Di Martino: Alzheimer, poche strutture - Le Cronache Ultimora
Ultimora

Di Martino: Alzheimer, poche strutture

Di Martino: Alzheimer, poche strutture

di Erika Noschese

 

 

La ricerca di una sistemazione dignitosa per gli anziani affetti da Alzheimer si sta trasformando in un percorso ad ostacoli. A lanciare l’allarme sono numerose segnalazioni di famiglie che denunciano crescenti difficoltà nell’accedere alle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA). Un intricato nodo legale, scaturito da una legislazione ambigua e da recenti sentenze della Cassazione, sta spingendo molte strutture a mostrare riluttanza nell’accogliere pazienti con demenza, se non addirittura a chiudere i reparti dedicati. Per fare luce su questa delicata situazione, abbiamo incontrato la dottoressa Giovanna Di Martino, amministratrice della RSA Villa delle Rose situata nella località Alessia di Cava de’ Tirreni. Con lei analizzeremo le ripercussioni di questa complessa vicenda sulle strutture e, soprattutto, sulle famiglie che si trovano a dover affrontare la fragilità dei propri cari.

Alla luce delle recenti sentenze della Cassazione che riconoscono l’inscindibilità delle quote sanitarie e sociali per pazienti affetti da Alzheimer, e delle conseguenti preoccupazioni relative alla copertura integrale dei costi da parte del Servizio Sanitario Nazionale, qual è l’attuale politica della vostra RSA in merito all’accoglienza di nuovi pazienti con demenza di Alzheimer e quali eventuali cambiamenti avete osservato o state implementando nel processo di ammissione?

«No, non è cambiata assolutamente la politica all’interno della Rsa. Gli ospiti vengono inseriti, dopo una valutazione multidisciplinare fatta dal distretto e dal piano di zona. Quindi, in concerto, la struttura non partecipa alle UVI, Unità di Valutazione Integrata. Le strutture, almeno in Regione Campania, non partecipano all’UVI. Effettivamente, all’atto dell’inserimento, non siamo presenti presso il distretto. Quindi allo stato attuale non abbiamo mutato mai alcuna politica per gli ingressi. Non possiamo far altro che assecondare la determinazione dell’Asl e del Comune, secondo la scheda valutativa che in Campania è la Svama. Poi c’è la Svama D, che riguarda la riabilitazione per le disabilità. L’UVI si svolge tra i familiari dell’utente, il medico di base del paziente, poi c’è il distretto sanitario e il piano di zona, cioè il delegato del Comune per la parte sociale. Questo per gli anziani. Ci si renderà conto che qualsiasi tipo di discriminazione sulla patologia, per qualsiasi utente che accede in RSA, non può essere tollerata, almeno per noi. Se si individua un soggetto da ricoverare, a prescindere dalla patologia, quest’ultimo viene accolto. Per l’ingresso nella nostra RSA non c’è alcun riferimento ad alcuna patologia».

Si menzionano segnalazioni di famiglie che riscontrano maggiori difficoltà e lentezza nell’ottenere un posto per i loro cari con Alzheimer, talvolta percependo un’ostruzione da parte delle dirigenze delle RSA. Potrebbe descrivere il vostro attuale tasso di occupazione nei reparti dedicati all’Alzheimer e i tempi medi di attesa per un posto, specificando se ci sono state variazioni significative negli ultimi mesi?

«Attualmente, su 34 degenti, ce ne sono un paio affetti da demenza/Alzheimer. Ma non per scelta».

Considerando l’incertezza normativa e il timore, da parte delle RSA, di doversi sobbarcare interamente i costi per i pazienti con Alzheimer, avete valutato o state attuando misure interne, come la limitazione dei posti disponibili o la chiusura di reparti specifici per questa patologia?

«No, non stiamo valutando alcun sistema di limitazione dei posti. Tutto passa per l’UVI, quindi non c’è modo né bisogno di farlo».

Il testo evidenzia come alcune RSA preferiscano far passare avanti persone senza disturbi cognitivi per evitare il rischio di sospensione dei pagamenti basandosi sulle sentenze. Potrebbe illustrare i criteri di priorità adottati dalla vostra struttura nell’assegnazione dei posti letto e come viene gestita l’ammissione di pazienti con diverse patologie e condizioni, inclusa la demenza di Alzheimer?

«La nostra lista d’attesa è numerica, quindi su base temporale e non sulla base delle patologie. Noi adesso non siamo neanche a pieno regime, quindi attualmente basta effettuare la valutazione, cui si aggiunge la scelta del familiare, e il paziente può accedere alla struttura. Al momento non abbiamo una lista d’attesa. Ci sono zone e momenti in cui, per esempio, la domanda è più alta. Ci sono ritardi, normalmente, nel disbrigo delle pratiche, che in Regione Campania prevedono un tempo massimo di 20 giorni, ma dipende dalla celerità delle varie parti in causa di presentare la dovuta documentazione. Quindi si possono determinare ritardi per gli accessi all’interno delle strutture. Allo stato attuale, è così».

Le associazioni di categoria auspicano un intervento governativo con una norma chiara e definitiva sulla ripartizione dei costi per i pazienti con demenza. Qual è la sua opinione in merito alla situazione attuale e quali misure legislative o interventi a livello nazionale riterrebbe più urgenti e necessari per garantire sia la sostenibilità delle RSA sia l’adeguata assistenza ai pazienti affetti da Alzheimer e alle loro famiglie?

«Possiamo confermare che è necessario intervenire, ma non è un problema che si verifica soltanto oggi. Il DPCM del 14 gennaio 1997, che divideva i costi nelle RSA per gli anziani non autosufficienti, andrebbe rivisto già a monte. Molto spesso, per le persone anziane, per le patologie che riversano, il piano dei costi da sostenere ha molto più a che fare col sanitario che col sociale. Nel caso dell’Alzheimer, lo dimostra proprio la Cassazione che è così. Ma noi lo diciamo già da tanto tempo. Lasciare tutto alla semplice determinazione del dirigente dell’azienda sanitaria non è possibile: bisogna tener conto dei fondi, sempre limitati sia nel comparto sanitario sia in quello sociale. Con la Cassazione il problema dell’Alzheimer potrebbe potenzialmente creare un discrimine, perché offrire prestazioni e poi vedersi chiedere il rimborso per le prestazioni erogate potrebbe essere un problema per le società, nella misura in cui un familiare, giustamente, chiede per un paziente di Alzheimer il rimborso delle somme per le prestazioni erogate, facendone così aumentare il costo. Ciò legittimerebbe il comportamento di altre regioni che, a quanto pare, già effettuano una prima selezione rispetto a chi può o meno accedere presso le strutture. In Regione Campania funziona così: la retta costa 100. La legge nazionale dice che questo 100 va diviso al 50% a carico dell’Asl e l’altro 50%, che attiene alla prestazione sociale, invece, è a carico del Comune di residenza storico dell’utente che, a sua volta, sulla base del reddito e quindi dei propri regolamenti, può stabilire la compartecipazione dell’utente alla prestazione. Se la legge dicesse che per i malati di Alzheimer non si deve attuare il 50 e 50, così come la Cassazione ha previsto, il problema sarebbe risolto. Allo stato attuale, invece, il vulnus è nazionale. Poiché i soggetti con Alzheimer sono per lo più anziani, si crea un vulnus importante. La Cassazione se ne è resa conto, ora bisogna che anche il Governo lo realizzi e ponga l’accento su questo vuoto normativo».