Chef Adinolfi: Conoscere Cannavacciuolo... - Le Cronache Salerno
Salerno

Chef Adinolfi: Conoscere Cannavacciuolo…

Chef Adinolfi: Conoscere Cannavacciuolo…

Chef originario di Salerno, Marco Adinolfi è oggi alla guida della cucina del ristorante Cetus a Cetara, una terrazza affacciata sul mare della Costiera Amalfitana. Classe 1988, ha mosso i primi passi nel mondo della ristorazione seguendo le orme della sua famiglia, ma ha scelto sin da subito di costruire la sua carriera in autonomia, tra sacrifici, gavetta e tanta passione per l’arte culinaria. La sua è una cucina moderna, fondata su solide basi tradizionali e pensata per sorprendere, sempre con identità e misura.

Marco, partiamo dalle origini: dove e quando sei nato?

Sono nato a novembre di quasi 36 anni fa a Salerno.Sì, sono dello Scorpione – lo so, non è il segno più simpatico per molti, ma io ci sono affezionato… anche se dicono che siamo puntigliosi e un po’ rancorosi;

Che tipo sei, invece?

Sono tranquillo, anche se un po’ impiccioso lo ammetto! Non sono uno che vuole avere sempre ragione: mi piace confrontarmi, ascoltare gli altri;

La tua famiglia è sempre stata nel mondo della ristorazione?

Esatto. Siamo una famiglia di ristoratori. Mio padre ha gestito per anni un ristorante a Cava de’ Tirreni, e mio fratello è anche lui cuoco .

Abbiamo avuto in gestione per molti anni attività a Rimini, Ravenna ed anche allora ora partirà per una stagione a Ravenna. A Salerno abbiamo avuto un altro locale, “Happy Rock”, dal 2010: una via di mezzo tra pub, paninoteca, pizzeria e cucina espressa. Però io ho sempre voluto fare il mio percorso da solo, senza lavorare nei locali di famiglia. Volevo crescere senza scorciatoie;

Quando hai iniziato davvero a lavorare in cucina?

Facevo le stagioni già dalle superiori ,poi la mia prima vera esperienza è stata un locale molto in voga  a Salerno, poi ho fatto una stagione al Kursaal di Mercatello. Ma la svolta è arrivata nel 2011, quando sono entrato al Grand Hotel. Avevo appena vent’anni ed ero commis. Lì ho fatto tutta la gavetta, fino a diventare capo partita;

Hai studiato all’alberghiero?

Sì, all’Istituto “Virtuoso” di Salerno. Ai miei tempi si imparava davvero, si usciva già pronti per affrontare una cucina professionale. Oggi vedo ragazzi che non sanno neppure riconoscere un coltello da uno spelucchino, non sanno preparare e tantomeno sanno cosa è una besciamella. Non è colpa loro, ma il sistema scolastico dovrebbe dare più importanza alla pratica;

Cosa ti ha insegnato di più nella tua carriera?

Il Grand Hotel è stata la mia palestra più importante,nove anni di crescita continua. Ma anche tutti i lavori extra, dai catering agli eventi privati, mi hanno formato. Quando cominci a ripetere da solo ciò che hai visto fare, è lì che impari davvero. Nella banquettistica poi sono stati dei veri maestri al Savoy , Ariston,Royal;

Hai mai preso delle “strigliate”?

Eccome! Urla, notti insonni, cazziatoni… ma fanno parte del mestiere. Come dice Cannavacciuolo: “le sgridate aiutano a crescere”. Ed è proprio lui il mio riferimento;

Ti piacerebbe lavorare con lui?

Assolutamente sì. Lo stimo tantissimo, non solo come chef, ma come persona: è autentico, umile, diretto;

Oggi, quanto guadagna in media uno chef come te?

Tra i 2.500 e i 3.000 euro al mese. Non è male, ma considerando la mole di lavoro, le responsabilità e i turni infiniti, non è neanche tanto. Al Sud, purtroppo, la figura dello chef è ancora sottovalutata;

Hai mai pensato di trasferirti?

Sì, il mio sogno è lavorare in Francia o in Spagna. Non per una semplice stagione, ma per costruire un progetto. All’estero la cucina è rispettata come arte e mestiere, qui a volte sembra solo un “saper cucinare”;

Che tipo di cucina proponi?

Una cucina moderna con basi tradizionali. Non è esasperatamente elaborata, ma ha un’identità ben definita. Mi piace partire dalla tradizione campana e poi giocare con le forme, le tecniche contemporanee, l’effetto sorpresa;

Hai un piatto simbolo che ti rappresenta?

