Luigi Lamberti al contrabbasso, i quali hanno proposto pagine di compositori, che attraverso i secoli hanno “messo in musica” i versi più rappresentativi di Dante Alighieri, negli arrangiamenti dello stesso D’Arcangelo. Cos’è la poesia? Come luce e suono impalpabile viaggia veloce, seguendo vie imprevedibili, passa attraverso il tempo e la storia. La Sonata Dantis è risultata una luminosa tessera nel mosaico di omaggi che il mondo intero ha tributato a Dante in occasione del VII centenario della sua morte, attraverso cui si è indagato la forza stessa della poesia, che resiste tenace a ogni censura, esilio, dittatura, cecità, rimbalzando attraverso voci diverse, maestre le une alle altre. Così, la Sonata Dantis di Salerno Classica è risultata un viaggio attraverso la mappa disegnata dalla parola poetica di Dante, in quella vasta costellazione che brilla su chi in lui ha trovato guida e ispirazione, a partire dai musicisti. La lettura della I stanza della Canzone “Così nel mio parlar voglio esser aspro”, è stata accoppiata, infatti, all’esecuzione strumentale del madrigale di Luca Marenzio. Si è continuato con la “Vita Nova” e i quattro Sonetti op.41 di Mario Castelnuovo-Tedesco, pezzo di sortita per il tenore Daniele Zanfardino, il quale, insieme all’ensemble, ha saputo valorizzare la ricchezza timbrica, le sfumature dinamiche, gli incantevoli slanci lirici, i passaggi descrittivi, la parte vocale, tutta, nella leggerezza della scrittura musicale che ha incontrato la poesia dantesca. Alfonso Liguori ha offerto, quindi, lettura del Canto III dell’Inferno, accompagnata dal madrigale di Luzzasco Luzzaschi “Quivi sospiri”, dove ci si è posti alla ricerca dei suoi ritmi nascosti, delle linee chiare, dell’armoniosa struttura che va nello sprofondo dell’Inferno, nella non musica. Il confronto con il Dante di Borges, sull’Ugolino, di Alfonso Liguori, ad introduzione della cantata “Il conte Ugolino” di Gaetano Donizetti elevata dal baritono Francesco Auriemma, una pagina dai passaggi musicali fortemente teatrali che enfatizzano la narrazione del personaggio dantesco. Grande l’impegno del baritono che ha tentato di trarne il meglio possibile, lavorando con l’accento per scandire i passi più crudi della morte per inedia e ammorbidendo l’emissione in quelli più patetici, rendendo espressivo il tutto. Ben più coinvolgente è risultata l’esecuzione delle due arie dal Gianni Schicchi di Puccini, con i cantanti nel pieno dei loro mezzi, a cominciare da Zanfardino, il quale ha eseguito “Firenze è come un albero fiorito”, con voce brillante e generosa, per l’intera tessitura, ponendo attenzione alla parola e allo slancio amoroso del personaggio e il monologo dello Schicchi con la sua sulfurea perfidia sottolineata dal baritono, grazie all’accento con cui ha articolato i momenti topici, con voce piena e calda. Ed eccoci alla vertigine dell’Empireo, introdotta dal Pater Noster strumentale di Verdi, con Alfonso Liguori, la cui recitazione che è stata un riconoscimento della struttura delle terzine atta a farne risaltarne la forma, senza mai cedere all’enfasi o alla cantilena, una struttura chiusa e complessa in cui anche una singola sillaba sbagliata avrebbe potuto compromettere l’equilibrio del canto e la sua innata musicalità. Un confronto aspro, questo viaggio tra i morti e noi vivi, la richiesta testarda di risposte attraverso i versi di Dante, nella musica estrema di un razionale labirinto, ispirato e ispiranti. Applausi e appuntamento all’ 11 dicembre con Vox con il controtenore Maurizio Di Maio e l’Apulia Cello Ensemble in un programma che spazierà da Albinoni ad Haendel, sino a Fasciano e Rota. Il fascino coinvolgente delle sonorità del quintetto di violoncelli, vera e propria tavolozza dell’espressività e potenzialità del canto strumentale che si fa fiato, si fonderà con l’ibrida vocalità del controtenore, per una emozionante celebrazione della voce umana.