Questa sera, in piazzetta Grotta a Cetara, il secondo appuntamento del Festival Teatri In Blu, ideato da Vincenzo Albano, che ospiterà Ivan Talarico e Claudio Morici
Di Olga Chieffi
Uno scrive libri, ne ha già pubblicati cinque, è un narratore ed umorista e i suoi testi sono molto gettonati, l’altro è un cantautore in equilibrio tra giochi di parole e storie d’umore, specialista della chitarra onomatopeica, con cui riproduce i suoni più impensabili, oltre che un habitué del Premio Tenco. Saranno Ivan Talarico e Claudio Morici i protagonisti del secondo appuntamento del cartellone Teatri in Blu firmato da Vincenzo Albano, allestito apposta per Cetara, quest’anno con una decisa sterzata verso la parola musicale e musicata. La Piazzetta Grotta, ove tutto avrà inizio stasera, alle ore 21, è pronta ad essere conquistata dall’ironia dell’originale duo, come tanti altri palcoscenici di nicchia, fino, però ad arrivare alla sala Petrassi dell’Auditorium, possiamo già dire, “Ennio Morricone” di Roma, grazie all’ imprevedibilità delle canzoni e alla forza dei contenuti che entrano subito in contatto con il pubblico. In “Freschibuffi e altre trasmigrazioni dell’anima”, la coppia sulle tracce dei Maestri Giorgio Gaber, Remo Remotti, e del ridere amaro all’italiana, soprattutto nel modo di fare teatro sociale e nel modo di recitare poesie, legate all’attualità, racconta la sua storia incrociata, spaziando dalle prime collaborazioni sporadiche in una Roma caotica e spaesante, fino agli spettacoli comici a due, volti a sconfiggere apatie pubbliche e depressioni private. Esilaranti koan in forma di canzoni e brevissimi monologhi che narrano di amori, lavori e figli maschi attraverso pezzi come “Dio è uno stalker”, “Timo e timore”, racconti di stili di vita antibiotici e di abbracci che durano trentacinque minuti. L’umorismo che scaturisce è più che tagliente, a volte caricaturale, tra freddure e spietatezza. I temi affrontati sono svariati: dalla salute si passa all’illusione della felicità; dai meccanismi complicati delle coppie, giocando sull’ascolto di entrambi, si toccano poi anche i luoghi comuni. Entrano in gioco la violenza, il traffico cittadino e l’impresa di guidare per uscirne vivi, il cibo, i social, i quartieri di Roma, e così via, tirando fuori dal cassetto delle tesi assurde, il cui significato bisogna captare tra le righe. Un calderone di giochi di parole sotto forma di metafore che inebria il pubblico mediante melodie andanti e cadenzate, testi figurati, e tanto divertimento. Un percorso ironico e dissacrante per un unico scopo: mostrare come risate, riflessioni e sopravvivenza parlino la stessa strana lingua e quanto sia impossibile tenere l’anima ferma in un unico punto.