Dai miei fanciulleschi ricordi attingo quella figura del prete che arrivava sulla rampa di Santa Margherita in bicicletta. Non era la sua chiesa, lui era il prete della chiesetta di ” ret a cupa” di Pastena. I tempi di questo mio ricordo erano gli stessi del celeberrimo don Camillo di Guareschi: la tonaca lunga e nera il cappello tondo a falde e usava una bicicletta nera con i freni a stecche per girare la grande zona orientale della città. Le affinità tra le figure si limitano alle cose, don Aniello Sansone con il prete cinematografico null’altro aveva in comune, pure il paragone mi è utile per spiegare in semplicità quale figura egli abbia rappresentato all’epoca per la comunità cattolica di Pastena. Un prete che il suo ministero l’ha praticato con i fedeli, più che per loro. Poi se don Camillo è noto perché lesto di mani e parole, non così dovrebbe essere oggi il ricordo di don Aniello. Egli è stato un prete vecchio stampo, bonario che sapeva accoglierti già con lo sguardo, attento, vigile, penetrante ma sempre benevolo. Prete misurato di parole ma concreto nei fatti. In possesso di un modo di fare che favoriva l’incontro tra pari, con ogni persona. Il suo modo di porsi non era mai interrogativo, né dubitativo verso l’interlocutore con il quale s’interagiva fidandosi e ponendosi al suo fianco. Non ricordo mai un suo dettame o un imperio tipico dei preti al comando che operavano con i fedeli quasi come un re fa con i sudditi. Sono consapevole che questo mio ricordo potrebbero essere condizionato dalla mia età fanciullesca, lecito che altri abbiano opinioni diverse. Poco male, ma spesso sono proprio i piccoli che sanno mettere in risalto le migliori doti nelle persone.Rispetto ai tempi di questo mio ricordo introduttivo, Don Aniello Sansone era arrivato nel vasto territorio di Pastena ben tre lustri prima. Fresco di studi nel nostro Seminario Arcivescovile, dove aveva completato quelli ginnasiali, cui seguirono quelli filosofici e teologici, fino a portarlo, nel 1941, ventiseienne, all’ordinazione sacerdotale. Don Aniello, che era nato ad Acerno il 29-10-1915, negli anni 1942-43 fu coadiutore a Fuorni, cui aggiunse, dal giugno 1943 lo stesso tipo di incarico anche per la chiesa di Mercatello, perché quel vasto territorio rurale era nelle cure di un prete molto anziano e cagionevole in salute. Dobbiamo pensarlo, negli anni convulsi della guerra, lui giovane percorrere in bici le strade poderali di un tanto vasto territorio, per aiutare i confratelli e le famiglie, tutti accomunati nelle ristrettezze del periodo. Nei giorni successivi lo sbarco alleato fu il vecchio vescovo Nicola Monterisi a nominarlo parroco a Santa Margherita. La nomina a parroco di una chiesa sventrata dal siluro tedesco, con i fedeli sfollatiin luoghi disparati e con il suo predecessore da seppellire sarebbe stato un incarico da far scoraggiare sacerdoti già tempratii, non lui! Chiamato, fu obbediente e operoso! Dare degna sepoltura al parroco Ventura e ai giovani di A.C. periti sotto la casa canonica, fu il suo primo dovere. Grazie al prodigarsi dei fedeli del posto essi furono inumati provvisoriamente, nel giardino della canonica. Nei giorni seguenti si attivo’ per celebrare messa dovunque fu possibile, nei casali e negli androni delle case coloniche pur di riaggregare il suo gregge disperso e senza cura pastorale. In seguito gli riuscì a ottenere dagli inglesi di Torre Angellara una baracca di legno. Dal dismesso “rest camp” alleato questa fu trasportata dai fedeli fino a Pastena e ricostruita in via Trento. Quella baracca sostituì la vecchia chiesa ancora inutilizzabile perché sventrata e con il tetto puntellato a rischio crollo. Per don Aniello in quel frangente contava dire messa, era necessario dare un punto aggregazione ai suoi fedeli, e don Aniello, pragmatico e deciso non si avvilì: “È chiesa, dove si dice messa!” Con il sostegno, pratico dei suoi fedeli in breve la chiesa di legno prese forma e si avviò anche le comunità dei fedeli che lo affiancava, cooperava con lui e lo sosteneva nei progetti. In tale fase una parte della comunità legata al vecchio plesso parrocchiale manifestò un certo dissenso volendo far confluire ogni sforzo per il ripristino della diruta chiesa di Santa Margherita tanto che il nuovo vescovo Demetrio Moscato fu costretto a inviare don Antonio Di Stasio per una più celere ricostruzione rispettosa di norme, legalità e sicurezza. Don Aniello, condividendo le indicazioni del suo Arcivescovo, che prevedeva lungo l’asse della strada statale, il futuro sviluppo del quartiere di Pastena, non esitò a rinunziare alla Parrocchia di S. Margherita, mantenendo in quella baracca il germe istitutivo di una nuova Parrocchia che abbracciasse il lido pastenese in rapida crescita urbanistica. La nuova parrocchia si rese reale il 16 aprile 1946, per iniziare concretamente l’attività l’1 giugno dell’anno successivo, coprendo tutto il territorio del lato mare fino alla linea ferroviaria distaccato in toto da quello di S. Margherita. Per quella novella parrocchia don Aniello scelse il titolo di Cuore Immacolato di Maria. Giuseppe MdL Nappo
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