È destinata ancora a far discutere l’ordinanza emessa dalla Regione Campania, in pieno lockdown, sulla chiusura delle scuola imposta dal presidente Vincenzo De Luca. A finire nel vortice delle polemiche, questa volta, è la sentenza del Consiglio di Stato, emessa e poi annullata in quanto generata in automatico e non corrispondente alla volontà del presidente Luigi Maruotti. La vicenda inizia nel 2021 quando il Codacons Campania presenta ricorso contro le ordinanze del presidente De Luca; nel mese di novembre il Tar accoglie il ricorso ma da Palazzo Santa Lucia viene presentato il ricorso al Consiglio di Stato. Anche in questo caso, sentenza favorevole pubblicata l’11 novembre 2022 confermando in sostanza che si poteva procedere alla sospensione delle attività didattiche in presenza ma solo in caso di «aggravato rischio» che, di fatto, giustificasse la didattica a distanza imposta proprio dalla Regione Campania nonostante le protesta di associazioni di genitori. «Il collegio giudicante dichiara l’illegittimità delle ordinanze numero 2/2021 e numero 6/2021 del presidente della Campania, dopo aver affermato che la risposta all’emergenza doveva essere globale e quindi non può che essere assunta a livello statale», si leggeva nella sentenza messa nero su bianco con tanto di riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale del maggior 2023. Il Codacons Campania però non fa in tempo ad esultare dopo aver ricevuto la sentenza via pec in quanto il presidente del Consiglio di Stato Maruotti emette un decreto con cui congela il documento, firmato anche digitalmente: «per un errore informatico è stata pubblicata una “sentenza” generata dal sistema» – si legge nel provvedimento – che non corrisponde a quella che realmente doveva essere emessa, «in assenza della corrispondente volontà del presidente». E dunque, tutto stravolto: il Consiglio di Stato accoglie il ricorso presentato dalla Regione Campania affermando la non presenza di «eccesso di potere». A portare il caso all’attenzione del governo nazionale il deputato salernitano Pino Bicchielli che ha presentato una interrogazione al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia: “Come si apprende dal quotidiano La Verità del 14 aprile 2023, nell’articolo dal titolo «La Dad assolta con un giochino di prestigio», a firma delle giornaliste Patrizia Floder Reitter e Maddalena Loy, in data 11 novembre 2022 è stata emanata una sentenza del Consiglio di Stato, precisamente la n. 09894/2022, regolarmente protocollata e firmata digitalmente da tutti i componenti della camera di consiglio, dall’estensore e dal presidente, nonché consegnata alle parti a mezzo Pec, nonché pubblicata correttamente sul sito internet del tribunale – si legge nell’interrogazione presentata dall’onorevole Bicchielli – Non volendo entrare nel merito della contestazione, si nota che, sempre in data 11 novembre 2022, a poche ore dalla ricezione della Pec contenente la sentenza n. 09894/2022 e dalla relativa pubblicazione sul sito, è stato diramato dal presidente della Sezione III un decreto (02096/2022) che, proponendosi di revocare la sentenza appena pubblicata e comunicata alle parti, specifica tra l’altro che: «…per un errore informatico è stata pubblicata una sentenza generata dal sistema, in assenza della corrispondente volontà del Presidente, del Consigliere estensore e degli altri componenti del collegio…», convocando nuovamente la camera di consiglio per il 17 novembre 2022». Nella sua interrogazione, il vice presidente di Noi Moderati ha evidenziato che «risulta quantomeno di difficile comprensione come una sentenza digitalmente firmata da tutti i componenti della camera di consiglio, dall’estensore e dal presidente e correttamente pubblicata e notificata alle parti possa essere generata da un sistema informatico; martedì 4 aprile 2023 è stata, poi, pubblicata una nuova sentenza n. 03604/2023, anch’essa correttamente protocollata e digitalmente firmata, completamente difforme alla prima sentenza; prima sentenza di cui nel frattempo si sono perse le tracce anche dal sito del tribunale; la nuova sentenza, tra l’altro, emessa successivamente da componenti diversi della camera di consiglio stravolge nella sua totalità il contenuto della sentenza emessa a novembre 2022, facendo intendere, ad avviso dell’interrogante, che l’errore non era formale ed informatico ma sostanziale». Da qui la richiesta al governo di approfondire, per quanto di competenza, «quanto riferito dalla stampa in ordine alla sicurezza e al corretto funzionamento delle piattaforme e delle procedure informatiche impiegate nell’amministrazione della giustizia, anche a tutela dei diritti di difesa delle parti e a garanzia del principio della certezza del diritto, affinché non abbiano a ripetersi episodi come quelli descritti in premessa».
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