Parte dal caffè per arrivare alla cena.
Il procedimento inverso di Celano mette a tavola Letta, De Luca, Amato, Ceccuzzi e Mussari.
Il primo è l’ospite. Il capolista di Campania 2, quel che Vincenzo De Luca, prima del lungo caffè al Comune di Salerno, considerava un catapultato.
Tutti gli altri, sono i commensali reali di una cena che si è tenuta in Costiera Amalfitana qualche anno fa ma venuta alla ribalta solo all’indomani delle manette eccellenti del crac Amato.
Dal puzzle del consigliere comunale Roberto Celano l’equazione è bella che fatta: «De Luca fiore all’occhiello del Pd come lo era l’MPS per la finanza rossa». Mettici che siamo in piena campagna elettorale e che lo scandalo Monte dei Paschi di Siena è appena all’inizio. Ed ancora se si aggiunge che a quel tavolo “Divino” sedevano Ceccuzzi e Mussari, la richiesta di chiarezza da parte di Roberto Celano (oggi è candidato alla Camera dei Deputati con i Fratelli d’Italia di Cirielli) appare abbastanza scontata.
Interrogativi ma anche fatti che Celano sottopone proprio ad Enrico Letta, all’indomani della stretta di mano con De Luca e delle dolci parole che i due si sarebbe scambiati da vecchi amici. Perché se moneta non olet, i voti (soprattutto in questo periodo) servono. E così Celano dice: «Se Enrico Letta ha bisogno di De Luca, se lo porti altrove prima che il sindaco conduca la città al dissesto. Solo chi non conosce la realtà di Salerno ed apprende “nozioni” sull’amministrazione della stessa esclusivamente dalla grande e incisiva campagna promozionale dell’immagine del primo cittadino, pagata profumatamente dalla comunità salernitana, può pensare che De Luca sia un simbolo di buona amministrazione. Enrico Letta, uomo di parte, giunto a Salerno col cappello in mano alla ricerca di un po’ di consenso, non sa che in questa città, da venti anni ad amministrazione progressista, non c’è una sola grande opera pubblica, tra quelle promosse e propagandate in modo eclatante, terminata». Ma per Celano, Letta deve sapere.
«Non sa che l’amministrazione Comunale di Salerno non è più in condizione di pagare i servizi essenziali (trasporti e rifiuti su tutti), non consentendo a centinaia di lavoratori di percepire regolarmente lo stipendio. Non sa che i cittadini di Salerno pagano i tributi più elevati d’Italia, essendo stata tra l’altro l’amministrazione comunale costretta, per far quadrare i conti, ad aumentare al massimo per il 2013 anche l’aliquota dell’addizionale Irpef ed a prevedere la maggiorazione Tares a 40 centesimi al mq (massimo possibile), dopo che per il 2012 il Sole 24 ore evidenziava che le famiglie salernitane sono, unitamente a quelle romane e veneziane, le più tartassate dall’Imu. Non conosce che nei venti anni di gestione progressista il nome del sindaco si associa al fallimento delle più importanti imprese salernitane, essendo ormai l’ex zona industriale di Salerno divenuta un vero cimitero industriale, esempio della deindustrializzazione della nostra città. Marzotto, Landis&Gyr, Ceramiche D’Agosto, Alvi, Despar, Ideal Standard, Pastificio Amato, Pennitalia, Ideal Clima, Finmatica, sono solo alcuni esempi di quanto devastante sia stato l’approccio del governo progressista col settore industriale e manifatturiero della città. Non ha letto, Enrico Letta, i dati inquietanti sullo stato di salute del mare cittadino, ovviamente a detta dell’amministrazione inquinato per colpa di altri comuni limitrofi “nemici” di Salerno. Né sa che per tentare di porre rimedio alle voragini di bilancio, il suo “esempio amministrativo” ha deliberato, unitamente alla sua amministrazione, di recente, una variante urbanistica che consente di edificare anche le ultime zone destinate a standard presenti nel centro cittadino, e che, per far cassa, sta rapidamente tentando di “svendere” tutto il patrimonio, anche quello a valenza storico-artistico-culturale, accumulato dalle generazioni precedenti. Enrico Letta non si è ancora reso conto che il primo cittadino di Salerno sarà un giorno ricordato come il simbolo dei fallimenti, e che l’emblema della sua amministrazione sarà quella piazza “crollata”, che avrebbe dovuto ospitare le sue ceneri umane e che invero, probabilmente, accoglierà solo le sue ceneri politiche. De Luca ha governato la città utilizzando le risorse pubbliche a mo’ di bancomat per le esigenze della sua immagine e per accrescere consenso, così come il management “nominato” dagli amici di Letta alla giuda della terza banca italiana ha operato nel campo della finanza rossa». Ed, infine, arriviamo a tavola: «Una nota cena avvenuta in costiera qualche anno fa tra Amato, De Luca, Ceccuzzi e Mussari, di cui ancora non è ben chiara la finalità, è forse l’emblema di una sintonia amministrativa tra le varie anime politiche e finanziarie che il Pd “coltiva” come un fiore».