Doveva essere la notte del “fuoco sacro”, del riscatto sportivo, dell’unione ideale tra la Campania e le vette di Milano Cortina 2026. Invece, la giornata di ieri, domenica 21 dicembre, resterà scolpita nella memoria di Salerno non per l’emozione dei valori olimpici, ma come un monumentale esempio di disorganizzazione, sciatteria istituzionale e disprezzo verso il diritto all’informazione. La torcia è passata, il braciere si è acceso, ma la città è rimasta al buio. E non per un guasto alle luminarie, ma per un blackout comunicativo che ha reso invisibili i veri protagonisti della giornata: i trenta tedofori salernitani. Il paradosso è tanto amaro quanto grottesco: quanto si sapeva prima del passaggio della torcia olimpica è esattamente pari a quanto si sa ora che la carovana ha lasciato il Molo Manfredi. Nulla. Chi sono i trenta concittadini che hanno avuto l’onore di stringere tra le mani il simbolo di Olimpia dal Forte la Carnale fino alla Stazione Marittima? Chi sono le donne e gli uomini che hanno corso tra via Torrione, Corso Garibaldi e via Roma portando il messaggio di pace? Non è dato sapersi. Nonostante la presenza di colossi mondiali come Coca Cola ed Eni, nonostante il mastodontico apparato organizzativo del Comitato Nazionale Milano Cortina 2026, la gestione dell’evento a Salerno si è rivelata un guscio vuoto, una passerella autoreferenziale blindata in un silenzio incomprensibile. Non sono stati previsti comunicati stampa informativi, non è stata fornita una lista dei partecipanti, non sono stati predisposti stalli per la stampa né un press kit minimo. La redazione, insieme ai colleghi delle altre testate locali, si è trovata davanti a un muro di gomma. Seguire i tedofori è stato letteralmente impossibile: una gestione della mobilità e degli spazi che ha palesato una disorganizzazione strutturale a più livelli. Dall’organizzazione nazionale, che sembra aver considerato Salerno solo una “tappa tecnica” da smarcare velocemente, fino al Comune di Salerno, incapace di pretendere trasparenza e di tutelare il proprio tessuto sociale e mediatico. Il risultato è stato un evento che ha generato più danni e malumori che entusiasmo. Residenti bloccati, turisti disorientati e una stampa locale trattata con una superficialità che rasenta l’offesa professionale. A chi va ascritta la responsabilità di questo scempio d’immagine? La colpa è di un’organizzazione nazionale che cala dall’alto pacchetti preconfezionati senza curarsi dell’impatto territoriale? O è dell’amministrazione comunale, che si è limitata a fare da passacarte per un “piano sicurezza” che ha blindato la città senza però fornire l’anima del racconto? La verità è che ieri a Salerno è mancata la politica dei rapporti umani. Si è celebrata la “fiamma”, ma si è spenta la luce sulla trasparenza. Non un punto stampa post-evento, non un contatto per recuperare le informazioni biografiche di chi ha corso. Solo una sfilata di loghi di sponsor milionari su uno sfondo di totale disordine gestionale. Se il buongiorno si vede dal mattino, il percorso verso le Olimpiadi del 2026 parte con una gravissima macchia di elitarismo e inefficienza. In questo scenario desolante, la nostra testata sente il dovere di rivolgersi direttamente ai protagonisti “fantasma” di questa giornata.“Ci scusiamo profondamente con i trenta tedofori e con le loro famiglie. Avremmo voluto raccontare le vostre storie, il vostro impegno, l’emozione nei vostri occhi mentre percorrevate le strade della nostra Salerno. È stato però letteralmente impossibile conoscere i vostri nomi e cognomi a causa della totale assenza di collaborazione degli organi preposti. Siete stati privati della giusta menzione in un giorno che doveva essere storico, ritrovandovi ridotti a comparse anonime di un brand”. È inaccettabile che in un’epoca di iper-comunicazione, un evento di portata internazionale si trasformi in un “secret party” per pochi eletti nel villaggio olimpico, lasciando la stampa e la cittadinanza fuori dai cancelli della conoscenza. Salerno meritava di più. I valori sportivi non sono solo velocità e muscoli, sono partecipazione e condivisione. Valori che ieri, tra le pieghe di una Stazione Marittima bellissima ma muta, sono stati tristemente traditi.





