di Paolo Budetta* e Alfonso Malangone**
Nella notta tra il 25 e 26 ottobre 1954, caddero su Salerno più di 500 mm. di pioggia in sei ore, corrispondenti a 500 litri di acqua per ogni metroquadro. Poco meno della metà della media di un anno. C’è chi dice che, in due giorni, furono anche più di 1.000 mm.. In ogni caso, sul bacino di un piccolo torrente, il Fusandola, a molti neppure noto, precipitò il contenuto minimo di circa 410 piscine olimpioniche. Fu veramente una pioggia da diluvio universale. Altro che ‘bomba d’acqua’! Così, da un fiumicello, pure secco d’estate, si produsse un’onda mostruosa che trascinò con sé, fino al mare, alberi, terra, colture, attrezzature, pezzi di ferrovia e ogni altro ostacolo fisico presente lungo il suo alveo, neppure rispettando quello che c’era nella parte nobile della Città, da via Portacatena alla Villa Comunale, fino al Lungomare. Distrusse tutto. E, purtroppo, l’orrenda mota entrò con prepotenza nelle case distribuendo dappertutto terrore e morte. Nel livido mattino successivo, su camion infangati, lungo strade infangate, corpi senza vita infangati vennero portati via da uomini infangati che li raccoglievano lungo la spiaggia, sotto i portici del Comune e del Teatro Verdi, tra gli alberi e le aiuole dei giardinetti e al salto di Via Spinosa. In un silenzio spettrale, decine e decine di corpi furono ricomposti tra rabbia, dolore e lacrime. Alla fine, in Città si contarono 100 vittime, mentre a Vietri, Cava, Maiori e Tramonti se ne calcolarono altri 210. Sempre in Città, i feriti furono diverse centinaia e migliaia i senzatetto. A questi ultimi, venne poi destinato il nuovo Quartiere Mariconda. La stima dei danni arrivò ad almeno 50 miliardi di lire. In sei ore terribili, fu distrutto il rione Canalone. Non restò nulla, neppure la Chiesa, cancellata del tutto mentre la campana suonava gli ultimi rintocchi. Famiglie intere si abbracciarono e si persero. In Città, il rione Fornelle fu sventrato, scoppiarono le strade e si aprirono voragini. Il torrente c’era sempre stato in quella porzione di territorio. Ma, la sua parte terminale era stata coperta fin dai primi anni dell’Ottocento, e forse anche prima, per dare spazio alla Città. Così, per qualcuno, il Fusandola non c’era più. Illuso! C’è ancora oggi, settant’anni dopo. All’indomani dell’alluvione, i bravi Ingegneri del Genio Civile si chiesero cosa fare. Certo non si potevano buttare per aria le strade, la Villa e demolire le Scuole Barra, la ferrovia e le ‘chiancarelle’ (alacre ‘zona industriale’) solo per togliere la lapide tombale posta sul torrente. E, alla fine, decisero che stava bene così. Da bravi Tecnici Idraulici decisero però di mettere le ‘briglie’ e il ‘morso’ al cavallo pazzo, allo scopo almeno di attenuare le conseguenze di possibili futuri eventi della specie, che gli esperti attendono con un ritorno di cento anni. E, quindi, giù a costruire collettori sovradimensionati per accogliere la portata ‘centenaria’ e il cascatone di via Fusandola (foto 1). Però, essendo l’epoca del ‘cemento pesante’, quanto più voluminoso ed armato possibile, non quella della tutela ambientale, non fecero alcuna opera di ‘ingegneria naturalistica’. Erano altri tempi. A una cosa, invece, i bravi Ingegneri neppure potevano pensare: al disastro che i loro incoscienti figli e nipoti avrebbero fatto di lì a cinquant’anni! Perché, chi abbia voglia di fare una passeggiata – per la verità un po’ faticosa – nel bacino del torrente, a monte di Canalone, potrà davvero vedere cose pazze e astruse: briglie utilizzate come allevamento di maiali e controbriglie sbarrate per garantire il benessere ai poveri