Avrebbe favorito il figlio nell’ambito di una serie di progetti scolastici che sarebbero stati indebitamente affidati allo stesso. Nuovi guai per la dirigente scolastica dell’istituto tecnico Genovesi Caterina Cimino, già indagata per ingiuria, diffamazione e lesioni personali ai danni di una docente, finita ora nuovamente sotto la lente di ingrandimento della Procura con l’accusa di abuso d’ufficio. L’avviso di conclusione delle indagini è stato notificato alla Cimino nei giorni scorsi dai carabinieri della compagnia di Salerno diretti dal capitano Iervolino: sul registro degli indagati oltre a lei e al figlio Francesco Perillo, presunto beneficiario della condotta, sono finite altre quattro persone tutte in servizio presso l’istituto tecnico in questione e che hanno fatto parte del gruppo operativo di piano che seleziona i candidati per l’affidamento dei progetti finiti ora sotto la lente di ingrandimento della Procura. La vicenda, al vaglio del sostituto procuratore Maurizio Cardea, nasce da un esposto presentato in Procura proprio da uno dei candidati che sarebbe stato “scalzato” dal Perillo. Il primo progetto sul quale si è acceso il faro della Procura è “Innovadidattica” effettuato presso il Genovesi nel 2010. Secondo l’impianto accusatorio formulato dal magistrato Maurizio Cardea, titolare del fascicolo, ad aggiudicarsi il bando fu un candidato scalzato poi, indebitamente, dal Perillo che si era invece classificato secondo. Proprio sulla legittimità di quell’esclusione si sono concentrati gli inquirenti che hanno poi contestato, in relazione a quell’esclusione, l’ipotesi di reato di abuso d’ufficio. Il progetto, retribuito per 80 euro all’ora, avrebbe fatto percepire al Perillo circa 4.800 euro.
Nuova tegola giudiziaria, quindi, per Caterina Cimino che, il prossimo febbraio, dovrà presentarsi davanti al Gup in seguito ad un caso di “mobbing” denunciato da una docente dell’istituto tecnico Genovesi, la professoressa Teresa Masi. I fatti, oggetto di questo secondo procedimento giudiziario, risalgono al periodo compreso tra il 2008 e il 2009 quando la professoressa Masi, che per seri problemi di salute doveva sottoporsi a delle sedute di radioterapia, sarebbe finita nel mirino della dirigente scolastica che, secondo la tesi della Procura fondata sulla denuncia della professoressa, coglieva ogni pretesto per umiliarla. Il pubblico ministero ricostruisce nell’avviso di conclusione delle indagini la “sequela di condotte vessatorie, ingiuriose, minatorie, diffamatorie tese – scrive il magistrato – ad alienare la stima professionale della docente, ad annientarne la persona, ad isolarla nel contesto lavorativo». Tutto ciò, a parere della Procura, avrebbe avuto gravissime conseguenze sullo stato di salute della donna sprofondata in una forte forma di depressione ansiosa. Le condotte del dirigente, che secondo l’impianato accusatorio avrebbe agito senza tenere minimamente conto della grave patologia tumorale da cui era affetta la Masi, sarebbero andate avanti per anni trasformando la scuola in un incubo per la docente. La professoressa, secondo quanto ricostruito dalla Procura, sarebbe stata sottoposta ad un serrato ed evidente controllo anche attraverso personale ausiliario della scuola al fine di rilevarne l’effettiva presenza in aula ed i relativi orari. Alla presenza degli alunni le sarebbero state rivolte frasi irriguardose e minacciose. La docente sarebbe stata sottoposta ad ogni occasione o pretesto, a ripetute sanzioni disciplinari e sarebbe stata accusata di “carenza di insegnamento specifico delle sue materie durante le ore di lezione”.