In merito a una sequela di articoli riguardanti la mia persona e la mia famiglia, pubblicati con particolare enfasi e assiduità su questo giornale, mi sento in dovere, a questo punto, di chiarire alcuni aspetti fondamentali per far sì che sia fatta luce, almeno su alcune delle tantissime questioni trattate, alcune delle quali prive di qualsivoglia fondamento di verità. Innanzitutto, ci tengo a specificare, che, in generale, apprezzo il lavoro compiuto dalla stampa nel dare informazioni alla cittadinanza, allo stesso tempo, però, devo rilevare, da docente di Diritto, che tale compito, seppur fondamentale in una società democratica, proprio perché siamo in democrazia, deve essere sempre svolto osservando dei giusti criteri professionali che prevedono il rispetto di alcune regole fondamentali, non a caso ritenute basilari anche dall’Ordine dei giornalisti, di cui ho fatto anche io parte come Pubblicista fin da quando ero giovanissimo. Quindi ci si aspetta che gli articoli pubblicati siano innanzitutto frutto di una raccolta di informazioni esatte, precise e puntuali, rilevate attraverso un’inchiesta e non riportanti umori e chiacchiericci che non fanno altro che inquinare il percorso della verità. Poi, e anche questa è una cosa importante, quando si riferisce di indagini, si dovrebbe rispettare sempre il lavoro dei Tribunali che svolgono il loro dovere e le cui prassi non dovrebbero essere utilizzate come elementi tirati fuori all’occorrenza per prendere di mira l’operato di qualcuno al fine di comprometterne l’immagine. Per fortuna, nel nostro Paese, le sentenze sono esclusiva dei magistrati e nessuno dovrebbe permettersi di opinare sull’esito fin quando non sentenziato col battere del martello di un togato. E, ancora, se le notizie vengono riportate, non solo in maniera non rispondente al vero, ma anche in una forma martellante e ingiustificatamente ossessiva, questi articoli assumono i toni di una campagna di killeraggio mediatico, cosa assolutamente deplorevole e da condannare. fatto sta che negli articoli in questione vengo indicato come indagato, come se ciò fosse già una condanna. Bene, non volendomi comunque appellare al garantismo, non ho alcuna remora ad ammettere che c’è in corso un’indagine, ormai risalente ad alcuni anni fa, riguardante la rendicontazione di un progetto compiuto dalla Fondazione Giambattista Vico di cui all’epoca ero presidente. Ci tengo innanzitutto a sottolineare che tale progetto ha raggiunto tutti i target previsti dal Bando, ovvero l’incentivazione alla creazione di microimprese sul territorio cilentano attraverso il fornire assistenza allo start up di nuove imprese, accompagnando il non facile iter dovuto, oltre che alla presenza di fattori diseconomici, anche alla forte burocrazia e alla mancanza d’informazioni sulle opportunità di finanziamento e di operatività. Ciò, in un territorio come il nostro ha rappresentato una vera e propria eccellenza, a parlare sono i numeri, ma ovviamente di questi output gli articoli non ne parlano mai. L’attenzione è invece puntualmente rivolta a riportare alcune criticità emerse grazie alla Guardia di Finanza che, a seguito di un controllo, affermava di aver rilevato, a loro avviso, delle irregolarità formali. Per le stesse, in seguito, abbiamo fornito attraverso i nostri tecnici e i nostri legali tutti i chiarimenti del caso e tutte le informazioni possibili, tant’è vero che i capi di accusa imputati sono pian piano caduti quasi tutti immediatamente. Gli ultimi rilievi non ancora trattati, non certo per nostra negligenza ma per il fatto che purtroppo i tribunali sono sovraccarichi di lavoro, ci portano, secondo la ricostruzione dei nostri legali, a immaginare che la vicenda verrà senza dubbio presto archiviata. Sappiamo bene quali sono i rischi che si corrono quando si opera in attività di questo tipo e, proprio per questo, abbiamo sempre lavorato con estrema attenzione e cautela. C’è da dire, in verità, che queste progettualità prevedono un sistema di rendicontazione che è molto complesso, ciononostante la nostra situazione è assolutamente chiara e confidiamo nel lavoro della magistratura per giungere presto alla soluzione. Invece gli articoli rimarcano i fatti con un clamore esasperato, come se le imputazioni fossero già reati certificati e imprimendone una gravità che non è assolutamente presente nell’inchiesta. Mi chiedo, dunque, da cittadino, a che cosa serve un’informazione del genere se non a fuorviare l’opinione pubblica innescando un effetto denigratorio nei confronti di un ente che da oltre 20 anni opera per lo sviluppo del territorio con importanti risultati e con il sacrificio di tanti operatori che da volontari