di Erika Noschese
Una storia iniziata con la violenza, una separazione consensuale mai raggiunta e tre bambini costretti, alla fine, a stare lontano dalla loro madre. E’ la storia di Veronica Di Martino, una donna di Castellammare che, in occasione della festa della mamma, ha deciso di raccontare la sua storia, la storia di un diritto negato. Dalla giustizia, dal suo ex compagno, dagli assistenti sociali, da un sistema forse marcio che non si riesce a cambiare. «La mia è la classica storia di violenza, go sempre cercato una separazione consensuale per il bene dei miei tre figli», racconta la donna. Il suo ex compagno deposita la giudicale perchè non ha mai voluto trovare un accordo. La prima udienza sembra essere dalla sua parte: il tribunale decreta l’affidamento congiunto con domicilio a casa dellla madre. Poi, il giudice cambia, diventa ordinario: in udienza si stabilisce che il padre ha visite livere, il martedì e il sabato. Il 30 aprile 2017 qualcosa cambia: il papà può vedere i suoi figli ma con visita protetta, attraverso i servizi sociali. «Non ricordo l’attivazione di questo percorso, forse perchè non c’è mai stato – racconta ancora Veronica Di Martino – La procedura amministrativa prevedeva che il Comune mi convocasse, spiegandomi le motivazioni ma io ad un certo punto mi sono ritrovata un’assistente sociale a casa che mi ha comunicato il giorno e l’ora, sono stata obbligata a seguire i loro pensieri più strani, a qualsiasi ora senza rispetto per il mio lavoro». Nel mese di giugno del 2017 iniziano gli incontri ma i figli non vogliono stare con il padre così Veronica viene accusata di alienazione parentale. Durante uno degli incontri in presenza dell’assistente sociale, l’ex compagno non solo ammette la violenza ma anche il tentato omicidio. «A quel punto, mi rifiuto di continuare ma gli assistenti sociali piuttosto che verbalizzare il tutto accusano me», racconta ancora la donna sottolineando come il figlio 12enne avesse, in quel periodo, sviluppato un atteggiamento iper protettivo nei confronti della madre poichè aveva assistito a molte violenze domestiche. «Ad un certo punto, gli assistenti sociali chiudono mio figlio in una stanza, lo costringono a passare del tempo con il padre in un consultorio così scatta la mia prima denuncia verso gli assistenti sociali – racconta ancora la giovane mamma – Solo a quel punto scopro che tra il mio ex compagno e una degli assistenti sociali esiste un legame, personale e professionale ma nonostante questo il Ctu conferma la loro tesi». Nel frattempo, l’uomo stoppa anche il mantenimento e per qualche inspiegabile ragione la situazione si capovolge: attualmente i figli vivono con il padre: l’uomo, prima della sentenza, ha la residenza a casa dei genitori, dunque i bambini dovevano vivere con i nonni. Tempo quattro giorni e l’uomo si trasferisce a casa dell’attuale compagna. Si invertono i ruoli: è lei, ora, a dover passare gli alimenti a lui. E lei a poter vedere i figli solo in presenza degli assistenti sociali con visite protette. «La cosa grave è che i miei figli sono stati prelevati da scuola e gli assistenti sociali hanno preteso che raccontassi ai miei figli che dovevo allontanarmi per lavoro», racconta ancora la donna che, da febbraio, a causa dell’emergenza Coronavirus, non vede i figli. «Fino a febbraio potevo vederli una volta a settimana, per un’ora, presso una struttura a Gragnano», racconta ancora la donna, commercialista di professione, in attesa di ritornare dinanzi ad un giudice per riavere l’affidamento dei suoi figli. Nell’ultima relazione si legge infatti che tra gli ex coniugi i rapporti non sono ancora maturi e il giudice ha rinviato tutto al collegio. «In attesa che un collegio decida le sorti dei miei figli io ho perso Natale con loro, Capodanno, Pasqua e tutte le feste compresa quella della mamma», ha raccontato ancora Veronica che ora rivendica il suo diritto ad essere madre di quei figli che, ancora oggi, stanno scontando gli errori del loro papà: la più piccola, spesso, non riesce a trattenere la pipì, il secondo figlio si è chiuso nel suo silenzio, sviluppando una sorta di mutismo mentre il più grande ha addirittura aggredito sua madre fisicamente. Il tutto mentre chi è tenuto a decidere sembra continuare a prendere tempo mentre c’è una mamma che si sta perdendo gli anni migliori dei suoi bambini. Segno, forse, che la legge non è uguale per tutti, che troppo facilmente si abusa del termine “alienazione parentale”, che non sempre le relazioni degli assistenti sociali sono corrette e – soprattutto – che forse sarebbe il caso di ascoltare le parole dei bambini che si sa, non riescono a mentire e soprattutto sanno quanto importante è, nella loro vita, il ruolo di una mamma.