Gubitosi: “Non siamo solo un esempio virtuoso, ma un’azienda culturale su cui investire” - Le Cronache
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Gubitosi: “Non siamo solo un esempio virtuoso, ma un’azienda culturale su cui investire”

Gubitosi: “Non siamo solo un esempio virtuoso, ma un’azienda culturale su cui investire”

“Non possiamo pensare di fare scelte per conto dei nostri giovani che devono essere coinvolti nei processi decisionali che fanno riferimento al loro futuro. Nessuno ha il diritto di estrometterli. E’ la mia storia che mi dà il diritto ed il dovere di dire queste cose di cui mi assumo la responsabilità. Tutto questo, in particolare al Sud, che non deve avere paura di crescere perché può rappresentare una speranza per tutto il nostro Paese”. È questo il senso dell’accorato appello di Claudio Gubitosi, ideatore e fondatore di Giffoni, alla trentasettesima edizione del Premio Sele d’Oro. La riflessione di Gubitosi si è rivelata da subito coraggiosa, un ragionamento dirompente e per certi versi spiazzante in riferimento a tematiche di grandissima attualità: la crescita e lo sviluppo del Mezzogiorno, l’impiego delle risorse europee, il ruolo dei giovani e l’esigenza di valorizzarne protagonismo e dinamismo. “Mi sono chiesto – ha così esordito – quale poteva essere il mio contributo di pensiero su un tema come la cultura nello sviluppo del Sud. Giffoni è certamente una storia di successo con percorsi innovativi e prospettive straordinarie. Ma oggi non voglio parlare solo di Giffoni. Oggi ho il dovere di dire altro, di ampliare il mio ragionamento. Devo farlo per le nuove generazioni”. Una riflessione che parte dalla valutazione su due anni complicati, segnati dalla pandemia: “Mentre le fragilità che sono emerse – ha spiegato – hanno portato alla chiusura di tante iniziative, la nostra risposta a queste fragilità è stata la determinazione insieme al senso di responsabilità di chi è azienda culturale e proprio per questo non può fermarsi. Giffoni non si è fermato, non ha abbandonato nessuno. E’ una cosa che rivendico con orgoglio”. Una riflessione che ha a che fare con un Mezzogiorno proiettato verso l’Europa: “Siamo alla vigilia di alcuni eventi straordinari – ha continuato – che porteranno sui nostri territori una marea di miliardi che non abbiamo mai avuto modo di avere né di spendere. Mi riferisco all’incrocio tra la nuova programmazione comunitaria e le risorse del Recovery Fund”. Il primo punto è quello relativo ai fondi europei 2021-2027: “Siamo arrivati – ha spiegato – alla quarta programmazione comunitaria. Già alla seconda si diceva che sarebbe stata l’ultima occasione di sviluppo. Cos’è successo allora? Gli obiettivi non sono stati raggiunti? Come sono state spese queste risorse? Perché siamo ancora fragili e incapaci di andare avanti senza aiuti? Non posso non rilevare come spesso i fondi stanziati non abbiano prodotto del tutto quella rivoluzione annunciata e auspicata, ad esempio sul piano occupazionale. Spesso si è passati dall’entusiasmo di una comunicazione trionfalistica all’oblio più totale, senza poter evidenziare coerentemente gli effetti dell’impiego di queste risorse. Non possiamo non sottolineare la tristissima circostanza che nonostante le risorse stanziate, arrivate e spese, il Sud continui ad impoverirsi, a spopolarsi, a perdere energie vitali. Come non si può reagire, di fronte ad una regione stupenda quale è la Calabria che continua a non trovare pace sulla pelle dei suoi cittadini e dei suoi tantissimi giovani. Non tocca a me individuare gli strumenti. Il mio compito è quello di promuovere spazi di confronto, aprire le menti a nuove progettualità”. Poi c’è l’opportunità rappresentata dai fondi del Pnrr: “Il programma – ha aggiunto – non a caso si chiama Next Generation Eu. Vi chiedo: si può mai continuare su una strada in cui nella scelta e nella gestione dei progetti che devono realizzarsi, in particolare al Sud e destinati alle nuove generazioni, non si preveda il coinvolgimento dei nostri giovani? Insomma, si parla di loro, ma senza di loro. Si usano i loro soldi, quelli che dovranno restituire con gli interessi, senza dare loro la possibilità di gestire queste risorse. È una contraddizione enorme e che va sanata. È un percorso sbagliato che le Istituzioni devono correggere. Faccio appello, al nostro Presidente De Luca perché si attivino meccanismi non di controllo o di gestione ma di accompagnamento dove le migliori intelligenze giovanili possano leggere i progetti, verificarne la validità e l’utilità e anche la ricaduta sul loro presente e futuro. Il rischio potrebbe essere quello di ripetere i tanti errori del passato: annunciare grandi rivoluzioni per poi constatare di stare in una condizione peggiore della precedente. È