Consac, l’acqua è poca, sporca ma vale oro - Le Cronache Ultimora
Cronaca Ultimora

Consac, l’acqua è poca, sporca ma vale oro

Consac, l’acqua è poca, sporca ma vale oro

di Peppe Rinaldi

 

Il 28 settembre e il 9 ottobre scorsi questo giornale s’è occupato di “Consac-Gestioni Idriche spa”, consorzio pubblico per la gestione delle acque del Cilento a servizio di oltre 50 comuni del territorio, oggi presieduto dal sindaco di Ceraso, l’avvocato Gennaro Maione, ovviamente del Pd. Abbiamo parlato della rituale «parentopoli» e della girandola di posti di lavoro e incarichi professionali modulati sulle appartenenze, abbiamo pure tratteggiato un certo contesto vischioso fatto di interessi privati e pubblici, in qualche caso – uno in particolare – anche platealmente. Abbiamo, al tempo stesso, congetturato (?) sul ricorrente problema delle coperture e delle commensalità che, nel corso del tempo, sono andate cementandosi tra organi di controllo e generalità dei controllati. E’ tempo di concludere questo breve viaggio. Salvo novità ulteriori.

 

Record tariffario

 

La prima, spontanea, domanda è questa: siamo proprio sicuri che Consac spa serva, non si pretende benissimo ma almeno bene coloro i quali devono essere serviti? Qualche dubbio sorge, tenuto conto delle continue proteste delle comunità di riferimento. Manca spesso l’acqua, le doglianze dei cittadini si sprecano, i canali della comunicazione ospitano lamentele e invettive, per non dire del mondo cosiddetto social. Dalle parti di Consac pare che gli utenti paghino l’acqua con la tariffa più alta in Campania, si arriva anche a 2-3 euro al metro cubo, eppure, spesso, questa manca, anche d’inverno e autunno. Altrettante volte non si presenta ‘buona’ sotto il profilo della salubrità già a prima vista, il che è un problema che può diventare presto un guaio. Sono stati spesi pacchi di soldi per un sistema di pompe di sollevamento dell’acqua dal basso verso l’alto Cilento, i vari responsabili che si sono succeduti hanno fatto propria l’idea che fosse preferibile pomparla 24 ore su 24 invece che, ad esempio, costruire una rete di pozzi – laddove possibile – che avrebbe fatto risparmiare molto danaro. Forse è proprio questo il punto, forse no, si vedrà.

 

Acqua pubblica e parole al vento

 

In questi giorni stiamo assistendo, tra l’altro, alla solita tiritera dell’«acqua bene pubblico», specie da parte dell’ex presidente della Camera oggi aspirante governatore, Roberto Fico, il quale forse ignora che la strutturazione giuridica del relativo sistema lo sia già: ma l’offerta politica questa è, almeno da un certo versante, di più non si può pretendere. Ora, nelle pieghe della demagogia non solo elettorale, si inserisce anche la vicenda di questo ente cilentano affidato alle cure di una rete di relazioni incrociate governata da anni dal Pd, salvo alcune ricadute localistiche di segno diverso ancorché di sostanza analoga. Tutti elementi di cui non si può non tener conto.

Consac soffre la pressione di un cumulo di debiti causato anche dal costo di un personale che in pochi anni ha registrato una crescita anomala delle unità «lavorative», un po’ quel che accade in quasi tutti gli organismi di questo tipo: erano poco meno di un centinaio fino a 6-7 anni fa, poi c’è stato un crescendo rossiniano di assunzioni fino ai circa 200 dipendenti attuali. Come mai? Direbbe il conduttore televisivo della notte: fatevi una domanda, datevi una risposta. Un comando di qua, un distacco di là, una graduatoria qui, un’altra lì, un concorso ‘sartoriale’ oggi, uno domani, uno scorrimento di graduatoria per quell’amico e una chiamata diretta per quell’altro, uno slittamento di posizione da una parte e una consulenza che si metamorfizza in stabilizzazione dall’altra: alla fine è chiaro che la borsa inizi a cedere. Tutto questo spesso oggetto di denunce ed esposti cui non hanno fatto seguito né verifiche né approfondimenti né altro: solo un estenuante silenzio, un classico. Poi, ad esempio, scopri che nella stessa area, più o meno, qualcuno della GdF o della procura della repubblica competente addirittura ha avvisato il destinatario di un esposto che era in corso un procedimento contro di lui per gravi fatti di corruzione relativi proprio alle modalità di assunzione in un ente pubblico locale di propri clientes: e non è successo niente. C’è poco da aggiungere.

 

Costi, debiti e acque ambigue

 

C’è, ancora, tutta la partita dei costi vivi dell’acqua che Consac acquista dal Consorzio Velia, un ente di bonifica dell’area che gioca un ruolo nel sistema sin qui descritto, pur avendo natura, storia e identità diverse. Nel 2023 Consac spendeva circa 1,1 milioni di euro per l’acquisto all’ingrosso dell’acqua dal Velia, cifra aumentata nell’anno 2024 di quasi 400mila euro, per rivenderla successivamente ai proprio clienti. Per non dire dello falto costo dell’energia elettrica, vera croce di Consac, cifra che in un solo anno è aumentata di quasi 2 milioni: nel 2023 era di circa 8,7 milioni di euro, l’anno dopo è schizzato a quasi 10,3 milioni. Tra poco tempo vedremo pure per il 2025, anno ‘elettorale’, quindi con rischio di sperpero aggiuntivo. Con il fornitore di energia c’è una guerra in corso che, però, costringe Consac a patire il peso di interessi annuali che superano il milione di euro, i famosi due miliardi di vecchie lire, per capirci.  In pratica, un cappio che pian piano si stringe al collo dell’ente e che si riverbera giocoforza sull’utenza.

C’è, infine, tutta la partita che investe la qualità stessa delle acque col relativo sistema di sanificazione. Consac si trova spesso, anche di recente, al centro di vibrate proteste della popolazione perché l’acqua dal rubinetto esce scura, marroncina, insomma di un colore che non può che generare sconforto e sospetto, oltre che rabbia (vedi foto). Anche qui ci sarebbero alcuni tratti opachi da approfondire, come il fatto che l’organo fondamentale che deve controllare la potabilità dell’acqua, l’Asl di Salerno, quando fa i sopralluoghi, non solo pare avvisi (sarà un vizio diffuso?) i responsabili annunciando la visita, ma spesso ignora addirittura l’esistenza di due impianti di potabilizzazione ad hoc, costati peraltro bei soldi all’erario. Senza che nessuno apra bocca al riguardo né si senta in dovere di spiegare: di solerti investigatori, pur abbondando, non v’è traccia. Almeno finora.