suini (foto 2-3). I cittadini che abitano a valle debbono essere informati: alla prossima denegata bomba d’acqua, dovranno guardarsi anche dal pattume dei maiali! E, chissà che non avranno anche modo di procurarsi un bel prosciutto ammollato. Di più. Il torrentello potrebbe portare pure lamiere, plastiche, mobili ingombranti, motorini (‘rubati’?) e automobili abbandonate (foto 4-5), da esporre in ‘bella mostra’ sul mare. Nel rione Canalone, poi, molte baracche (‘abusive’?) sono state costruite a mezza costa, lungo il versante acclive ove un tempo c’erano le case che la piena portò via (foto 6). Sfoglie di lastre metalliche e pannelli di legno legati con il fil di ferro dovrebbero arrestare il pendio quando questo deciderà di ‘farsi una passeggiata’ nel torrente sottostante (foto 7-8). Il futuro dissesto è bell’e pronto! E per favore, laddove disgraziatamente dovesse esserci, nessuno si azzardasse a chiamarlo ‘smottamento’. Gli smottamenti non esistono. Ci sono solo frane e dissesti di versante. E, quel versante è proprio catalogato a rischio frane, di categoria 3, elevato, e 4, molto elevato, nonché a rischio idraulico, egualmente 3 e 4. Quanto alle condizioni del canalone, che dovrebbe contenere la eventuale piena ‘centenaria’ fino al ‘cascatone’ di via Fusandola, sembra davvero che Comune e/o Provincia provvedano solo alla pulizia dei tratti visibili, ogni tanto e per avere qualcosa da dimostrare. Perché, tutte le restanti zone sono una giungla lussureggiante di rovi, sterpi ed arbusti che, pietosamente, nascondono relitti delle più svariate dimensioni (foto 9). Così, anche tutto questo potrebbe arrivare fino al salto, in basso, che i bravi Ingegneri idraulici del passato sovradimensionarono per contenere cascate assimilabili a quelle del ‘Niagara’. Ora, se fin qui già potrebbero esserci delle difficoltà, i problemi veri nascono con il tombamento del torrente (brutto termine tecnico), proprio a partire da via Fusandola, mediante un cunicolo sotterraneo nel quale, in caso di evento atmosferico avverso, i poveri suini, le auto, i motorini e tutta l’’isola ecologica’ che sta a monte dovrebbero infilarsi per arrivare a mare, facendo anche un angolo retto (!) all’altezza delle Scuole Barra. Oggi, per fortuna, in caso di forti temporali, ci pensano le allerte meteo ad avvertire tempestivamente i cittadini. E, c’è il Piano Comunale di Protezione Civile, risalente al 2016, a indicare le ‘aree di attesa e prima informazione’ dove dirigersi se dovesse essere diramato un ordine di raccolta. Per i residenti dell’area, la zona prescelta è la Villa Comunale. Già. Peccato che al di sotto passi proprio il torrente e che esso potrebbe risorgere come un geyser quando non ce la farà più a starsene pigiato nel suo sacello. Per questo, la Villa è classificata con il massimo ‘rischio da colata’, per pericolosità e danni. Cioè, sarebbe come finire dalla padella nella brace (foto 10 – macchia rossa). In verità, un Tribunale e un Ministro qualcosa hanno detto sulla pericolosità del torrente intubato, anche con riferimento alle modalità di costruzione dello scatolare di cemento. Ma, essendo tutto nascosto alla vista, forse c’è ancora chi pensa, come settant’anni fa, che il Fusandola non ci sia più. Allora, nessuno se ne preoccupò, portandosi appresso la responsabilità di una distruzione epocale, così come oggi nessuno se ne preoccupa. Si sa: la coscienza non si vende al mercato, a tanto al chilo. In ogni caso, quando scherziamo con i fanti, o con il Fusandola, per favore non dimentichiamo di pregare i Santi. E, per fortuna, abbiamo San Matteo. Non c’è bisogno di altro.
*Geologo **Ali per la Città