di Cesare Guarini*
La storia del Conservatorio Montevergine è stata portata all’attenzione della cronaca cittadina dal Gruppo Civico “Ali per la Città” con una “lettera-aperta” indirizzata alla Soprintendente, arch. Bonaudo. Successivamente, la sensibilità e l’attenzione nei confronti di un bene della storia della Città, hanno spinto il prof. Aniello Salzano, uomo di cultura, a rivolgere al Sindaco, arch. Napoli, la richiesta di rassicurare i cittadini sulla destinazione della struttura. Purtroppo, a distanza di diverse settimane, non ci sono state risposte e neanche la conferma della presenza del vincolo storico-culturale. Questa tutela è importante ai fini della conservazione del complesso che, adesso, è di proprietà privata.
Sui social la storia ha avuto un certo seguito e sono stati letti alcuni interventi che hanno espresso indignazione, o rammarico, o rassegnazione per una vicenda che, per molti versi, appare poco chiara.
Il Convento, in quanto luogo religioso, doveva essere sottoposto a tutela di diritto, ai sensi del nuovo Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio del 2004 nonché delle Leggi precedenti. Tanto è vero che, a quanto è stato scritto e documentato, era stato catalogato nel 1990 con una scheda di rilevazione inserita nell’elenco dei Beni Culturali pubblicato dal competente Ministero. Quindi, avrebbe dovuto godere della tutela già nel 2009, quando una attestazione dell’Ufficio Regionale per il Patrimonio Culturale ne dichiarò la irrilevanza. In definitiva, quel certificato, munito a quel che sembra solo del numero di protocollo, sulla base di cosa venne scritto? Di fatto, in forza del documento, nello stesso anno 2009 il Monastero fu venduto ai privati. Insomma, qualcosa non quadra.
Si è letto, poi, che la scheda fu revisionata nel 2011, in prosecuzione dell’originaria catalogazione. Questo fatto confermerebbe la presenza della tutela perché, altrimenti, il Ministero avrebbe parlato non di revisione ma di nuovo inserimento. Infine, qualcuno ha messo in discussione l’origine Longobarda della struttura. Su questo punto, ovviamente, spetta alla Soprintendenza intervenire per confermare o contestare. Anche perché, come è stato scritto, già nel 1996 lo stesso Ufficio aveva inserito il complesso in un volume di propria edizione, come fece pure il Comune con riferimento ad un percorso di visite al patrimonio culturale della Città.
A questo punto, una risposta appare necessaria. La Soprintendenza dovrebbe innanzitutto chiarire se il Monastero è oggi tutelato e a cosa può essere destinato. Poi, spiegare se il documento che ne autorizzò la cessione aveva un valido supporto di indagini e verifiche visto che, è scritto, esse sarebbero state eseguite dallo stesso Ufficio locale. A collaterale, dalla Massima Autorità Cittadina dovrebbero essere diradati i timori del prof. Salzano, garantendo che quel bene è di interesse della Città e che sarà assicurata una destinazione rispettosa della sua storia. Su tutto, anche la Curia potrebbe fornire chiarimenti. Spiegando perché, come si è letto, avrebbe venduto a 1 milione quello che era stato valutato 6,5 milioni. E’ lecito avere dei dubbi.
Quello che è certo, è che non è possibile tenere sotto silenzio tutta questa storia e che la Città ha diritto di sapere se la perdita di un bene così rilevante fu l’effetto di operazioni poste in essere nel pieno rispetto della Legge. Ma, qui, la competenza è di un altro Organo Istituzionale, che pure avrebbe il compito di capire.
In ogni caso, il Sindaco, arch. Napoli, e la Soprintendente, arch. Bonaudo, non possono tacere.
*Futura Salerno