I morti del 21 giugno 1943: la storia dimenticata - Le Cronache Salerno

Son passati 81 anni dal primo bombardamento sulla citta di Salerno nel corso della seconda guerra mondiale, pure la collettività cittadina persevera nella sua poca conoscenza esatta degli accadimenti. In città si continua a considerare l’evento al singolare, come il contemporaneo bombardamento di Battipaglia, ignorando che in città gli eventi furono esattamente due. Il primo alle 13 e 15 fu operato da bombardieri americani. Di questo primo le descrizioni sono state molteplici rilasciati da storici accreditati che lo localizzarono prevalentemente nella periferia orientale fino alla stazione ferroviaria fino all’asse mare monti di via dei Principati. Il secondo bombardamento colpi la citta nella stessa notte e anche se fu annotato e descritto da Michele Scozia nel suo resoconto non è mai diventato di conoscenza collettiva. Di questo ci sono poche le descrizioni pervenute perché tra i due eventi una buona parte di cittadini aveva già sfollato la città in autonomia. Il bombardamento notturno, che gli storici militari datano al 22 giugno, fu operato dalla Raf colpendo in modo massiccio la parte occidentale. Gli obiettivi prefissi erano le tante caserme della città, come ancora oggi presenti e visibili nelle vie Duomo, Sant’Eremita, Bastioni, San Benedetto e porto. Tutte quella notte furono sfiorate ma non colpite, gravissime invece furono le conseguenze patite dai civili, mai numericamente censite con precisione, in particolare diverse furono le vittime civili di San Giovanniello e in piazza Sant’Agostino. Di quel bombardamento ci sono stati pochi resoconti questo qui riproposto è il tramandato orale di mia madre, abbastanza particolareggiato nello svolgersi degli eventi. “Quel giorno, il 21 giugno 1943, dopo il bombardamento dell’ora di pranzo, che avevamo seguito dai nostri terrazzamenti posti in alto sul rione Canalone, le ore passarono nel rincorrersi frenetico delle tragiche notizie portateci da chi era stato sorpreso in città e da chi, dopo il bombardamento dell’ora di pranzo, era sceso in città per andare in soccorso dei feriti. Tutti i racconti tragici di quei momenti non incisero sugli abitanti del rione Canalone, nessuno colse l’idea di scappare, anzi il rione cosi infossato nella gola era considerato più sicuro della città tanto che molti ospitarono per la notte parenti dei rioni posti più in basso. I miei genitori non presero neppure in considerazione la possibilità di sfollare, come avremmo fatto con la vacca nella stalla? Era un bene che ci garantiva un minimo di sussistenza con il latte. Consumato o venduto ci permetteva di integrare le ridotte razioni del tesseramento annonario. Quella sera dormimmo nei consueti giacigli di casa. I fatti del giorno, la tensione impedì un sonno rapido e tranquillo. Lì nel buio pesto non erano passate che alcune ore di un sonno vigile, che ci risvegliò e sorprese un insolito chiarore filtrare dalla porta di casa. La porta, era posta sul retro della casa a fronteggiare l’irta collina, mentre le finestre del fabbricato erano affacciate sulla città. Allora tutte le finestre poste lungo la strada erano oscurate da carta di giornali e dovevano essere tenute chiuse serrate affinché non filtrasse luce verso l’esterno. Cosi erano, mentre al contrario la nostra porta, per permettere il ricambio dell’aria e rinfrescare la casa dal primo caldo del periodo era tenuta completamente aperta. In casa dormivamo in sette in due soli vani mentre un bagno e una cucina erano posti esternamente al corpo di fabbrica. Mio fratello fu il primo a notare l’insolito chiarore entrare dalla porta e allarmare tutti. Egli fu lesto a uscire, anticipando tutti noi e anche i genitori. Ci precipitammo tutti fuori e vedemmo lo spettacolo incredibile del cielo tutto illuminato. La notte si era fatta giorno grazie a decine di torce cadenti. Queste erano sorrette da bianchi paracaduti che lentamente scendevano sulla città. Un aereo bengaliere li aveva lanciati per mostrare gli obiettivi ai piloti dei bombardieri in avvicinamento. Mio fratello uscito per primo, già con il cuscino in mano, gridava come un invasato, “bombardano!. fujmmo…Pigliat i criatur……bombardano!” Gridava scappando in avanti verso la collina. Lo seguimmo, io e l’altro fratello minore, con cuscini e lenzuola, mentre mamma e papà si attardarono per coprire e portare tra le braccia le due sorelle che neppure camminavano. Nonostante il trambusto fatto, i nostri vicini non si erano svegliati, allora mamma e papà risalendo su per l’irta collina si sgolarono per allarmarli e farli mettere in salvo. Dopo pochi secondi incominciò un violento bombardamento su Salerno, un inferno di fuoco. A differenza di quello del mattino vedevamo solo i lampi degli scoppi delle esplosioni. Sentivamo gli aerei ronzare senza scorgerli per com’eravamo accecati dai bengali, neppure vedevamo sganciare le bombe, sentivamo il sibilo per scorgere il bagliore dello scoppio al momento dell’impatto. Quanto durò, non saprei raggiunti i terrazzamenti recitavamo le preghiere cui si univano i tanti che si erano precipitati dal rione, risalendo la gola da ogni lato, da ogni sentiero. Nascosti in ogni naturale anfratto, centinaia di Canalonesi, mentre pregavano, s’interrogavano se mai potessero bombardare anche lassù. Spentisi i bengala, finito il bombardamento, allontanatisi i bombardieri, restò un silenzio irreale. Neppure la consapevolezza di averla ancora scampata ci fece gioire eppure eravamo in centinaia su per la collina. Se la luminosità dei bengala aveva facilitato la fuga dal rione, il buio che gli aerei lasciarono dietro di loro non rese possibile un’agevole ridiscesa verso le case. Restammo nella boscaglia ad aspettare l’alba. Un’alba che mostrò una città martoriata e fumante sotto di noi“. Noi Maestri del Lavoro di Salerno, partendo dal racconto di Antonetta Rinaldi, dodicenne all’epoca, incrociando le testimonianze di altri ascoltati negli anni abbiamo potuto ricostruito diversi impact bombing dell’evento notturno tanto che lo scorso anno in occasione dell’80° abbiamo realizzato un opportuno trekking urbano divulgativo. Un trekking che siamo sempre pronti a ripetere per tutti quelli che ancora credono come unico evento il bombardamento del 21 giugno 1943. Riguardo alle vittime di quella notte, proprio noi Maestri ci siamo resi promotori per collocare una targa a ricordo delle vittime di quella notte a San Giovanniello.

Giuseppe Mdl Nappo