di Salvatore Memoli
Quando la DC cadde, molti di noi rimasero senza riferimento organizzativo. Cadde il partito, giammai i suoi ideali che nascevano da lontane tradizioni. Quelle idee d’inclusione, di solidarietà, d’interclassismo, di autonomia e regionalismo, di Stato e di Europa! Con noi c’erano stati uomini valorosi per ingegno e per testimonianza, votati alla ricostruzione dell’Italia ed al riconoscimento di diritti dei cittadini. Un partito che non aveva vergogna di avere nella Chiesa Italiana il suo riferimento e che a Camaldoli scrisse le premesse di una grande Costituzione Repubblicana. Siamo stati figli di una Chiesa illuminata e coerente come altri sono stati figli di centrali di lotta e di valori laici che hanno attraversato i loro chiaroscuri.
Noi avevamo la capacità e l’opportunità di emendarci, di pentirci, di farci guidare ed ovunque con gli ideali del cattolicesimo sociale ci impegnammo a cambiare noi stessi e le istituzioni a noi affidate. Il Partito cadde, non per isolate responsabilità, anche queste concorsero al triste risultato. Cadde per un disegno perverso che veniva da lontano. Ne restammo sgomenti per l’uccisione di Aldo Moro. Sgomenti nel vedere alla sbarra il meglio dei nostri uomini, sconfitti nel constatare l’inconcludente primavera di Zaccagnini e Martinazzoli. L’idea di salvare impedì un sano rinnovamento. Molti di noi si ritrovarono senza casa ma non senza ideali. L’errore fu credere che a queste leggi corrosive, altri ne erano sottratti. Sbagliammo, sbagliai!
I tempi erano soltanto differiti.
Nel tentativo di continuare il nostro impegno politico pensammo di accostarci a chi più ci stava idealmente vicino
Sembravano tempi di dialogo e di sana contaminazione. Sembrò! Cominciammo a coabitare ma non tutto fu facile e privo di sospetti. Con il grande handicap dell’originalità delle scelte e l’amara esperienza dei paletti che gli altri mettevano.
Quanto a me scelsi una lista civica e sbagliai a non rinforzarla e dargli futuro, anche perché tradito. Confondermi con Vincenzo De Luca soltanto perchè lo stimavo e ritenevo idoneo fu un errore perché era insopportabile per lui avere, nella prima ora, un democristiano tra velleitari compagni che si ritenevano intonsi e lontani da quelle che successivamente furono anche per loro tante logiche di potere gestito. Tra essi e me si è coltivata la diffidenza, quando io stesso non avevo altra aspirazione di fare bene per la mia città.
Ci furono errori da tutte e due le parti e per me qualche ingenuità.
Ma ho sempre distinto De Luca dal suo apparato di partito dove non brillavano intelligenze per la patria bensì per sbarcare il lunario.
Dopo la fuoruscita di alcuni compagni storici o il loro silenzio, restò la zavorra. E di zavorra De Luca ha vissuto e fatto virtù. Ma disconoscergli personalità, risorse, capacità di sfidare le avversità e prospettiva politica come doti personali è ingiusto e vigliacco. Nonostante la zavorra, nonostante il suo carattere, nonostante le sfide insidiose. Si è trattato di capacità di un uomo e non del suo apparato che egli ha saputo piegare alla bisogna.
Anche questa è un’arte in politica, nel silenzio della zavorra compiacente e dei transfughi lamentosi.Non avevo visto male e forse con più coraggio avrei dovuto favorirgli la strada dell’indipendenza e di una visione Meridionale e Regionale protagonista delle sfide di Sturzo e Gramsci.
Ma la persona era già personaggio e le sue visioni erano già pervicaci ed assistite dalla buona stella.
Alla caduta della DC, quello che non è avvenuto resta la mancanza di convergenza, moltiplicazione, sostegno di idee laiche, riformiste, interclassiste che avrebbero potuto essere utili al Sud del Paese.
Insomma dove il sociale della DC incontrava quello dei laici, mettendo insieme tutto quello che si doveva salvare.
Tutti gli altri non esistevano e continuano a non esistere.
Nonostante alcuni danni del deluca pensiero ed apparato!