Il Tribunale di Napoli accoglie la richiesta della Dda e mette sotto processo, con rito immediato, il prossimo mese di novembre, 18 persone coinvolte nell’inchiesta della Procura Antimafia partenopea concentrata sullo scontro tra due organizzazioni di camorra in guerra nel territorio di Poggiomarino, con riferimenti a Pagani. Uno dei due clan coinvolti fa capo a Rosario Giugliano, killer per la Nuova famiglia di Pasquale Galasso e Carmine Alfieri o’ ntufat, contro l’altro guidato da Antonio Giugliano, “o’ savariello”, non imparentati tra loro. Il blitz scattato nello scorso aprile, con il lavoro dei carabinieri coordinato dalla Dda di Napoli, ha portato all’esecuzione di complessive 26 misure cautelari e sequestri di beni per 50 milioni di euro, ricostruendo la fase di scontro nata dalla scarcerazione di Rosario Giugliano nel 2016, a fronteggiare il gruppo del suo omonimo, nel frattempo recluso, legato al clan Fabbrocino attivo nel Nolano. Rosario Giugliano, per le accuse, avrebbe stretto rapporti con i Batti di San Giuseppe Vesuviano e con gruppi criminali dell’Agro nocerino sarnese, stabilendo a Pagani la sua base, e aprendo lo scontro con i rivali. Ora il gip ha accolto la richiesta di processo firmando il decreto di giudizio immediato per diciotto persone. In 4 anni la Dda ha ricostruito estorsioni, intimidazioni e minacce incrociate, con i ruoli riconosciuti del capo, Rosario Giugliano, alias “’o minorenne”, con la compagna Teresa Caputo, anche lei coinvolta nel ruolo di intermediaria, madre di Alfonso Manzella, paganese meglio noto col nome d’arte di “Zuccherino”, neomelodico ritenuto il luogotenente di Giugliano sul territorio. Il nucleo di “’o minorenne” aveva a Pagani la sua cellula familiare, aprendo lo scontro con il gruppo di Antonio Giugliano, guidato dal figlio Giuseppe Giugliano: l’indagine ricostruisce la stesa organizzata da Alfonso Manzella, ai danni della Caffetteria Giugliano l’11 marzo 2017, in pieno centro a Poggiomarino, con una paranza a sparare per rivendicare il proprio controllo del territorio, in segno di sfida. Con Rosario Giugliano detenuto, per la Dda il ruolo di capo spettava ad Alfonso Manzella e suo nipote Cristian Sorrentino. Il primo aveva il ruolo di comando per sovrintendere alle estorsioni e al commercio di stupefacente. Tra gli altri coinvolti ci sono Giovanni Orefice e Giuseppe Nappo.
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