Una tartare di agnello con chips di riso soffiato e tuorlo agli agrumi. L’ho creata quando lavoravo a Pontecagnano e fu un grande successo. È uno di quei piatti che aiutano a far crescere il livello del menu e anche il valore percepito del ristorante;

I tuoi cavalli di battaglia?

Certamente tutti i piatti a base di pesce, lo conosco bene,lo so lavorare ed è proprio in quelle preparazioni che mi esprimo al meglio;

Nella tua cucina della pasticceria te ne occupi tu o hai un pastry chef?

Assolutamente io , anche se non  sono un’ amante dei dolci, tranne che per la crostata di frutta ,amo farli.

Durante la chiusura  della ristorazione a causa del COVID, mi sono specializzato nell’ arte dolciaria e questo mi ha permesso di lavorare in quel periodo nelle pasticceria che potevano essere aperte.Adoro preparare i lievitati,mi piace mettere le mani in pasta, seguire ogni fase e non uso preparati , faccio tutto da me;

Hai un ingrediente del cuore? Uno di quelli che non mancano mai nella tua cucina?

Sì, direi il limone. È un ingrediente che uso tantissimo, per le sue note fresche e acide che riescono a dare equilibrio anche ai piatti più strutturati. Ma è anche un simbolo della mia terra, e mi piace che nei miei piatti si senta il legame con il territorio;

Al Cetus dove lavori attualmente che mansioni hai?

Sono secondo chef  e mi occupo del ristorante in spiaggia. Ma ho grande autonomia e stima ,lo chef appoggia ogni mia idea come dal pane fresco alla preparazione di nuovi piatti ed è un piacere lavorare in una struttura simile con un panorama mozzafiato;

E il sogno nel cassetto?

Conoscere Cannavacciuolo, certo, ma soprattutto lavorare in un ristorante stellato. Non per vanità, ma per sentirmi parte di un progetto importante. E magari, un giorno, aprire un locale tutto mio dove raccontare la mia idea di cucina;

Ravioli ai porcini e tartufo allo zabaione salato

Una creazione dello chef Marco Adinolfi che celebra i profumi del sottobosco con eleganza e tecnica

Nel cuore della stagione autunnale, i sapori della terra si esprimono al massimo della loro intensità. In questo piatto, lo chef Marco Adinolfi rende omaggio ai funghi porcini di Acerno, trasformandoli in un ripieno cremoso racchiuso da una sfoglia sottile, arricchito da una spuma setosa di zabaione salato e nobilitato dal tartufo, protagonista indiscusso della tavola gourmet.

Ingredienti per la pasta:

1 kg di farina 00

2 uova

1 cucchiaio di olio extravergine di oliva

Acqua tiepida q.b.

Per il ripieno:

750 g di ricotta

3 uova (1 intero + 2 tuorli)

500 g di funghi porcini di Acerno

80 g di burro

Olio extravergine di oliva

1 spicchio d’aglio

Prezzemolo tritato fresco

Parmigiano grattugiato

Sale e pepe nero macinato al momento

Per lo zabaione salato:

Tuorli d’uovo

Sale fino

Burro

Vino bianco secco

Il procedimento:

Si comincia con i funghi: dopo un’accurata pulizia, i porcini vengono tagliati a pezzetti e rosolati in padella con burro e aglio. La cottura, breve ma decisa, serve a esaltare la loro fragranza. Una volta dorati, si uniscono al prezzemolo tritato per completarne l’aroma.

Nel frattempo, la ricotta viene lavorata con le uova, sale, pepe e una generosa dose di Parmigiano grattugiato. A questo composto si aggiungono i funghi trifolati: il ripieno è pronto, profumato e vellutato.

La sfoglia si prepara come da tradizione, disponendo la farina a fontana su un piano in legno e impastando con uova, olio, sale e acqua tiepida fino a ottenere un impasto liscio ed elastico. Dopo un adeguato riposo, si stende la pasta in sfoglie sottili, da cui si ricavano dei dischi. Su ciascuno viene adagiata una porzione di ripieno, poi si richiudono a mezzaluna, sigillando accuratamente i bordi.

I ravioli riposano per circa un’ora su un piano infarinato prima di essere lessati in acqua bollente per quattro minuti.Nel frattempo si prepara lo zabaione salato: in una boule si uniscono i tuorli con un pizzico di sale, quindi si incorpora il burro e, a seguire, il vino bianco. Il composto viene montato a bagnomaria con una frusta fino a ottenere una crema densa, che verrà filtrata e trasferita in un sifone caricato con due capsule di gas. È necessario lasciarlo riposare per almeno trenta minuti.