Il populismo si è diffuso per la crisi della politica dagli anni ‘90 in poi - Le Cronache
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Il populismo si è diffuso per la crisi della politica dagli anni ‘90 in poi

Il populismo si è diffuso per la crisi della politica dagli anni ‘90 in poi

di Giuseppe Gargani

Il dibattito sulla attuale situazione politica è da tempo parziale e superficiale perché il personalismo che oggi caratterizza i partiti ha avvilito la dialettica che consentiva il confronto. Lo scambio di opinioni tra Giovanni Orsina  e Marco Follini nei giorni scorsi ha risvegliato la tanto desiderata dialettica ponendo alcuni quesiti di fondo che è il caso di approfondire.
Orsina nel suo scritto, da osservatore prezioso dei fenomeni politici, rappresenta la situazione italiana come divisa tra “barbari” che aspirano a “romanizzarsi” confrontandosi cioè con i “non barbari” e invita a non demonizzare i populisti perché quando questi raggiungono una maggioranza consistente bisogna prenderne atto e tentare compromessi. Immaginare un contrasto o una contestazione radicale, aggiunge Orsina, non consente la costruzione di una nuova politica e  non risolve il problema.
Si tratta di un dilemma antico gli ha risposto Marco Follini che fa riferimento al metodo e alla strategia politica che in ogni epoca è stata oggetto di una scelta da dover effettuare per raggiungere il risultato. E Follini, leader assolutamente perspicace, riconosce che si tratta di “una questione la più cruciale dei nostri tempi”!
A me sembra che questa scelta oggi sia più difficile che per il passato ma al tempo stesso  forse inutile per alcune ragioni contingenti legate al momento politico che attraversiamo.

Il Presidente del Consiglio on. Meloni  alla quale tutti riconosciamo grande carattere, sta operando un “trasformismo” per così dire “sistematico” del tutto sconosciuto e sfugge ad una contestazione seria perché fa il contrario di quello che ha detto per vari anni e che ha precisato nel programma elettorale. È diventata atlantica, e non lo era, europeista e non lo era ed è considerata ora moderata (e in uso pur sempre questo termine) ma ha rivelato la sua volontà reale nella proposta costituzionale che esalta all’ennesima potenza il personalismo dilagante

È profondamente vero che il populismo, qualifica principale dei “barbari”, (uso la interlocuzione di Orsina) si è diffuso per la crisi della politica dagli anni 90, per la fine dei partiti e il prevalere inevitabile appunto del personalismo essendo venuti a mancare i valori e i contenuti democratici che tenevano insieme i partiti. I “capi” hanno condensato in se stessi il riferimento e il contenuto politico, (si fa per dire) e hanno avvilito il dibattito politico divenuto senza consistenza e senza contenuti che protegge interessi dei singoli e dimentica gli interessi collettivi, il bene comune.

La politica è diventata per ragioni culturali e sociali che ancora non siamo in grado di individuare adeguatamente e di spiegare una cosa diversa da quella che ha significato negli ultimi decenni, e per questa carenza si cerca genericamente e populisticamente un rapporto diretto con i cittadini che il sistema rappresentativo aveva superato perché non più proponibile nello Stato moderno. E il rapporto con i cittadini è influenzato proprio dalla non politica, da hobby e dai social che possono essere davvero fuorvianti
Il personalismo, non il leaderismo, è diffuso, è una metastasi che ha infettato tutto l’organismo e la contestazione è tutta all’interno di questa patologia tra populismi diversi, di destra e di sinistra, ma pur sempre populismi. Il contrasto non è dunque tra chi vuole salvare la politica perché ha contenuti politici e valori da condividere, ma tra “barbari” che si sono apparentemente e falsamente “romanizzati”.

È vero quello che assume Follini che la compiacenza fatta ai “barbari” non ha ottenuto alcuna conseguenza neppure quando si è contestata una tradizione politica di tutto rispetto come quella che si è affermata fino agli anni 90. Tanti della vecchia classe dirigente hanno avuto un atteggiamento di diffidenza ma di attenzione al “nuovo” che veniva fuori che però non ha determinato…rinnovamento!.
È evidente che è sbagliato contestare il populismo come portatore del fascismo perché non si tratta di questo pericolo specifico, ma bisogna che qualcuno che ha a cuore lo Stato democratico si impegni a “vigilare perché la democrazia sia salva”. .
Ora se a volo d’aquila valutiamo quello che i gruppi parlamentari hanno fatto dagli anni 90 in poi, ci rendiamo conto che nelle decisioni prese c’è stata una corsa a chi era più populista, e il PD che doveva conservare nel suo DNA il vecchio contesto di partito politico ha ispirato e alimentato Tangentopoli immaginando che distruggendo i partiti potesse vincere la partita mai vinta alle elezioni; ha sposato le cose più pericolose proposte dalla lega e da cinque stelle assecondando un federalismo fasullo come le modifiche del titolo della Costituzione; ha approvato le leggi più disarmoniche rispetto al nostro ordinamento giuridico facendo prevalere un panpenalismo deleterio e ha votato il taglio dei parlamentari per assecondare cinque stelle, intaccando il principio sacrosanto della rappresentanza.
Se si tratta di “barbari” o di “romanizzati” non lo so!

So però che oggi ci troviamo di fronte ad un fatto nuovo e per evitare di “mettere in pericolo la democrazia”, bisogna impedire che venga approvata la autonomia differenziata e la modifica costituzionale che prevede il presidente del consiglio eletto dal popolo.  Sono queste le questioni che cambiano lo scenario politico perché se andassero in porto le due iniziative diventeremmo tutti “barbari”. Cambiare la Costituzione fittiziamente costituisce un ibrido che inficia la forma repubblicana. La democrazia costituzionale è finalizzata a limitare la maggioranza con una serie di pesi e contrappesi che caratterizzano la nostra Costituzione più di tante altre, e a garantire la limitazione da ogni potere. Giovanni Orsina sostiene che negli ultimi trent’anni il sistema italiano si è strutturato intorno a leadership e che sarebbe velleitario un ritorno ai partiti.

A mio parere è proprio per questo che non si può operare una riforma della Costituzione, perché le riforme si possono fare quando c’è una base concreta giuridica, istituzionale e politica sulla quale operare.  L’assenza dei partiti appunto e il personalismo dilagante (le leadership sono altra cosa!) non può che portare ad un personalismo… per così dire costituzionale come propone il Presidente del Consiglio. Ed è per questa ragione politica, oltre che per le tante questioni giuridiche, che è “anacronistico” statuire costituzionalmente la preminenza di una leadership senza una profonda modifica di tutti gli altri istituti.

Chi può contestare tutto ciò con autorevolezza e prestigio politico?!
C’è bisogno di qualcuno che risvegli la politica con i suoi valori che sono  in “sonno” ma non sono spariti, per mettere in sordina quel tanto di populismo che è in ognuno di noi e far trionfare la proposta politica, la politica.

La transizione politica è lenta, dura dagli anni 90 ma a mio parere sta per finire e per questo il mio ostinato ottimismo.

La conclusione non può che essere quella indicata da Orsina che i sistemi politici cambiano, che i “barbari” hanno fatto danni enormi, ma questa era la condizione necessaria per far tornare la politica. Non posso per mia formazione che ispirarmi ai corsi e ai ricorsi storici di vichiana memoria e aspettare…la politica!