Pina Ferro
Furti nelle gioiellerie di tutta Italia e intimidazioni, chiesti 30 anni complessivi di carcere per
alcuni componenti del clan degli zingari. Ieri pomeriggio, presso il tribunale di Vallo della Lucania il Pubblico Ministero Palumbo, al termine della requisitoria ha chiesto la condanna a: 8 anni per Antonio Dolce alias Capone e per Gerardo Marotta; 5 anni per Donato Marotta alias Papesce e per Anna Petrilli; 4 anni e sei mesi per Carmine Dolce alias Maruzziello.
Dopo la requisitoria hanno discusso gli avvocati del collegio difensivo Giuseppe Della Monica, Leopoldo Catena e Mario Pastorino. Successivamente la corte presieduta dal giudice Tringali si è ritirata in Camera di consiglio. Tutti attendevano la
sentenza, invece, quando il collegio giudicante è rientrato in aula ha disposto di rimettere il
procedimento su ruolo per sentire un altro teste. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 5 marzo. Gli arresti scattarono
nel novembre del 2018 da parte dei carabinieri del comando provinciale di Salerno e della
compagnia di Agropoli. I 25 appartenenti al sodalizio erano tutti accusati di di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro il patrimonio e contro la persona, violenza privata ed estorsione . Il clan degli zingari metteva a segno furti con destrezza presso gioiellerie presenti su tutto il territorio nazionale, l’esecuzione di furti all’interno di auto ed il riciclaggio dei proventi ottenuti, l’illecita introduzione nei circuiti bancari finalizzata all’accredito fraudolento di somme di denaro. Nel corso delle indagini gli investigatori hanno anche accertato che gli indagati, forti della notoria appartenenza al gruppo particolarmente numeroso e coeso, si erano resi responsabili anche di gravi atti minatori ed intimidatori, anche con minacce di morte, ai danni del coordinatore unico del cantiere di Agropoli della società operante nel settore della raccolta dei rifiuti solidi urbani della città, al fine di essere assunti nelle vesti di dipendenti stagionali, di essere adibiti a mansioni
gradite e di non essere sanzionati per le continue assenze ed i costanti inadempimenti commessi nell’esercizio dell’attività lavorativa.