Il boss Pasqualino Garofalo (nativo di Torre Annunziata), esponente del clan Giffoni e dell’omonima cosca, condannato per una serie di reati (tra cui gli omicidi) e aggravati dal metodo mafioso resta al 41 bis. Lo ha deciso la Corte di Cassazione respingendo il ricorso del 61enne e confermando quanto aveva deciso l’anno scorso il giudice della Sorveglianza di Roma. Il Tribunale di sorveglianza parla di nutrita biografia criminale di Garofalo, che è risultato essere elemento di rilievo del clan camorristico Giffoni, operante nel territorio campano di Battipaglia e zone limitrofe e di collegamento con gli ambienti criminali napoletani. Nei suoi confronti di recente c’è stata una condanna per concorso in traffico di stupefacenti aggravato dalla finalità di agevolazione del clan Giffoni federato con il gruppo facente capo a Garofalo, mandante dell’omicidio di Marano Fortunato avvenuto a dicembre del 2001 (fascicolo riaperto dopo 18 anni) per vendetta trasversale contro il collaboratore di giustizia Pasquale Galasso (cognato della vittima), aggravato al fine di agevolare il clan omonimo alleato al clan camorristico Giffoni”. Lo stesso Garofalo (condannato per l’omicidio Frasca nella foto) a fronte dei tantissimi reati gravi commessi ed accertati con sentenze definitive “si dichiara ostinatamente estraneo”. Poi la Cassazione aggiunge. “Il Tribunale di sorveglianza di Roma ha correttamente valutato gli elementi risultanti dagli atti, soffermandosi sulle circostanze riportate in punto di fatto e argomentando dalle stesse, con motivazione congrua, adeguata e priva di erronea applicazione della legge penale e processuale, la sussistenza dei presupposti legittimanti la proroga del regime penitenziario differenziato”, ha scritto la Cassazione nel motivare il rigetto del ricorso per un carcere meno duro del 41 bis.
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