di Andrea Pellegrino
Contributi provinciali ad enti inesistenti: la Corte dei Conti ipotizza un danno di circa un milione di euro per dipendenti, ex e beneficiari dell’ex amministrazione provinciale di Salerno. Per ora il procedimento contabile è sospeso in attesa di quello penale. Poi la Procura della Corte dei Conti riprenderà la sua attività in merito al processo. Con atto di citazione il 1 luglio 2015 ha già chiesto la condanna di tutti gli indagati per «per avere erogato in modo illegittimo finanziamenti ad inesistenti enti privati e/o per presunte iniziative culturali e sociali della cui realizzazione non vi sarebbe alcuna traccia». Responsabilità che la Corte dei Conti ha individuato anche nei confronti del tesoriere di allora, ossia la Banca della Campania. Si tratta della gestione Villani a Palazzo Sant’Agostino. La Procura contabile, in particolare, «ha indicato un elenco lunghissimo di delibere di spesa e mandati di pagamento, con precisazione dei funzionari pubblici firmatari che avrebbero erogato i finanziamenti ai privati». A finire sotto la lente d’ingrandimento della Corte dei Conti sono: Fulvio Aliberti, Vittorio Aliberti, Fabio Apicella, Mario Bisogno, Maria Grazia Bisogno, Alfonso Blasio, Luigi Calenda, Michele Cammarota, Ciro Castaldo, Giuseppe D’Acunzi, Luigia De Carolis, Pamela De Leo, Antonino Fausto Delli Santi, Giuseppe Lembo, Giovanna Musumeci, Gerardo Padula, Giovanni Carlo Pergamo, Sabina Primaverile, Silvia Rossi, Carmelo Ventre, Maria Pia Viviani. Per quanto riguarda la Banca della Campania, la Procura contabile sostiene che «il tesoriere, invece, sarebbe responsabile, in via sussidiaria, per non avere verificato l’esistenza della doppia sottoscrizione del dirigente e del responsabile economico finanziario, prima della liquidazione dei mandati di pagamento». Da parte degli imputati sono state presentate le memorie difensive. In particolare, Giuseppe D’Acunzi ha segnalato di essersi limitato ad erogare alle associazioni “Centro studi universitari” e “Musicale Braciglianese” (con le quali non ha avuto mai alcun rapporto) solo il saldo (€ 20.000,00) del contributo dovuto a seguito di deliberazioni da altri adottate e previa verifica dei rendiconti e della documentazione esibita dall’associazione; Maria Grazia Bisogno, ancora, ha evidenziato di avere sottoscritto (previa verifica della presenza di tutta la documentazione necessaria quale ad esempio l’esistenza di impegni di spesa e delibere di conferimento del beneficio) taluni mandati di pagamento per l’assenza del dirigente competente e soprattutto in un giorno in cui avrebbe dovuto sottoscriverne numerosissimi per la scadenza del termine di pagamento dello stipendio (di qui l’assenza di ogni colpa grava a suo carico). Mario Bisogno circa il fatto di avere ricevuto l’accredito sul proprio conto corrente di numerose somme da destinarsi a diverse associazioni ha puntualizzato di avere girato immediatamente tutti gli importi (pari a complessivi € 489.644,16) alla moglie (Giovanna Musumeci), trattenendo il modesto importo di € 11.948,60. Avendo ricevuto l’invito a dedurre solo in data 17 ottobre 2014 ha eccepito la prescrizione dell’azione, salvi i mandati del 17 aprile 2014 e quelli del 29 aprile 2014 di importo complessivo pari ad € 39.000,00; Maria Pia Viviano ha precisato di essersi limitata, nella propria qualifica di istruttore amministrativo, ad istruire la pratica alla luce della documentazione prodotta che era regolare; Carmelo Ventre ha precisato di avere adottato le due determine contestate a seguito dell’esame della documentazione necessaria al fine dell’erogazione del finanziamento (rendiconti di spesa e fatture) della cui eventuale falsità non avrebbe potuto avere alcuna contezza al tempo dell’esercizio del potere. Luigi Calenda ha rilevato che ia propria attività sarebbe meramente vincolata dovendo i dirigenti competenti del settore effettuare i controlli sulla legittimità tecnica e contabile della spesa, essendo limitata la propria attività alla verifica degli atti presupposti all’ordinativo di pagamento e alla coerenza e all’attendibilità di tali atti presupposti con la liquidazione stessa. Ora, però, scrivono i giudici, è necessario attendere almeno lo sviluppo del dibattimento nella fase di primo grado del processo penale, per verificare l’eventuale sussistenza dell’elemento doloso prospettato dalla Procura regionale sulla base di documentazione che formerà oggetto di più approfondita valutazione nel processo penale.