La Juve Stabia è in amministrazione controllata: il clan D’Alessandro, egemone nel territorio stabiese, condizionava tutte le attività della squadra e della società. Il provvedimento, ai sensi dell’articolo 34 del Codice Antimafia, eseguito dalla polizia di Napoli e dal servizio centrale Anticrimine, è stato emesso dal Tribunale partenopeo, Sezione misure di prevenzione. Secondo la ricostruzione degli investigatori, il clan controllava ogni singola attività della Juve Stabia: biglietti, ingressi allo stadio, servizio di buvette, pulizie e servizi, fino al trasporto della prima squadra. “La camorra gestiva tutto: lo spostamento della squadra, la vendita di bibite, biglietti, il controllo della sicurezza nello stadio”, ha affermato il procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri – Era un pacchetto a 360 gradi: i calciatori dovevano solo giocare, al resto pensava la camorra”. Ma la Juve Stabia “non poteva essere strumento in mano alla camorra per gestire il consenso”. Ciò che colpisce, come ha spiegato Giovanni Melillo, procuratore nazionale Antimafia, è la “pervasività temporale” del fenomeno del condizionamento. “Non si tratta di un caso isolato, come dimostrano i provvedimenti già adottati nei confronti di altre società di calcio la cui gestione è sottoposta a interessi criminali”, ha evidenziato. Nel decreto che dispone l’amministrazione controllata – che LaPresse ha potuto visionare – viene evidenziato che l’analisi dell’organigramma della società fa emergere il “succedersi di presidenti contigui e/o proni al clan”. A partire da Domenico Raffone, “consuocero di Luigi D’Alessandro ed esponente apicale del clan, che ha ricoperto quel ruolo negli Anni ’80” e numerosi prestanome per la cosca, “a dire dei collaboratori di giustizia”. “Oggi, pur in presenza di un presidente ritenuto lontano dalle logiche criminali, le indagini consentono di affermare che essa appare fortemente condizionata dai sodalizi criminali della zona”. I D’Alessandro, come spiegato da un collaboratore di giustizia, “non avrebbero mai consentito ad altri il servizio” di trasporto della squadra, che, nei fatti, viene gestito da Pasquale Esposito, genero di Luigi D’Alessandro. Ma “l’incombenza” del clan si manifesta “in maniera importante” nel settore della tifoseria organizzata e “indirettamente, in quello della security”. Il clan gestiva anche il servizio ambulanze presso lo stadio. È così che le indagini hanno fatto luce su un episodio specifico: in occasione della partite contro il Bari, ai tornelli di accesso alla curva San Marco, assieme allo steward, era presente un esponente del tifo organizzato già colpito da Daspo. Quando lo scorso 29 maggio fu organizzata una festa per celebrare i risultati della Juve Stabia, sul palco salirono anche i rappresentanti dei tre gruppi ultras della tifoseria, alcuni dei quali raggiunti dal daspo e con profili di contiguità criminale. Un episodio che, per gli investigatori, certifica la “saldatura tra gli esponenti del tifo organizzato, già appartenenti o contigui a compagini criminali locali e la comunità stabiese”.I rappresentati degli ultras “si sono proposti pubblicamente sul palco con vertici della società di calcio, autorità civili e istituzioni pubbliche”.Attraverso lo Store Juve Stabia, secondo quanto ricostruito dalle indagini, venivano emessi biglietti e abbonamenti secondo una “prassi diffusa – certamente nota e quantomeno tollerata – di alterazione dei dati anagrafici inseriti nel sistema” per consentire “l’accesso allo stadio di soggetti pregiudicati e colpiti da Daspo, molti dei quali attigui al clan D’Alessandro”.





