Questa sera al festival internazionale del Fantastico di Ferentillo il debutto dello spettacolo “Il cuore accusatore”
Di OLGA CHIEFFI
Ha preso il via a Ferentillo la prima edizione del Festival Internazionale del Fantastico. Ideato dall’Associazione Culturale Calibando e dalla istituenda Biblioteca Romolo Runcini, su un’idea dello stesso Runcini. Questa prima edizione si muove essenzialmente su due ambiti di ricerca: il fantastico secondo Romolo Runcini e le narrazioni fantastiche di Edgar Allan Poe, inserendo al suo interno nuove prospettive scientifiche e momenti di spettacolo e di musica. Già lo scorso anno, per l’edizione zero, era stato presentato il progetto di promozione di Calibando intorno alla costituzione della biblioteca Runcini. L’università di Salerno sbarca a Ferentillo con un lavoro sull’opera di Poe, infatti vi saranno nella giornata di oggi diversi interventi presso la Sala Conferenze Piermarini nel convegno di studi “Poe e il fantastico”, a cominciare da Linda Barone sui “I suoni e le visioni di Edgar Allan Poe: aspetti pragmatici e stilistici nella traduzione italiana dei racconti e delle poesie”, per continuare con Alfonso Amendola che parlerà intorno a ‘Cuori rivelatori, gatti neri e detective. Poe e l’immaginario cinematografico”, per chiudere con Vincenzo Del Gaudio il quale disserterà circa i “Principi di teatrologia della visione. Poe e il teatro del Novecento”. In serata, andrà in scena “Il cuore accusatore”, ispirato al racconto “The Tell-Tale Heart” di Poe, uno spettacolo di Teatrisospesi con Antonetta Capriglione , drammaturgia sonora e musiche di Carlo Roselli, traduzione di Linda Barone e Scenografia di Pippo Carosetti, primo spettatore attento, Francesco Petti. Il cuore rivelatore (“The Tell-Tale Heart”) è un celebre racconto di Edgar Allan Poe, pubblicato per la prima volta in The Pioneer nel 1843 di James Russell e poi ripubblicato dallo stesso autore nel 1845 in The Broadway Journal. Non si tratta propriamente di un racconto horror perché mancano del tutto gli elementi soprannaturali, quanto piuttosto di un thriller in cui la narrazione degli eventi, fatta in prima persona dal protagonista psicopatico (affetto presumibilmente da una turba ossessiva), apre squarci molto inquietanti. Che si tratti di un monologo interiore o della confessione di un efferato e assurdo omicidio perpetrato ai danni di un vecchio, il racconto costituisce di fatto una retrospezione: la narrazione si riferisce a qualcosa che è successo prima del momento in cui viene messa per iscritto; inoltre il punto di vista del narratore è interno alla narrazione e l’io narrante coincide, per così dire, con l’io narrato. La rievocazione di fatti già avvenuti, però, non esclude per nulla il senso agghiacciante di un perpetuo presente, come se le cose ritornassero ad accadere a tutti gli effetti in tutta la loro sconvolgente devianza: gli eventi descritti e rivissuti dal protagonista hanno un corrispettivo fisico ed emotivo insieme, in cui domina il tema della sovra-acutezza dei sensi. “Su di una scena sostanzialmente nuda – scrive nelle sue note di regia Carlo Roselli – si staglia la voce: è una confessione che porta man mano alla luce la folle sequenza di un violento, e apparentemente immotivato, delitto. Pochi e funzionali oggetti vivono sulla scena: una piccola cassetta di legno, una corda, dei rametti, chiodi, un martello. Un austero corvo osserva il tutto, giudice e testimone dell’assassinio. La testimonianza incalza, la parola lentamente si fa carne e azione, seduce al suo racconto il corpo, riviviamo passo dopo passo ogni accadimento, ogni trasformazione e passaggio di stato, ne siamo partecipi… complici. Quello che abbiamo posto a radice del nostro progetto, come stimolo per la stesura di una drammaturgia attoriale, sonoro/musicale, è il lavoro meno noto di Poe, poeta e critico in un epoca durante la quale le Corporazioni si apprestavano a divenire “personalità giuridiche” e, nonostante i cupi echi di guerra ancora vicini e intere regioni immerse nella povertà, tutta la narrazione che la “Grande America” faceva di sé tendeva all’immagine più oleografica e luminosa possibile. Una menzogna messa a nudo dai tenebrosi racconti di Edgard e dalle sue puntuali critiche letterarie e poetiche. In questo suo profetico agire nel suo tempo troviamo una visione della nostra contemporaneità, laddove tecnologia e business lasciano sempre meno spazio al lusso del dubbio”.