ne portano avanti le progettualità? Ma non finisce qui, perché gli attacchi hanno riguardato anche i membri della mia famiglia, chiamati in ballo per via di un problema legato a un evento che riguardò una delle sedi della Fondazione di Napoli. Da premettere che tali sedi, ex Chiese, vennero affidate dalla Curia all’Istituzione Vichiana affinché le restaurasse se ne prendesse cura e, ovviamente, per svolgervi all’interno attività culturali, cosa che la Fondazione ha sempre fatto con importantissimi traguardi riconosciuti tanto dalla Curia stessa, quanto dal Comune di Napoli e, soprattutto, dall’intera comunità. La vicenda a cui si fa riferimento, per onor di cronaca e di verità, è stata trattata in tribunale e il caso è stato chiuso perché non sussiste. Dunque, perché negli articoli in questione l’episodio, pur di fronte a una sentenza di un tribunale, viene riportata come ancora aperta, ancora in trattazione, ancora come un’indagine in corso, orientando, tra l’altro, il lettore verso una colpevolezza che invece non c’è? Possibile che non si riesca a intendere che la questione è chiusa e quindi non andrebbe neanche menzionata? Almeno non con una tale speculazione. Per fortuna ho, invece, il piacere di comunicare che il lavoro presso la sede in questione sta continuando con importantissime attività che stanno pienamente soddisfacendo gli obiettivi prefissati. Chiunque può informarvisi seguendo il Sito Web della Fondazione stessa o le pagine Social che non mancano di divulgare notizia di tutti gli eventi che Ivi si svolgono. Ma, come se ciò non bastasse, sempre negli articoli, si fa riferimento anche a tutta una serie di altre situazioni che stento anche a ricordare e che, soprattutto, non hanno nessunissimo rilievo di tipo giuridico né sociologico. Si tratta, infatti, di semplici fatti e vicende personali e familiari entro le quali muoversi con cotanta protervia sembra mostrare i caratteri di una vera persecuzione, oltre che di una reiterata violazione della privacy e limitazione della libertà personale. Per la verità avevo pensato di non rispondere e non dare seguito a nessuna replica ma devo dire che ultimamente le notizie diffuse sono talmente lontane dalla realtà e sono talmente incalzanti e tendenziose che mi stanno provocando grandissimo disturbo, specie in quest’ultimo periodo nel quale mi è stata chiesta la candidatura al Senato della Repubblica dal premier della Lega Matteo Salvini che intende mettere a disposizione del Paese la mia esperienza raccolta con l’impegno ambientalista con il Movimento Fare Ambiente, che in questi anni ha portato avanti un ambientalismo ragionato, pragmatico e ritenuto utile a risolvere realmente le problematiche che affliggono la nostra economia, l’ambiente e il nostro futuro. Pertanto, questo tipo di speculazioni mi stanno procurando un enorme danno di immagine e trattandosi per lo più di notizie inesatte, quindi equivalenti a menzogna, mi sento, ripeto, in dovere di prendere provvedimenti, In primo luogo, chiedendo, nel pieno rispetto della libertà di stampa, ai responsabili del giornale stesso, di porre maggiore attenzione nella divulgazione e pubblicazione di tali articoli, verificandone le fonti e l’attendibilità, in secondo luogo, cosa che già ho fatto, dando mandato ai miei legali di analizzare bene la vicenda riservandomi di adire alle vie legali, perché ritengo che da cittadino non posso rimanere impassibile di fronte a un attacco mediatico del genere che oggi riguarda me ma che domani potrebbe riguardare chiunque, magari soltanto per un accanimento di tipo personale, per tanto doloso, da parte di un qualunque giornalista. Chi opera nell’informazione è tenuto a seguire un codice deontologico poiché, come sta capitando a me, chiunque potrebbe trovarsi, suo malgrado, in una condizione talmente esasperante da diventare gogna mediatica ingiustificata e portare a gravi conseguenze per la propria vita di relazione, quella familiare, nonché quella economica e lavorativa. Quello della correttezza dell’informazione e dell’esattezza delle notizie è un diritto che va tutelato per tutti, non soltanto per me stesso. Parto, dunque, dalla mia situazione per far sì che questo non accada più con questa facilità e sospetta premeditazione. Giornalismo vuol dire innanzitutto qualità, etica e capacità di divulgare notizie, non sulla scorta di rancori o posizioni personali ma nell’interesse dell’informazione, della conoscenza, della verità e, in tal modo, offrire il proprio contributo alla società, e non certo cercare di manipolarla con campagne persecutorie basate su falsità, inesattezza e tendenziosità. Vincenzo Pepe
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