Il Carro armato volante rapito. Una story tra americani e napoletani - Le Cronache
Attualità

Il Carro armato volante rapito. Una story tra americani e napoletani

Il Carro armato volante rapito. Una story tra americani e napoletani

di Oreste Mottola
“Che sia chiaro che tutto è cominciato da un furto. Non può finire così”, a Capaccio non usano perifrasi sul caso della sparizione del carro armato Sherman DD successivamente riapparso nel Museo di Piano delle Orme di Latina, legittimato da una decisione del Tribunale di Roma e del Mibact, il ministero dei beni culturali, all’epoca a gestione Franceschini. Il segretissimo carro armato galleggiante americano non è solo una questione di principio. E’ il carro armato che si vede nel film di Benigni «La vita è bella» è uno Sherman. E’ lo stesso che compare anche nel film «Il paziente inglese». E’ l’arma segreta del D-Day, il carro armato galleggiante che Eisenhower volle provare a Salerno. Un pezzo di storia della Seconda guerra mondiale. Se n’erano pure perse le tracce. Neppure il Patton Museum di Fort Knox ne possiede uno. Per quasi sessant’anni un esemplare si era “conservato” nel mare di Paestum. In segreto. La storia la racconta nel 1991 Marco Nese, giornalista cilentano del “Corriere della Sera” e sceneggiatore di alcune annate de “La Piovra”; “Quattro amici di Salerno, Paolo, Marcello, Gigi e Agostino, tutti appassionati di immersioni subacquee, scoprirono sul fondo del mare i resti di un velivolo tedesco, uno Junker, forse abbattuto dalle truppe alleate che il 9 settembre 1943 furono protagoniste dello sbarco di Salerno, l’operazione Avalanche. Eccitati dal ritrovamento, i ragazzi passarono un’intera estate a scandagliare le acque alla ricerca di altri relitti. Ebbero la fortuna di trovare anche un mezzo da sbarco e un carro armato americano, proprio lo Sherman, forse caduto da una nave durante le fasi di avvicinamento alla costa. Cominciarono a formarsi la convinzione che il golfo di Salerno fosse un autentico cimitero bellico. Ma all’improvviso una tragedia si abbatté sui quattro amici. Uno di loro, Paolo, durante un’immersione perse la vita. Gli altri, avviliti, abbandonarono le ricerche subacquee”. La morte di Paolo non li ferma, si sa la fortuna aiuta gli audaci soprattutto se si imbattono in Peppino, vecchio e coriaceo marinaio di Agropoli. Peppino racconta una storia strana e appassionante. C’era un punto, a poche miglia dalla costa, considerato dai marinai una vera maledizione. Quando gettavano le reti in quello specchio d’acqua, non riuscivano più a tirarle su. Rimangono aggrappate a qualcosa di misterioso che doveva trovarsi sui fondali. Ci volle tempo, ma alla fine i tre amici furono in grado di individuare il punto esatto di cui parlava il vecchio marinaio. Sotto, a 24 metri di profondità, li aspettava una grande sorpresa. Trovarono un carro armato. Uno strano carro armato. Tutt’intorno era fasciato di gomma, come se fosse posato all’interno di un canotto. E dietro aveva due eliche. Attorno al cannone e al portellone erano impigliate decine di reti strappate ai marinai. Il comune riprende il percorso per ottenere la restituzione dello Sherman , il carro armato anfibio supersegreto perso nel 1943 e “sfilato” a Paestum due decenni fa. La vicenda, da questo punto, si fa davvero avvincente. La segnalazione dell’incredibile ritrovamento allerta la marina degli Stati Uniti, che nel giugno 2000 invia a Salerno nientemeno che la famosa unità USS Grasp, specializzata in recupero relitti. Dopo quattro giorni, a un pelo dal successo gli americani abbandonano l’impresa. Lo avevano imbracato e issato fin quasi in superficie, quando la cima si spezza e DD ritorna sul fondo. Via gli americani, ecco i napoletani della Tekmar. Modeste attrezzature, un semplice pontone con gru girevole, riesce nell’impossibile