di Erika Noschese
Ricoverato ad Avellino per un intervento di pacemaker, dopo le dimissioni viene colto da infarto e ricoverato al Ruggi: le sue condizioni di salute si aggravano, fino alla morte ma alla famiglia viene comunicato del decesso solo sette ore dopo. Ennesima storia di malasanità o forse negligenza da parte degli operatori in servizio, denunciata dalla famiglia Alfinito. L’uomo, di 90 circa, subisce un intervento di pacemaker ad Avellino; ad un giorno dalle dimissioni l’uomo viene colto da infarto. Era il 2 aprile. Immediata la corsa verso l’ospedale Ruggi d’Aragona. A causa delle norme anti covid, la famiglia non ha la possibilità di recarsi in ospedale né di avere contatti diretti con l’uomo. “Una volta al giorno, per due minuti esatti, potevamo parlare con il medico che ci aggiornava sullo stato di salute di mio padre”, ha raccontato la figlia, Monica. Tutto sembrava procedere per il meglio, così pensava la famiglia ma le condizioni dell’uomo si sono aggravate, fino a portarlo alla morte. “Abbiamo dovuto fare i conti con le conseguenze disumane del Covid, anche chi non è positivo non può avere contatti con i familiari e a mio padre è stato impossibile vedere noi, abbiamo avuto la possibilità di ricevere una telefonata durante la quale ci venivano comunicate le sue condizioni di salute – ha aggiunto la figlia – Chiaramente, le sue condizioni di salute sono precipitate all’improvviso, quando la situazione era irreversibile però nessuno ci ha avvertito, non hanno avuto l’umanità di dirci di riportarlo a casa e assisterlo nelle ultime ore della sua vita”. L’uomo è infatti morto alle 4.30 ma la famiglia lo ha saputo solo alle 10.45. Giunta in ospedale, alla famiglia nessun accenno di scuse: dal Ruggi hanno solo detto che avrebbero presentato un esposto contro l’infermiere di turno in quel lasso di tempo. “Nessuno ci ha chiamato, non abbiamo ricevuto neanche le scuse. Vorrei sapere: in quelle sei ore mio padre dove è stato? Noi solo alle 14 ci è stato possibile vegliare nostro padre senza contare che – proprio a causa della pandemia – non è stato possibile assistere mio padre, riceve una sua telefonata o un video, non sappiamo se mio padre si è sentito abbandonato, non sappiamo nulla”. Dal Ruggi hanno comunicato solo che l’uomo, per la maggior parte del tempo, era sotto sedativi perché agitato. “Mio padre non era positivo al covid, non lo siamo noi e abbiamo chiesto di poterlo vedere almeno attraverso un vetro ma non ci è stato concesso, è come se mio padre fosse andato via il due aprile, da quel giorno non lo abbiamo più visto”, ha raccontato ancora Monica. “Racconto questa storia per chi è ancora ricoverato, per le loro famiglie affinché nessuno subisca più questo trattamento, nessuno mi restituirà mio padre e nessuno mi toglierà il dolore ma non si agisce così nei confronti di un essere umano”, ha detto ancora la figlia.