Un militare al comando non costituisce una novità in casa granata. Il generale della Guardia di Finanza Ugo Marchetti, è stato preceduto da un… colonnello, Enrico Chiari. Come Marchetti, anche Chiari non era salernitano. Parmigiano di Collecchio, dove era nato il 30 settembre del 1885, nominato cavaliere del Regno nel dicembre del 1919, era un ufficiale di fanteria che, dopo aver lasciato l’esercito, conduceva un’agenzia di vigilanza notturna. È negli anni 30, in pieno fascismo, che Chiari assurge alla carica di massimo esponente della Salernitana. La nomina giunge al culmine di una progressiva scalata all’interno dei centri di potere della città. Chiari era stato affiliato alla potente Loggia Da Procida, ed era uno dei più fidati collaboratori di un altro militare, il Colonnello Madia, massone della loggia Pisacane, e presidente dell’influente associazione Federazione Ufficiali e soldati, della quale Chiari era il Direttore dell’Ufficio Stampa. Il 16 novembre del 1922, il colonnello Chiari annuncia il passaggio al Fascismo, insieme all’avv. Mario Iannelli che di lì a poco sarebbe diventato il leader del fascismo salernitano. Il clima di quei momenti è racchiuso nella prima pagina del giornale satirico salernitano “È permesso?” che si apre con questo titolo “Tutta Salerno è fascista”. Con queste premesse non è strano che Chiari, uomo di fiducia del federale Iannelli, diventi presidente della Salernitana. In verità ci arriva perché il barone Giovanni Negri, siamo nel 1930, si dimette poco dopo il campionato 29/30 ed alla vigilia del nuovo torneo, Chiari si ritrova sulla poltrona di presidente. Ci resterà fino al 1934, con un successivo incarico tra la fine del 34 ed il 36.
Cos’hanno in comune Marchetti e Chiari? Probabilmente lo spirito che anima i militari, la disciplina, il rispetto delle regole. Infatti. Il Generale Marchetti, silenzioso per molto tempo, poi improvvisamente loquace, nel suo exploit dopo la sconfitta di La Spezia ha espresso il proprio pensiero in un lungo comunicato ove non mancano passaggi, per così dire, “militari” come quando afferma “Fermo restando il rispetto e l’ammirazione per gli antagonisti che hanno prevalso, di cui si riconosce e si apprezza il valore, è troppe volte mancato l’agonismo, la ferma volontà di far valere le ragioni proprie; è troppe volte mancato, quando necessario, il proverbiale “non ci sto” o il “basta così”, comportamento cioè di chi vuole andare oltre il limite quando ciò è doverosamente possibile.” Traduzione in pratica del motto della Guardia di Finanza “nec recisa recedit” ovvero “neanche spezzata retrocede”, coniato da Gabriele D’Annunzio. E Chiari? Torniamo al colonnello parmigiano che si trovò al comando della Salernitana nel torneo 30/31. Il “militare” Chiari, come Marchetti, non tollerava il venir meno dell’impegno. Successe che una Salernitana lanciata in classifica e che aveva il punto di forza sulla presenza in panchina dell’ungherese Kertezs, si trovò improvvisamente senza il tecnico che, dopo una netta vittoria (4-1 al Messina), il 1° febbraio 1931, lascia Salerno e vola dalla Catanzarese che gli ha offerto un ingaggio migliore. Cosa fa Chiari? Prima chiama un nuovo allenatore Stritzel e contemporaneamente ingaggia una battaglia per il ritorno di Kertezs. Il colonnello vince la battaglia, il tecnico magiaro torna e porta la Salernitana in finale. Lo spareggio con il Cagliari è cosa nota. La sconfitta in Sardegna nega la serie B alla Salernitana, con i sospetti sul portiere Lipizer, che preferirà non tornare a Salerno, e con Kertezs che ritorna a Catanzaro.
I motti– Lo spirito che deve animare la squadra granata in questa “campagna della salvezza” può riassumersi con l’unione dei motti della US Salernitana 1919 “Macte animo” che ha guidato la presidenza del colonnello Chiari, e di quello che ha guidato l’azione professionale del Generale Marchetti “ Nec recisa recedit”.
“Coraggio, neanche spezzata retrocede”. Michele Capone