recupero. Usano l’inventiva. Il trucco? Svuotano lo Sherman dall’acqua per renderlo più leggero e lo issano ruotandolo di 90 gradi, così da opporre minore resistenza alla pressione. I “Davide” napoletani sconfiggono i “Golia” americani. La regia è di Mario De Pasquale che ha creato a Borgo Faiti, in provincia di Latina, il più grande museo europeo di mezzi bellici. Lo ha chiamato «Piano delle orme». Quando un regista deve girare scene di guerra va da lui. “Allora, diciamo così ci fu una sorta di sottrazione con destrezza. Gli americani avevano fallito le loro operazioni di recupero, tre giorni non erano bastate, erano dovuti andare via.…”. Il resto lo fecero gli americani del Patton Museum di Fort Knox, nel Kentucky che continuavano a confondere i diversi protagonisti della storia . Impossibile che abbiate trovato uno Sherman DD, perché questi carri – era la loro tesi – non furono usati nello sbarco di Salerno, ma solo nell’ invasione della Normandia nel giugno del ‘ 44. Per convincere gli scettici dirigenti del museo americano, i tre amici filmarono il carro e spedirono la cassetta negli Stati Uniti. Appena videro quelle immagini, gli americani si precipitarono a Salerno. «Non sappiamo come sia finito lì – dissero -, ma effettivamente si tratta di uno Sherman DD”. Ma tutto era già successo. ARMA SEGRETA – Nel frattempo a Washington hanno risolto il mistero di quel carro nelle acque del Tirreno. La verità è saltata fuori da alcune carte ritrovate negli archivi. Esse rivelano un capitolo della Seconda guerra mondiale finora sconosciuto agli storici. Risulta che il generale Dwight Eisenhower (eletto poi presidente degli Stati Uniti) aveva deciso di compiere un esperimento nel golfo di Salerno con uno Sherman DD. Il generale considerava quei carri l’ arma segreta da schierare in seguito nell’ invasione della Normandia. Mentre il mezzo blindato veniva messo in acqua, una sporgenza della nave aveva lacerato il gommone che gli permetteva di galleggiare. Quattro uomini si erano salvati e uno era affondato con il carro.”Rimesso a nuovo”. De Pasquale trova una ditta napoletana disposta, in cambio di 20 mila euro, a compiere l’impresa con un pontone enorme. Il mezzo è stato rimesso a nuovo. Prima è stato lavato a fondo con acqua dolce. La patina di sale che lo ricopre è rimossa. Ogni singolo ingranaggio, anche la più piccola vite, tutto è stato trattato con oli speciali. Alla fine il carro è stato rimontato e sembrerà praticamente nuovo. In funzione è anche il motore.
E I CAPACCESI? Con un palmo di naso restano ad osservare e sperare che la magistratura o il Ministero ne ordinino la restituzione. Del Museo locale dedicato allo “Sbarco” non vi è traccia e meno che mai avrebbe senso l’andare a ricollocare il carro armato nel fondo del mare o in una sezione del Museo Archeologico. L’ultimo “schiaffo” è nella dichiarazione di «bene di sopravvenuta culturalità»: che non poteva essere «privatizzato» e pertanto ne disponeva la restituzione allo Stato circostanza pienamente assicurata dal museo di Latina. Ragionamento inoppugnabile quello del giudice.
RIASSUNTO:
Un carro armato sul fondo del mare, parzialmente sepolto dalla sabbia, rimasto in quel punto da 76 anni. Poco distante, un vecchio mezzo da sbarco statunitense carico di munizioni. Sono stati ritrovati in una immersione dai palombari della Marina Militare, che hanno ispezionato le acque antistanti il litorale di Capaccio-Paestum (Salerno). Probabilmente i mezzi sono affondati il 9 settembre 1943, quando le truppe Alleate sbarcarono proprio a Paestum per poi marciare verso Napoli; sarebbero rimasti lì da 83 anni, dimenticati, fin quando i palombari non li hanno riscoperti. I sommozzatori della Marina Militare hanno trovato, all’interno del mezzo da sbarco, diverse casse di munizioni di vario tipo e numerosi rotoli di miccia.