Giovanni Falci
La scomparsa del prof. Giuseppe Cacciatore è stata commemorata con il suo ricordo da tante persone.
Chi ne ha parlato da compagno di partito, chi da allievo universitario, chi da collega docente, chi da amministratore cittadino, chi da tifoso della Salernitana.
Il mio ricordo di Peppino Cacciatore è invece quello del compagno di viaggio.
Per tre anni io e Peppino abbiamo viaggiato – pendolari – sui pullman della SITA via autostrada sulla tratta Salerno Napoli.
Lui saliva a piazza XXIV maggio e teneva occupato il posto per me che salivo a piazza Casalbore; lui andava a Napoli a insegnare all’Università, io andavo a Napoli da studente della facoltà di architettura che ho frequentato dal 2003 al 2006, dai 48 ai 51 anni.
Il professore e l’alunno si potrebbe dire, ma in realtà non era così.
Peppino per me è stato in quegli anni l’amico che, senza essere chiamato o peggio ancora ricattato con una lamentela (sai che sono solo e non vieni a trovarmi), senza essere atteso, si è fatto vivo con affetto.
Io in quel periodo ero in un certo senso “solo” (è inusuale frequentare nei banchi universitari i corsi di laurea a quell’età) e lui lo aveva capito, ne sono certo, anche se non me lo ha mai detto e non gliel’ho chiesto.
In una società di relazioni facili, sbrigative e superficiali è importante avere dei rapporti interpersonali come l’amicizia che mi ha dato e che ho corrisposto a Peppino; la nostra è stata un’amicizia vera cioè gratuita, senza calcoli, senza vantaggi.
Peppino, inoltre, mi ha dato, in quelle ore di dialogo in pullman, la ricetta della cultura.
Tutti abbiamo incontrato eruditi altezzosi, incapaci di comunicare quello che sapevano, io ho però incontrato in quei viaggi, un maestro appassionato, un vero Maestro.
Essere colti, infatti, non è sinonimo di essere sapienti; la cultura che aveva Peppino e che riusciva a trasmettere, non era mero accumulo di dati, era mobilitazione della coscienza; le sue riflessioni erano un appello alla coscienza perché si attrezzi a giudicare, a scavare nei segreti dell’essere e della vita.
Ecco, per me Peppino è stato un Educatore nel senso etimologico di questo termine e cioè è stato quella persona che “conduce fuori” dall’altro tutta la sua ricchezza facendola sbocciare. Egli verso di me non si è mai atteggiato a magister che significa letteralmente “più”; non era pieno di sé, non voleva prevalere, avere sempre il primato.
Mi piace perciò ricordare Peppino per la grandiosità delle cose semplici e quotidiane che mi ha regalato; io ho sentito che mi voleva bene perché mi ha accolto con tenerezza, delicatezza, dolcezza, sentimento.
Grazie compagno di viaggio.