Federcepicostruzioni lancia un appello urgente al Governo affinché il Mezzogiorno torni al centro dell’agenda politica nazionale. Il presidente nazionale Antonio Lombardi sottolinea la necessità di istituire una task force ispirata al modello della Cassa del Mezzogiorno, per colmare il gap infrastrutturale che affligge il Sud da oltre un secolo e mezzo. Un divario che persiste da troppo tempo Il gap infrastrutturale tra il Mezzogiorno e il resto del Paese è una questione che si trascina ormai da decenni, con numerosi studi e audizioni parlamentari che hanno evidenziato l’urgenza di una perequazione infrastrutturale. Il Decreto-legge 121/2021 prevedeva che il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS) effettuasse una ricognizione delle infrastrutture statali per garantire l’omogeneità dei livelli essenziali di infrastrutturazione su tutto il territorio nazionale, cosa che puntualmente avviene senza che però ne conseguano azioni rilevanti. Il piano di perequazione per il Sud 2021 prevedeva un investimento di 4,6 miliardi di euro tra il 2022 e il 2033, con l’obiettivo che il 50% dei 40 miliardi stanziati per le infrastrutture dal Next Generation EU (NGEU) fosse destinato alle regioni meridionali. Ad oggi, si è visto ben poco di quanto promesso, e le risorse effettivamente allocate sono state di gran lunga inferiori alle aspettative. L’allarme della Svimez e i 200 miliardi disponibili Secondo il rapporto della Svimez, il Mezzogiorno ha subito una riduzione drastica degli investimenti infrastrutturali negli ultimi decenni. Mentre negli anni ’70, con la Cassa del Mezzogiorno, il Sud riceveva quasi la metà degli investimenti infrastrutturali complessivi, negli ultimi anni questa quota si è ridotta a un sesto del totale nazionale, nonostante il Sud rappresenti il 34% della popolazione italiana. La Svimez ha evidenziato che il tasso medio annuo di variazione della spesa infrastrutturale dal 1970 al 2018 è stato negativo in Italia (-2%), ma non equamente distribuito: -0,9% al Centro-Nord e -4,6% nel Sud. Con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e il Fondo Nazionale Complementare, il Sud potrebbe beneficiare di risorse per circa 200 miliardi di euro entro il 2030, una somma pari al 6% del PIL dell’area nel 2019. Tuttavia, la concreta pianificazione di interventi è ancora in fase di stallo, come dimostrato dal recente rapporto sulle infrastrutture strategiche prioritarie 2023, che ha messo in luce, ancora una volta, un forte, persistente squilibrio tra Nord e Sud. Il Decreto Coesione e il Fondo perequativo per il Mezzogiorno Il Decreto Coesione ha ripreso il concetto di perequazione infrastrutturale istituendo il Fondo perequativo infrastrutturale per il Mezzogiorno. Questo fondo, destinato alle infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali, idriche, sanitarie e scolastiche nelle regioni meridionali, rappresenta una misura necessaria per recuperare il divario con il Centro-Nord. Tuttavia, il Decreto non specifica ancora l’ammontare delle risorse allocate, lasciando molte incertezze sul futuro di queste infrastrutture. Occorre un rifinanziamento adeguato e certo del fondo, per recuperare almeno i 3,5 miliardi tagliati dall’ultima Legge di Bilancio: e soprattutto uno specifico vincolo che destini queste risorse al gap infrastrutturale del Mezzogiorno (esistente nei primi provvedimenti, ma annacquato nelle modifiche successive fino a scomparire del tutto nell’ultima versione). Conclusioni: una task force sul modello della Cassa del Mezzogiorno Una recente indagine di Uniontrasporti ha denunciato con forza il crescente gap infrastrutturale del Sud: fatto 100 l’indice medio del Paese, solo la Campania si avvicina al dato medio nazionale (con un KPI pari a 83). La forbice del Sud rispetto al resto del Paese è però evidente (Nord Ovest 107, Nord Est 123,5). Nel ranking regionale degli 88 Paesi UE che misura l’indice di dotazione infrastrutturale per trovare la prima regione meridionale, la Campania, bisogna scorrere fino alla posizione n. 134 su un totale di 263. Fanno peggio Abruzzo (161), Molise (163), Puglia (171), Calabria (194), Basilicata (201), Sicilia (207) e Sardegna (225). «Il Mezzogiorno non può permettersi di perdere l’opportunità unica offerta dal PNRR – afferma il presidente Antonio Lombardi – serve un impegno deciso e concreto per recuperare il ritardo infrastrutturale e garantire lo sviluppo economico e sociale di questa area fondamentale del Paese. Non possiamo restare fermi agli annunci e ai libri bianchi: è il momento di agire. Abbiamo contato, in questi anni, 90 tavoli di confronto ed una quantificazione del fabbisogno infrastrutturale in 535 opere necessarie, delle quali 100 urgenti. Le 40 opere che riguardano il Sud richiedono investimenti per 82 miliardi: sono quasi tutte in uno stato ancora embrionale, al massimo progettuale». Nell’elenco, spiccano tra le altre l’alta velocità Salerno-Reggio Calabria, il Ponte sullo Stretto di Messina, la SS106 Jonica, la A2 Autostrada del Mediterraneo, l’Alta Velocità Adriatica, l’Alta Velocità Palermo-Catania-Messina, la ferrovia Napoli-Bari, la Sassari-Olbia e la Sassari-Nuoro, la SS131 Carlo Felice, la Nuoro-Olbia-Santa Teresa di Gallura, la Roma-L’Aquila, la Sicignano-Potenza, la Fondovalle Fresilia, l’antemurale di Ponente di Porto Torres, la Ferrandina-Matera-La Martella, la A14, la A24 e A25, la Sibari-Melito Porto Salvo e la Lamezia Terme-Catanzaro Lido, la Pescara-Roma. «La nostra proposta è una task force che operi sull’impronta della Cassa del Mezzogiorno dei tempi migliori: quella che pianificava e interveniva in base alle esigenze dei territori e alle rilevazioni tecniche. Non certo quella poi miseramente fallita quando sugli interventi iniziò ad interferire pesantemente la politica».
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