di Alberto Cuomo
Don Peppino Diana fu ucciso nel giorno del suo onomastico, il 19 marzo del 1994, mentre era nella sacrestia della chiesa di San Nicola a Casal di Principe per prepararsi a celebrare alle 7, 30 del mattino la prima messa della festività. Papa Giovanni Paolo II ricordò il prete nell’Angelus del giorno dopo concludendo con queste parole: “voglia il Signore far sì che il sacrificio di questo suo ministro, evangelico chicco di grano caduto nella terra, produca frutti di piena conversione, di operosa concordia, di solidarietà e di pace”. Nei giorni successivi fu tentato, con alcuni presunti pentiti e l’ausilio di un quotidiano, un depistaggio sul motivo dell’omicidio, attraverso l’accusa al prete di essere donnaiolo, pedofilo e di essere camorrista, custode delle armi destinate ad uccidere il procuratore Cordova. Il mandante di quel gesto efferato, Nunzio De Falco, accusato dal pentito che lo aveva commesso, Giuseppe Quadrano, provò ad addossare la colpa al clan di Francesco Schiavone suo rivale, ma fu riconosciuto colpevole e condannato all’ergastolo. Nel 1994, Nicola Cosentino, pure di Casal di Principe, consigliere regionale, dichiarò di “stare con Saviano e don Diana” iniziando una carriera politica che lo condurrà ad essere deputato con Forza Italia e, nel 2008, sottosegretario all’economia con il governo Berlusconi. Quando nel 2006 verrà a Salerno per esortare gli uomini del Popolo della Libertà a far votare per De Luca nel ballottaggio con Alfonso Andria per l’elezione del sindaco di Salerno, Cosentino era il plenipotenziario del suo partito in Campania da cui dipendeva anche Mara Carfagna, ammiratrice di De Luca come aveva dimostrato facendo approvare dai consiglieri comunali di Fi il Puc di Salerno voluto dall’amministrazione deluchiana. Nel 2009 Cosentino venne accusato di corresponsabilità con la società Eco4 nello smaltimento abusivo di rifiuti e di collusione con la camorra. Costituitosi nel carcere di Secondigliano a marzo del 2013 nel luglio dello stesso anno verrà scarcerato in attesa del processo e, rimanendo a piede libero malgrado alcune condanne, ispirerà un partito regionale, “Forza Campania”, che nel 2013 farà eleggere al senato nella lista del Popolo della Libertà il fedelissimo Enzo D’anna. Lo stesso D’anna il quale nelle elezioni regionali del 2015 costituirà la lista Campania in Rete, in appoggio a De Luca e contro il candidato del proprio partito, determinando, con l’1,51 per cento, per un piccolo scarto, la vittoria del sindaco di Salerno. Il processo a Cosentino intanto va avanti e, dopo i tre gradi, si conclude nell’aprile del 2023 con la condanna a 10 anni per concorso esterno in associazione camorrista. Come aveva auspicato il Papa, il “grano” don Diana comincia a dare i suoi frutti. Nel territorio campano, e particolarmente in quello napoletano altri parroci si dedicano all’apostolato sociale nel tentativo di riscattare alcuni quartieri dall’ipoteca camorrista. Uno di questi è don Aniello Manganiello, il prete di Scampia che, utilizzando l’oratorio “Don Guanella” quale incubatore per lo sport, l’arte, la cultura, strappa i giovani del quartiere alla camorra che intende utilizzarli come manovalanza. Fondatore di “Ultimi-Associazione per la legalità” presente in diverse regioni italiane, dopo il ritorno a Scampia nel 2020 ha ingaggiato a viso aperto la lotta alla camorra a favore di tutti i bambini e i ragazzi che vivono nel quartiere. C’è inoltre don Luigi Merola che nel 2004, parroco di Forcella, dopo la morte di Annalisa Durante, la quattordicenne uccisa per essersi trovata nel bel mezzo di una sparatoria tra bande, smantella tutte le telecamere con cui il clan Giuliano controlla il quartiere e testimonia contro Salvatore Giuliano contribuendo a farlo condannare. Minacciato di morte, sotto scorta, don Merola emigra nel quartiere Arenaccia, dove organizza la fondazione “A voce d’e creature”. A un tiro di schioppo dal comune di Casal di Principe c’è quello di Caivano sebbene divisi tra loro dal confine provinciale, essendo il primo in provincia di Caserta, dove Piero De Luca è stato, per pochissimi voti, eletto per la prima volta deputato del Pd in quanto capolista nel listino proporzionale, e il secondo in provincia di Napoli. Caivano è un piccolo comune di 36mila abitanti dove c’è il quartiere dimenticato di “Parco verde”, costruito senza servizi e senza strade per alloggiare i terremotati del 1980. Caivano è anche la più grande piazza di spaccio d’Europa che ha la centrale a Parco verde. In questa realtà così difficile don Patriciello, sotto scorta, svolge la sua attività pastorale mantenendo, nel contrasto alla camorra, acceso il lumicino della speranza in un avvenire migliore per gli abitanti, oltre a tenere sotto i riflettori il Parco verde perché vi siano interventi delle istituzioni. Appare pertanto del tutto discutibile l’arrogante sarcasmo di De Luca nei confronti di don Patriciello, paragonato ad un uomo di spettacolo caricaturizzato come un Pippo Baudo con frangetta, perché colpevole di essere andato alla kermesse della Meloni sul premierato. La scorsa estate si scoprì che due cuginette di 10 e 12 anni erano state ripetutamente abusate nel quartiere e don Patriciello gridando all’assenza dello Stato invitò a Parco verde la presidente del consiglio. Giorgia Meloni sentì il dovere di rispondere all’invito e da allora lo Stato è maggiormente presente, con un commissario di governo per la zona, l’invio dell’esercito e il denaro per nuovi posti nell’organico del comune. Di qui la presenza di don Patriciello al convegno romano. Ma se è stato ripugnante l’ironia sul prete, ancora più disgustosa è la risposta di De Luca alla sua affermazione circa il non avere fini politici: “don Patriciello non ha il monopolio della lotta alla camorra”. Che De Luca abbia sensi di colpa? Già perché Caivano è nella terra dei fuochi e, sullo smaltimento dei rifiuti, spesso affare di camorra, il governatore è stato assente come mostra la vicenda dell’invio di quelli salernitani in Tunisia.