Chiancarelle, nel ricordo di un florido commercio - Le Cronache
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Chiancarelle, nel ricordo di un florido commercio

Chiancarelle, nel ricordo di un florido commercio

di GINO LIGUORI

Perché le “chiancarelle”, perché quella zona passa come luogo della perdizione? Che cosa sono le “chiancarelle”?

Il sindaco di questa città ha “trasformato” quel posto in un punto di riferimento per il traffico di droga, luogo dove si aggiravano le prostitute e gli omosessuali si davano appuntamento. È un modo come un altro per non  considerare il valore di quel pezzo di legno che dava lavoro a tanti salernitani, per esaltare una seria di iniziative che erano e sono in netto contrasto con quella città di Salerno diventava irriconoscibile, e che ha perso l’identità.

I giovani di oggi forse non sanno, ma certe favole non possono certamente “bersele” coloro che conoscono la storia di Salerno. Gli stessi parenti della famiglia Iannone (don Enrico era l’industriale del legname) spesso hanno evidenziato che trasformare un’azienda in una discarica non è bello.

Io ho conosciuto don Enrico Iannone. Viveva nella bella villa a Canalone, quartiere dove sono nato e cresciuto frequentando il grande pittore Pasquale Avallone, gli Oddo, i Capaccio, i D’Aniello, i Manzo, i Martuscelli, ricevendo anche gli insegnamenti di Padre Claudio di Zenzo. Ecco perché da un documento storico a firma di Nicola Fruscione, mio maestro di giornalismo, mi piace far luce su quelle “chiancarelle” che rappresentarono anni di floridissimo commercio per il porto di Salerno.

Ho sempre sostenuto che Vincenzo De Luca non conosce la storia della città. Vorrei ricordargli che a pochi passi dalla fabbrica di Iannone c’era il mattatoio. Non era un luogo di perdizione.

Bene hanno fatto “i figli delle chiancarelle” offesi nel decoro, a creare su Facebook un gruppo consistente di affiliati che si batte perché a Salerno sia riconosciuto quello che gli antichi hanno creato e lasciato, e non deve essere distrutto per far posto ad una linea che di moderna urbanistica non ha nulla.

“Carratelli o bordolesi? Quando arriva la richiesta dai paesi dell’area mediterranea che commerciavano con Salerno la domanda era d’obbligo.

I depositi erano pieni ma poteva mancare il tipo richiesto e bisognava ordinarlo su in montagna dove le segherie di primo impatto erano pronte a soddisfare ogni esigenza. Carratelli, bordolesi e quant’altri nomi venivano usati per classificarle, sempre doghe erano, meglio ancora “chiancarelle” , elemento essenziale per due utilizzazioni: servivano a costruire botti per vino e oli o reticoli per solai di copertura dei fabbricati.

Era un commercio floridissimo per il porto di Salerno che al massimo scaricava grano per le industrie molitorie o refrattari per le fonderie. Le doghe costruivano la porta di ingresso per l’esportazione quando il legname era indispensabile per commerciare olio e vino con i paesi che vivevano soltanto di questi prodotti. Le destinazioni era quelle d’Algeria, di Valencia, di Siviglia, di Lisbona, di Oporto. Paesi che producevano appunto vino e olio ma non avevano il buon legno di castagno che era facile a piegarsi con il calore e “teneva” così bene da non far perdere una goccia di liquido alle botti che con esso si costruivano. A trattare le doghe era una vecchia famiglia salernitana, quella di don Enrico Iannone, che viveva nella sua bella casa di Canalone, una specie di piccolo castello affacciato sul golfo con i due figliuoli Pasquale e Armando le cui discendenze si sono poi divise fra L’Italia e la Spagna.

Erano tante le doghe che venivano avviate dall’estero da riempire tutta la zona ad oriente del porto. Immense cataste di legno che per dare il nome a quella parte della città che oggi è soggetto delle cure di Bohigas. Quando si dice “dietro le chiancarelle” ancora oggi salernitani doc sanno che si tratta di quel piccolo gruppo di strade che per la toponomastica rispondono ai nomi di Via Alvarez e Via Regina Sibilia. Per anni, anzi per decenni, furono anche il rifugio degli innamorati che tra quelle  lunghe pile di legname trovavano compiacenti angolini, specialmente all’imbrunire, dove scambiarsi carezze ed effusioni. Era, di sera, il territorio dei fidanzatini. Arrivavano poi le auto, diventate alcove compiacenti e le coppiette si trasferirono altrove. Nel frattempo le doghe non presero più le vie del mare, il cemento armato sostituì i solarini di un tempo, decadde il mito delle “chiancerelle” e con esse la poesia che aveva accompagnato, per anni ed anni, i furtivi ed innocenti incontri di tanti fidanzatini.”

Chissà se scopriremo un giorno che magari un ragazzo di nome Vincenzo si appartava anche lui teneramente dietro le “chiacarelle” per rubare il primo placido bacio d’amore…