Domani alle ore 21, il sipario del Teatro Verdi di Salerno, si leverà su “Cajka” di Anton Cechov, rivisitato da Massimo Ranieri e Giancarlo Sepe
Di OLGA CHIEFFI
Massimo Ranieri sarà protagonista, domani sera, alle ore 21, ospite del cartellone di prosa del Teatro Verdi di Salerno, di un nuovo e rivoluzionario adattamento cechoviano firmato da Giancarlo Sepe. Un affascinante incontro fra due protagonisti assoluti del teatro italiano, che per la prima volta insieme metteranno in scena uno dei testi teatrali tra i più noti e rappresentati di sempre: “Il Gabbiano” di Anton Čechov. Massimo Ranieri è il punto di vista esterno, l’Autore/Narratore, quasi un novello Stanislavskij, che dialoga con i punti deboli della vicenda, cercandone l’insuccesso. La chiave pare sia la ricerca della “musica” della pièce, che sarà risolta con improvvise digressioni melodiche, scelte nel repertorio della chanson française. Con Ranieri sul palcoscenico applaudiremo Caterina Vertova che darà voce ad Irina Nikolaevna, Pino Tufillaro che tratteggerà la tragicomica figura di Trigorin, Francesco Jacopo Provenzano il quale evocherà il trasognato Konstantin, il personaggio di Nina che è stato affidato a Federica Stefanelli, Martina Grilli che sarà Masa. Giancarlo Sepe ha visto nel giovane poeta Konstantin Treplev che vuole tentare vie nuove in letterature, la chiave per “contaminare” il capolavoro cekoviano con la musica. Siamo nella tenuta di campagna di due fratelli, Pëtr Sorin, magistrato in pensione e Irina Arkadina, celebre attrice, bella donna, elegante, superficiale, gelosa, avara, che convive con Boris Trigorin, mediocre scrittore di successo. L’Arkadina ha un figlio ventenne, Kostja Treplev, che non si sente amato dalla madre: aspirante drammaturgo, disprezza il tipo di teatro routinier da lei interpretato, sogna “forme nuove e se non ce ne sono, allora meglio niente”. Ha scritto un monologo sul futuro dell’umanità, prolisso, confuso, pieno di simboli decadenti: lo mette in scena nel giardino di casa, di fronte a un ristretto pubblico di ospiti della tenuta. A interpretarlo è Nina, una vicina di cui è innamorato. La madre critica il testo: Treplev, offeso, interrompe lo spettacolo. Nina vorrebbe fare l’attrice: infatuata di Trigorin, pronto a sedurla nonostante il suo legame con la Arkadina, decide di fuggire a Mosca per unirsi all’amante e cominciare la sua carriera artistica. Dopo un iniziale successo, Nina non riesce a “sfondare”. Abbandonata da Trigorin, da cui ha avuto un figlio morto dopo pochi mesi, rifiutata dagli impresari, accetta modeste scritture in provincia. Un giorno, dopo tre anni di assenza, ritorna, durante una tournée, nella villa dove vive Treplev, diventato intanto scrittore affermato, anche se insoddisfatto di sé. Nel loro ultimo incontro Treplev, ancora innamorato di lei, la scongiura di non partire, di rimanere con lui. Nina rifiuta: si sente simile ai liberi gabbiani che volteggiano sul lago di fronte alla villa, crede nel suo mestiere, ne accetta tutte le dolorose, umilianti fatiche, e riparte. Treplev, abbandonato da Nina, disperato, si spara un colpo di rivoltella. I personaggi del dramma sono tutti delusi della propria vita, in cui ognuno la mancato i propri obiettivi e trascina stancamente i propri giorni nel grigiore e nella noia. Il gabbiano, ucciso come per caso da un cacciatore mentre vola sul lago, è il simbolo dell’inutile sacrificio che ha stroncato la giovinezza di Nina. Ogni personaggio ha la sua storia che si incrocia con quella degli altri, senza trovare corrispondenze e approdi, nella stanca ripetizione di riti e abitudini familiari, dove anche l’amore (come quello della madre per il figlio) si tinge di amare e non confermate contrapposizioni. L’azione è giocata tutta come se ogni personaggio volesse parlare d’altro, dissimulando la sua vera pena profonda. Il rilievo cui i personaggi sembrano rinunciare è assunto dall’atmosfera che fece cadere lo spettacolo alla sua prima assoluta e che appunto Stanislavskij portò al successo, nella sua storica ripresa.