di Malavoglia
Il “manifesto” degli intellettuali campani contro Vincenzo De Luca, divulgato di recente attraverso i quotidiani, i media e i social, stavolta si rivolge a Elly Schlein e al suo alleato Giuseppe Conte. I due si apprestano a riconsegnare, di fatto, la Campania nelle mani del sempreverde Governatore uscente, grazie a un accordo preelettorale sulla cui base si sarebbero già decisi non solo i nomi dei consiglieri regionali ma anche gli assessorati, assegnando, dulcis in fundo, la segreteria del Pd campano al “delfino” Piero De Luca.
Tre anni fa gli stessi intellettuali avevano indirizzato il loro messaggio a Enrico Letta, allora Segretario del PD. Simili i contenuti, come pure l’analisi, già lucida e impietosa nel denunciare la presenza nella regione a marchio deluchiano di una deriva regional-sovranista, clientelare, familistica, gravida di scempi paesaggistici, con l’infeudamento di Salerno e dello stesso PD.
Se tre anni fa, di fronte a decadenze, indagini, abusi d’ufficio, prescrizioni, alleanze opache e condanne di persone dell’entourage deluchiano, il PD voltava lo sguardo, oggi, pur di non consegnare la regione al centro destra, si tura il naso, parafrasando Indro Montanelli. Schlein e Conte riportano così in auge Vincenzo De Luca che, intanto, i manifesti degli intellettuali li appende al muro, visto che i segretari del PD passano ma lui resta. Il fatto non è nuovo né stupisce.
Già in occasione dell’elezione a Rettore dell’Università di Salerno del prof. Virgilio D’Antonio sulle pagine di questo giornale avemmo occasione di evidenziare come il silenzio fragoroso degli esponenti regionali del centro sinistra fosse la prova della loro acquiescenza a un ordine di scuderia che li vedeva subordinati agli interessi deluchiani (collimanti con quelli del Rettore uscente e non con quelli del Rettore entrante). Qualche giorno dopo il silenzio è stato rotto, con una provvidenziale pezza a colori e la formulazione dei migliori auguri a D’Antonio da parte del “delfino”, accompagnati da brindisi e fotografia d’occasione.
A stupire non è quindi il fatto che il “pater familias” De Luca continui a controllare il centro sinistra campano, avendo egli, in anni e anni di gestione, saputo bene distribuire incarichi e prebende, stando bene attento a non dare spazio a chi potesse fargli ombra, quanto la mancanza di capacità del PD nazionale di raccogliere l’invito a costruire un’alternativa in Campania, ponendo una volta per tutte fine al mito deluchiano. Schlein sembrava intenzionata a muoversi in tale direzione ma, di fatto, ha ceduto alla tentazione dell’usato sicuro, preferendo non rischiare. Puntare sul solito cavallo dato per vincente (secondo i sondaggi) significa per il PD vincere (forse) le elezioni, ma anche continuare a fornire a De Luca un ottimo paravento per giustificare la sua bulimia di potere e di narrazione autoreferenziale della realtà, coincidente con i suoi presunti successi. Successi assai discutibili, sul piano pratico e teorico.
Per quanto riguarda il primo, come bene evidenziato dal “manifesto”, De Luca può considerarsi uno dei peggiori amministratori che la regione Campania ha avuto dal 1970 a oggi, un permanente “bluff amministrativo” che, a partire dalla questione delle “ecoballe”, trasforma i suoi fallimenti in grandi risultati grazie a una propaganda solida e ben orchestrata (pagata con risorse pubbliche). La parabola deluchiana abbaglia abilmente i suoi “fan”, oscurando la sanità disastrata, i trasporti regionali inefficienti, l’urbanistica del partito del cemento, le logiche speculative del capitale, la deregolamentazione dell’edilizia privata e pubblica, con la subordinazione della salvaguardia ambientale, e finanche la privatizzazione dell’acqua (in barba all’esito del referendum del 2011). Aspetti ora rilevati anche dai cittadini campani, visto che, secondo un sondaggio dell’Istituto Piepoli, con un livello di gradimento al 43%, Vincenzo De Luca non gode della loro fiducia incondizionata, contrariamente a quanto ama far credere.
E, venendo al piano teorico, proprio la narrazione deluchiana, nella sua imperturbabile autocelebrazione, immune da ogni parvenza di autocritica, suscita qualche ulteriore riflessione. A fronte di uno scenario di disastri compiuti (sempre) dagli altri, il racconto delle progressive e magnifiche sorti del governo regionale in carica, esaltate a ogni piè sospinto dal Presidente uscente, ricorda con particolare evidenza l’immagine anomala dei rendimenti stabilmente proiettati verso l’alto, senza cioè le oscillazioni tipiche del mercato, degli investimenti economici delle vittime di Bernard Madoff, banchiere, finanziere e presidente della Borsa valori del Nasdaq nonché autore del più grande e clamoroso schema Ponzi di tutti i tempi. Arrestato nel dicembre del 2008, Madoff è stato poi definito un sociopatico, ossia un artista del raggiro, amante del rischio e della menzogna, propenso a violare le norme sociali e morali, occupando posizioni apicali, controllando e manipolando le persone, prospettando situazioni inesistenti con sicurezza e decisione, spacciando le proprie opinioni e convinzioni come verità assolute, disprezzando, in maniera più o meno diretta, le idee degli altri, rispondendo alle critiche non con il confronto ma con l’aggressione verbale, anche oltraggiosa. Non sappiamo se questa descrizione possa o meno ricordare le caratteristiche di un uomo politico, ma confidiamo, se non nel risveglio di un centro sinistra dormiente e succubo, in quello degli elettori della Campania, a cui sta per essere servito un brodino politico già freddo e consunto.





