di Olga Chieffi
I teatri salernitani aprono le loro porte gratuitamente per l’intero mese di ottobre partecipando ad un progetto regionale che qui in città diviene una riflessione sulla tradizione partenopea “Qui fu Napoli…qui sarà Napoli”. Dove va il teatro napoletano? Sembra chiedersi il presidente de’ “La Città Teatrale” Ugo Piastrella che ha ideato e allestito questo cartellone. Spesso la domanda ritorna forte. Il pubblico considera Eduardo come l’ultimo esponente di una tradizione scenica dialettale che nata con Trinchera, Cerlone e Cammarano, ebbe il massimo splendore con Antonio Petito, Eduardo Scarpetta, Raffaele Viviani. In questa rassegna incontreremo i grandissimi, i più amati e conosciuti dal pubblico, ma andremo a conoscere insieme alle compagnie cittadine gli autori della nuova drammaturgia napoletana, da Annibale Ruccello a Manlio Santanelli sino alla noise e ai silenzi di Enzo Moscato. Questa sera saremo invitati ad un doppio appuntamento. Il sipario del teatro La Ribalta si leverà, alle ore 20,30, su uno dei capolavori di Eduardo Scarpetta “’Na Santarella”. Il 15 maggio 1889 al Teatro Sannazzaro di Napoli avveniva la prima rappresentazione di “’ Na santarella”, una delle più divertenti commedie di Eduardo Scarpetta. Con questo lavoro Eduardo Scarpetta stabilì un record di recite, circa mille. Lo spettacolo ebbe un successo strepitoso e costituì anche una grande fonte di guadagno, che determinò anche l’inizio di una nuova fase per la sua vita artistica. Fino ad allora Scarpetta era stato Don Felice Sciosciammocca, cristallizzazione d’arte, piacevole e gradita, ma forse ancora convenzionale nello svolgersi del carattere; nella Santarella il tipo di Don Felice, si può dire, quasi scompare: l’organista scarpettiano è della famiglia dei Tartufi, dei Don Abbondi. L’organista è ora un personaggio. Con lavoro metodico e capillare Scarpetta era riuscito a far diventare Don Felice un uomo comune, uno dei tanti, con i suoi difetti, con le sue piccolezze; l’aveva arricchito di quella umanità tanto necessaria alla comicità d’arte.Tutto questo grazie ad una indagine paziente e sagace delle figure napoletane di ogni giorno, della strada, grazie ad una conoscenza profonda del popolo napoletano. Eduardo Scarpetta modifica, trasforma, riscrive in napoletano la commedia francese M.lle Nitouche; tutto è napoletano in essa : i caratteri dei personaggi, l’ambiente, certe scene e certe trovate comiche aggiunte. Il nodo dell’azione rimane lo stesso, ma le risorse comiche nello svolgimento del lavoro sono schiettamente napoletane alla “ maniera “ di Scarpetta e così la vivacità meridionale viene fuori a lampi, a guizzi, sostenuta dall’organista, dall’educanda Nannina e da tutti gli altri divertenti personaggi della commedia. La trama è semplice : Don Felice Sciosciammocca è l’organista del convento delle rondinelle ma anche l’autore musicale delle operette del Teatro del Fondo.Una delle educande Nannina, detta Santarella, scopre questa seconda attività del Maestro. La sera del debutto della sua operina, la prima donna abbandona la recita. Lo salva dai guai proprio Nannina, che sogna il palcoscenico e con lui aveva provato di nascosto l’operetta. Nannina dovrebbe sposare un giovane tenete, ma lui non vuole sposare una ragazza che non conosce e per di più educanda. Ma la sera della recita vede Nannina e se ne innamora, non sapendo che è la sua promessa sposa. Tutto alla fine finisce bene: l’operetta ottiene il successo sperato e i due giovani sono felicemente sposi. Valentina Mustaro firma la regia per i dieci personaggi, Don Angelo Cannone – Fabrizio Carnevale, Don Felice Sciosciammocca – Antonio Carmando, Donna Rachele – Monica Peluso, Annina Fiorelli (Nannina) – Elena Pagano, Cesira Perrella – Valentina Mustaro, Eugenio Porretti – Dominique Barra, Celestino Sparice -Michele Cicchetti, Amelia – Antonella Caputo,Teresina – Marta Apicella, Michele (custode) – Massimiliano D’Amico. Il teatro La Mennola, farà invece uno storico passo indietro, con la rielaborazione di una interessante commedia di Pasquale Altavilla, autore sempre trascurato dalla critica, che scrisse per il glorioso teatro S.Carlino di Napoli, dove recitava ogni sera, tra il 1820 e 1848, oltre cento commedie di grande successo, alleviando con la sua comicità le tante difficoltà della vita dei napoletani e portando un interessante cambiamento nel teatro popolare. La figura del Pulcinella era sempre stata considerata quella di una maschera sciocca, di un servo senz’anima alla continua ricerca solo di grandi piatti di maccheroni. Altavilla propone un Pulcinella nuovo, più uomo che maschera, lavoratore onesto, laborioso e pieno di dignità. E’ interessante osservare che solo dopo questa innovazione apportata dall’Altavilla, che dà appunto il via alla dinastia di grandi interpreti di Pulcinella, come i Petito, Scarpetta, De Muto ed altri, fino a quella che ne diede Eduardo De Filippo, e la storia riprende.