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Cassazione conferma la corruzione per Cariello

Cassazione conferma la corruzione per Cariello

di Erika Noschese

Si avvia verso una conclusione definitiva la vicenda giudiziaria che coinvolge l’ex sindaco di Eboli, Massimo Cariello. La Corte di Cassazione ha infatti confermato l’accusa di corruzione, annullando la “sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio” e rinviando alla Corte d’Appello di Napoli per un nuovo giudizio su tale punto. Con la pronuncia dell’11 novembre, la Cassazione ha posto un punto fermo su una vicenda iniziata nel 2019 quando Cariello era alla guida del Comune. Figura centrale del procedimento è Francesco Sorrentino, all’epoca dirigente amministrativo del Comune di Cava de’ Tirreni e membro della commissione esaminatrice del concorso per istruttori amministrativi indetto dallo stesso ente. Il concorso è stato successivamente sospeso a causa di uno scandalo che coinvolge il Consorzio Farmaceutico Intercomunale, divenuto nel tempo una sorta di “bancomat” per l’ex sindaco di Capaccio Paestum, Franco Alfieri. Secondo i giudici di merito, Cariello avrebbe richiesto a Sorrentino la comunicazione preventiva delle domande da porre a due candidati del concorso pubblico a Cava de’ Tirreni. Tra questi figurava anche la figlia di un consigliere comunale di Eboli, con la promessa che, se necessario, Sorrentino avrebbe “corretto” le risposte fornite dalla candidata. In cambio, la figura di Salvatore Memoli, in lizza per la presidenza del Consorzio Farmaceutico Intercomunale — di cui Sorrentino era direttore generale — sarebbe stata utilizzata come moneta di scambio. A tal fine, Sorrentino contattò Bruno Di Nesta, già direttore generale della Provincia di Salerno e presidente del consorzio, e Francesco Alfieri, sindaco di Capaccio Paestum, manifestando la propria netta opposizione alla nomina di Memoli. La Cassazione ha evidenziato che «vi sarebbero state due circostanze che avrebbero precluso la nomina di Memoli alla presidenza del consorzio: il contenzioso civile in corso tra lui e l’ente, e il prossimo conferimento di un incarico consolare da parte della Tunisia, incompatibile con qualsiasi altra carica pubblica. Inoltre – come dichiarato in dibattimento – Memoli non aveva alcuna intenzione di assumere nuovamente la carica, ben conoscendo la disastrosa situazione finanziaria del consorzio; e, infine, nessuno dei sindaci dei comuni aderenti si era detto disponibile a sostenerne la nomina», si legge nella sentenza. I giudici di merito avrebbero ravvisato una corruzione cosiddetta “antecedente”, ritenendo erroneamente che la condotta tipica potesse esaurirsi nella sola interlocuzione tra le parti, anticipando così la richiesta di compimento dell’atto contrario già al momento della promessa dell’utilità. Secondo la difesa, Cariello avrebbe al massimo istigato Sorrentino a commettere una rivelazione di segreto d’ufficio, e solo successivamente — per iniziativa autonoma — Sorrentino avrebbe formulato una richiesta personale, non immediatamente riconoscibile come “moneta di scambio”, si legge ancora nella sentenza firmata dal presidente Pierluigi Di Stefano. I giudici della Corte di Cassazione evidenziano che il contenuto delle conversazioni intercettate riportava «rispettive promesse di reciproci favori: Sorrentino, cioè, quello di agevolare i candidati segnalati da Cariello, facendo conoscere loro in anticipo gli argomenti delle domande d’esame e impegnandosi a correggere eventuali risposte errate; e Cariello, dal canto suo, quello di intercedere presso i colleghi sindaci e i funzionari competenti per impedire la nomina di Memoli a presidente del consorzio». La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, con cui si contesta la duplicazione dei reati, ritenuta dai giudici di merito in funzione del numero dei candidati favoriti. Secondo la Cassazione, infatti, si configura un atto unico, conforme alla condotta prevista dalla norma, anche quando si realizza attraverso una pluralità di atti, purché contestuali nello spazio e nel tempo e finalizzati a un unico scopo. «Si conclude nel peggiore dei modi una vicenda giudiziaria che non solo ha coinvolto il sindaco dell’epoca, ma ha anche compromesso l’immagine di un’intera città. Oggi, con la sentenza definitiva della Corte di Cassazione, si pone un punto fermo su quello che è stato il sistema Cariello: un sistema fondato sulla corruzione — ormai accertata — e su un’illegalità diffusa, con una miriade di procedimenti ancora in corso. All’epoca fummo considerati visionari, persino folli, ma il tempo ci ha dato ragione. Eboli non meritava un anno di commissariamento, che ha ulteriormente umiliato la nostra comunità. Sarebbe opportuno che qualcuno chiedesse scusa agli ebolitani – ha dichiarato il consigliere di opposizione, Damiano Cardiello, commentando la sentenza della Corte di Cassazione – Oggi è finalmente arrivata la parola fine, ma resta l’amaro in bocca per tutto ciò che è stato fatto — e soprattutto per ciò che non è stato fatto — nell’interesse dei cittadini».