di Antonio Manzo
<Questa sera sono molto stanco e preoccupato. Le cose della Regione non vanno bene: la prepotenza dei sindacati e la slealtà delle forze politiche, la scorrettezza dei compagni di viaggio nella stessa compagine politica, l’intrigo, la malevolenza e l’affarismo sono fatti che scoraggiano a durare in questa inaudita quanto inutile battaglia contro il precipizio>. Mutuando e ampliando i vizi delle trattative per le coalizioni politiche si può dire che queste amare parole scritte nel diario del primo Presidente della Basilicata Vincenzo Verrastro (un’epoca giurassica 1974) possono essere interpretate dal clima velenoso dell’epoca ma tranquillamente trasferite nel bailamme politico del centrosinistra in vista delle prossime elezioni regionali. <Intrigo, malevolenza, intrigo e affarismo>. La Basilicata non è il Veneto, il Piemonte o la Lombardia. È la regione italiana in via di spopolamento, ma con una sua caratteristica antropologica di gente seria, che lavora, una stirpe geneticamente affidabile. Cosa è venuto meno nell’animo sociale e politico della Basilicata perché la politica stia offrendo allo scenario nazionale l’immagine peggiore del pur legittimo contenzioso politico fondato sulla idea di futuro di una regione speciale in via di spopolamento? Invece, si assiste ad un circo di uomini senza animali. Dove si è rifugiato lo spirito politico e comunitario che aveva espresso grandi leader politici nei partiti di massa della Repubblica da Emilio Colombo a Tommaso Morlino, a personaggi minori ma non meno significativi come lo storico comunista Nino Calice? Sono le domande che si pone l’opinione pubblica sulla lezione offerta dagli scomparsi campi lucani, per utilizzare la felice metafora di Paolo Mieli nel suo editoriale del Corriere della Sera che spiega l’impasse politico con le improbabili dinamiche nazionali. I contadini sono scomparsi insieme ai campi, È la realtà. Senza ricorrere alle fin troppo abusate interpretazioni di Carlo Levi o Rocco Scotellaro. Non c’è più campo in Basilicata, perché è scomparsa la politica laddove aveva un maggior fondamento politico, ideale, e concreto. Gli interrogativi finiscono per entrare anche nel dibattito sulla presentazione del libro, sabato prossimo a Potenza, scritto dagli storici Guido Formigoni, Paolo Pombeni e Giorgio Vecchio sulla “Storia della Dc” che proprio in Basilicata trovò importanti affinità con la storia democristiana mai fin troppo studiata a trenta anni dalla fine. A Potenza, e in Basilicata, il movimento dei Popolari di Sturzo trovò adesione a partire dalle parrocchie, per finire anche nell’antifascismo cattolico. Ma è con le idee ricostruttive di De Gasperi che prese piede la Dc con nuovi gruppi dirigenti arrivati dall’Azione Cattolica per finire poi in rilevanti posti di governo. Ma perché il crollo politico dell’oggi in una regione virtuosa che ha saputo tenere insieme l’impegno politico- culturale e lo sguardo mobile sul mondo che cambiava? Alla presentazione del libro parteciperanno pure i maggiori esponenti della Dc del Novecento (Tonio Boccia, Lillino la Morte, Peppino Molinari, Giampaolo D’Andrea, Angelo Sanza, Vincenzo Viti) testimoni della grandezza e della caduta della loro terra di Basilicata, quasi parallelamente alla storia democristiana. Non è più vivente Vincenzo Verrastro primo presidente nel 1970 dell’istituto regionale. Altri tempi, altre storie condite da progressi e inventiva sociale e politica (dopo il sisma nacque l’università di Basilicata). Basta rileggere il diario di Verrastro pubblicato dalla figlia Valeria per rendersi conto della fatica umana e per lui anche da missionario religioso in politica per riscattare la Basilicata nel Mezzogiorno e in Italia. Del tempo e dell’eterno: così Valeria Verrastro, storica, volle intitolare, anni fa, la pubblicazione di alcuni brani del diario del padre. Alta storia, altra gente che merita di essere ricordata nella storia della Dc nazionale e lucana. <In Basilicata – scrisse Verrastro – ho avuto occasione di operare, di esprimere una mia visione della vita e di potermi dedicare al mio prossimo, sia pure attraverso un servizio civile, con un impegno diretto che in altre collocazioni non mi sarebbe stato possibile». Il 14 ottobre 1970 fu eletto presidente della Giunta regionale: fu confermato nell’incarico nel 1975 e nel 1980. Uno dei suoi ultimi faticosi impegni fu la gestione dell’emergenza causata dal sisma del novembre 1980. Si spese molto per l’inserimento, nella legge sulla ricostruzione, degli articoli che istituivano l’Università di Basilicata: la nuova istituzione doveva essere il segno della decisa volontà di rinascere dalle rovine del terremoto. <Chi tenta di porre dei freni è osteggiato, è un anacronistico, è uno scomodo […] Di qui, il disgusto di rimanere in una scena tanto degradata> – scrisse ancora Verrastro nel suo diario. <Per rispondere a chi tenta di porre dei freni sto leggendo un profilo di De Gasperi, uomo cristiano. È affascinante! Come vorrei riprodurlo, nel piccolo, quell’esempio luminoso!> Oggi negli scomparsi campi lucani della politica c’è il deserto delle anime, rendendo i terreni un tempo fertili ora aridi.