un lusso che non possiamo permetterci. Alle sollecitazioni già avanzate al Presidente Vincenzo De Luca – ha spiegato – si aggiungerà la richiesta di un incontro analogo con i Ministri del Sud, dell’Ambiente e del Turismo. C’è l’esigenza di fare rete, non possiamo attendere che ciò avvenga”. C’è da dare un indirizzo chiaro alla cultura, serve programmazione, sono necessarie scelte fatte con convinzione se davvero si vuole puntare sulla più importante industria di cui l’Italia dispone, in particolare al Sud, quella culturale: “In questo campo – ha detto – la grande novità dovrebbe risiedere, sia per la nuova programmazione comunitaria che per il Recovery Fund, in un indirizzo finalmente chiaro. La mia riflessione non fa riferimento, nel momento in cui parlo di cultura, con la visione di un evento. Sono orgoglioso di aver promosso un’azienda che lavora e produce tutto l’anno, che dà occupazione in modo stabile. Se abbiamo dimostrato di poter realizzare, anche con modesti investimenti, tutto quello che abbiamo oggi anche con strutture all’avanguardia e di successo in una dimensione internazionale, allora non si può non continuare ad avere fiducia e sostenerne il prossimo sviluppo. In materia di cultura, questo è un momento delicatissimo, strategico dove la politica deve svolgere un ruolo di primaria importanza. Ancora una volta mi appello alla sensibilità del Presidente De Luca perché nella nuova programmazione comunitaria ci sia una linea chiara di promozione, sostegno e sviluppo. Mi auguro che a Bruxelles si vada a discutere, dando spazio e priorità alla nostra più grande risorsa, in un Sud con poche infrastrutture ed un tessuto produttivo non proprio competitivo. Cultura, ambiente e turismo rappresentano concretamente gli assi intorno a cui costruire lo sviluppo possibile in una logica aziendale, produttiva e continuativa. Dopo mezzo secolo di storia – ha sottolineato Gubitosi – gli esami li abbiamo superati. È perciò arrivato il momento, sia per i finanziatori che per gli operatori culturali finanziati, di rendere condivise le opportunità. Abbiamo una forte identità nazionale ed un respiro internazionale, siamo noi che insieme a Regione e Stato dobbiamo trovare questa occasione reciproca e sfruttarla. E’ questo, a mio avviso, il ruolo politico che la cultura può e deve svolgere in un Paese dalla storia unica al mondo come l’Italia, con particolare riferimento al Sud, culla della nostra civiltà, da sempre laboratorio di pensiero. C’è ancora tanto compiacimento, ai limiti del narcisismo e anche tanta improvvisazione. Siamo prima di tutto noi a doverci sforzare per far sì che la nostra Regione possa essere dichiarata tra le più creative d’Europa. Siamo vivaci, creativi, felici, carichi di energia. Non è la prima volta che lo dico – ha spiegato – e questa non deve essere vissuta come una critica o un’analisi professionale. La mia storia mi obbliga a dire e dare suggerimenti. Chi non vorrebbe che la propria Regione fosse citata come la più creativa di Europa? Bisogna passare dallo slogan ai fatti. Le responsabilità non sono solo delle amministrazioni, dei soggetti chiamati a investire, sostenere, finanziare, ma prima di tutto dei creativi che sviluppano progetti culturali. Ancora oggi sembra impossibile poter avere una progettazione culturale per i prossimi tre anni. Se non c’è, di cosa parliamo? Quali flussi turistici andremo a intercettare? A volte vediamo una resistenza all’innovazione, contrapposta a una consistente forza a restare in un mondo di negazionisti delle teorie di Darwin: per costoro, infatti, l’evoluzione delle specie culturali non esiste o non dovrebbe esistere”. Giffoni non può essere considerato solo un esempio virtuoso, può e deve essere invece un riferimento in campo di cultura: “Non con coraggio né con determinazione, ma con convinzione immaginerei un ulteriore investimento su Giffoni – ha concluso il direttore – Rappresenta una certezza in termini di opportunità per accelerare un processo di crescita che non riguarderebbe solo la nostra realtà territoriale, ma l’intera Campania, attraverso il completamento della Multimedia Valley con il Campus e gli Studios, che rappresentano gli strumenti per fare della creatività e della formazione in Campania una vocazione più radicata. E poi valorizzare il territorio attraverso un sistema di viabilità e di mobilità che sia efficace e moderno. Bene quanto si sta facendo per l’Aeroporto di Pontecagnano: noi possiamo fare molto per il suo sviluppo e molto intendiamo fare. Credo nella sinergia con il territorio. Ed è la storia di Giffoni a testimoniarlo”. Poi l’appello finale: “Dobbiamo perciò stare attenti. Questa ubriacatura di fondi, se non ben indirizzati, può rivelarsi un disastro e avremmo così perso l’occasione storica”.