di Andrea Pellegrino
Sì alla proposta di Cronache anche dall’imprenditore salernitano Adolfo Gravagnuolo. «Sono pienamente d’accordo – dice – più che una strada, gli si intitoli una importante piazza».
La figura di Vincenzo Giordano? «Io sono nato negli anni ’50 e le persone che si affacciavano alla politica erano ispirate da un sentimento nobile. Con l’avvento degli anni ’80 i politici “nobili” piano piano sono andati in erosione. Vincenzo Giordano è stata una figura nobile della politica salernitana».
La figura di Vincenzo Giordano sindaco?
«Dall’inizio degli anni ’70 fino alla metà degli anni ’80 la figura del sindaco, nella nostra città, è stata precaria e assimilabile ad una porta girevole. I salernitani per quindici anni non si sono più identificati nel loro sindaco. Pertanto con la fine del sindacato di Alfonso Menna e fino al sindacato di Giordano abbiamo avuto un forte vuoto riempito all’improvviso dal laboratorio socialista e il riferimento principale del laboratorio è stato Vincenzo Giordano».
Cosa era questo laboratorio?
«Le trasformazioni, fisico – strutturali della nostra città da tempo erano ferme alla zona industriale, e alla scelta di costruire un porto in piena città. Dopo circa venti anni il laboratorio socialista ha identificato delle innovazioni strutturali che hanno inciso negli anni seguenti. Si incominciò con la ristrutturazione del Corso Vittorio Emanuele. Vi fu un forte fermento culturale, una partecipazione degli intellettuali salernitani, dei circoli culturali e delle associazioni di categoria. Questo è stato il laboratorio. Vincenzo Giordano ha partecipato a tutti i dibattiti assimilando le varie proposte ma con il piglio decisionista incominciò a realizzare i famosi cambiamenti». La gente sosteneva questo laboratorio?
«La risposta è in un dato statistico del tempo: unica città italiana in cui il partito socialista salernitano raggiunse oltre il 33 per cento dei voti. Questi dati orientano una valutazione statistica del tempo ad una adesione al laboratorio. Ci tengo a precisare che la valutazione che dò è sul piano storico e non sul piano partitico politico. E nessuno mi può smentire su questi dati».
Quali opere più significative del cambiamento?
«Due sono le più significative: il trincerone e la lungoirno»
Un rapporto personale con Giordano?
«E’ stato splendido e per poche occasioni. Ho ammirato l’alta moralità della persona e il senso di ragionamento. Tre sono gli episodi che voglio ricordare: ho fatto parte della commissione che ha ospitato il primo maggio del ’91 la prima partita della Nazionale di calcio a Salerno. Giordano si è fidato ciecamente dell’aspetto cerimoniale e la sua presenza è stata non invadente ma sempre di aiuto e controllava tutto senza che tu te ne accorgessi. Il sabato sera precedente la partita ospitammo le più alte cariche europee del calcio. Salerno con a capo il sindaco Giordano ne uscì benissimo. Secondo episodio: Giordano nel 2001 volle a tutti i costi che io fossi scelto come futuro sindaco della città prelevato dalla società civile. Gentilmente declinai l’invito ma mi recai all’albergo Mediterranea per la convention del centrodestra. Giordano con il garofano rosso, con alle spalle una bandiera rossa, tenne un intervento di altissimo livello politico-amministrativo, era alleato del centrodestra ma mantenendo con fermezza i suoi ideali socialisti ebbe l’applauso più prolungato della serata. Vidi in quell’intervento la reazione dignitosa di chi ingiustamente era stato colpito negli anni precedenti e ne era uscito estremamente pulito. Quella sera ho amato questa figura. Terzo episodio: mi sono ritrovato una mattina presso la stanza del sindaco Giordano. All’improvviso una signora del popolo riuscì a eludere la sorveglianza dei vigili, entrò di scatto e chiese una piccolissima abitazione perché viveva in strada. In poche ore, la sera stessa, Giordano sistemò la povera signora. Credo che facesse il sindaco bene».
Il periodo della Tangentopoli…
«Ancora oggi quando in televisione, fortunatamente molto meno vedo Di Pietro penso ad una cosa molto chiara. Bisognava debellare il sistema dei finanziamenti illeciti ma non si poteva mandare a casa una maggioranza di politici seri e perbene che avevano contribuito a fare l’Italia e a distribuire in modo equo la ricchezza, gli anni ’70 devono essere rivalutati. Credo che Di Pietro sia stato con il pool di Mani Pulite eccessivamente impulsivo e si è fatto travolgere dagli eventi. Da questa analisi emerge la figura di Giordano, il lato buonissimo della prima Repubblica e un ventennio che ancora oggi definisco caotico».